Trama Palude. Storia d'amore, di spettri e di trapianti
""Il Duce lo ha guardato un altro po'. Sempre sotto l'acqua. E con il Guzzi in folle: "tòmm, tòmm, tòmm". Poi s'è sbottonato il giaccone. Ha infilato una mano dentro ed ha tirato fuori un giornale ripiegato. Non era ectoplasmatico. Era un giornale vero. "Coglione!" gli ha detto solo. E gli ha sbattuto il giornale in faccia. Ha ingranato la prima e è ripartito"".Le paludi pontine: terra di città nuove, abbandonate alla bizzarra desolazione di una trionfalità senza spettatori, alveare di contadini trapiantati a bonificare stagni e ancora in bilico: gente per intenderci che parla romano e ricorda in veneto. Ce li spedì il Duce, quello "buono" che mieteva il grano e sempre ora vi torna, e cupo le perlustra aggirandosi di notte sopra un vecchio Guzzi a quattro tempi.E c'è Palude, anche lui dice di aver visto il Duce ma ha altro a cui pensare. È il cuore a dargli pena, non pompa, lo vuole abbandonare. Ma il "Sole-24 ore" ha fatto le graduatorie tra le città d'Italia, la vita a Latina fa schifo, ci vuole una trovata per risollevarne le sorti. Il sindaco, che è stato federale, un'idea l'avrebbe. Proviamo con i trapianti, sono moderni, si fa una bellissima figura. E a Palude arriva un cuore nuovo...Anche in questo secondo romanzo Antonio Pennacchi ha saputo costruire una vera macchina narrativa: trasognata eppure sbuffante allegria e crudeltà, ricca di fisicità, di movimento.Un linguaggio battente, sostenuto da inesauribile vena inventiva, allinea e incastra storie sapientemente modulate sui ritmi del romanzo popolare. Più che storie, quelle di Pennacchi sono vere e proprie leggende in corso d'opera.