![]() Trama del libroIl racconto teso e vibrante di una "quotidiana" tragedia familiare. Sullo sfondo la Torino dei quartieri operai che operai non sono più. L'arrivo e la difficoltà di convivenza con gli extracomunitari. La mancanza di lavoro. La totale assenza di prospettive di vita di "qualità": la pensione, la difficoltà di sbarcare il lunario quando non si è più produttivi. L'essere consumatori, comprare per essere vivi. L'assenza di strumenti culturali per opporsi allo squallore dell'esistenza. La tv modello e unico sbocco e sfogo. Lo stato che non è più in grado di garantire diritti e servizi cosicché le contraddizioni esplodono all'interno della famiglia.Recensioni degli utentiScrivi una nuova recensione su Niente, più niente al mondo e condividi la tua opinione con altri utenti. Voto medio del prodotto: ![]() di O. Federico - leggi tutte le sue recensioniColpisce come un cazzotto nello stomaco questo brevissimo racconto del miglior Decarlo, da sempre come detto seguo Carlotto, sin dalle sue intricate vicende giudiziarie (vedi bio). Ma soprattutto, ritengo che sia il primo serio scrittore italiano che, coscientemente, abbia utilizzato il giallo come metafora della vita quotidiana. E ritengo il suo Alligatore il primo vero serial investigatore italiano. Qui, in questo veloce scritto, espresso in forma di monologo, se la prende con i guasti della vita moderna, che attraverso l'esibizione di miti e falsità (la televisione, il benessere ostentato, e via discorrendo), portano la protagonista verso una follia, neanche tanto lucida che coinvolge e strazia chi le sta intorno, dal marito cassaintegrato e poi riciclato in un sotto lavoro alla figlia che vorrebbe vivere una vita normale, anche sotto le righe, senza nessun anelito al "successo". Sullo sfondo la Torino dei quartieri operai che operai non sono più. L'arrivo e la difficoltà di convivenza con gli extracomunitari. La mancanza di lavoro. La totale assenza di prospettive di vita di "qualità": la pensione, la difficoltà di sbarcare il lunario quando non si è più produttivi. L'essere consumatori, comprare per essere vivi. L'assenza di strumenti culturali per opporsi allo squallore dell'esistenza. La tv modello e unico sbocco e sfogo. La frase del titolo, che ritorna come un tormentone a sancire l'immodificabilità di un destino ormai segnato, è un verso di Il cielo in una stanza, la canzone di Gino Paoli che ha fatto da colonna sonora al matrimonio della protagonista, quando il futuro era pieno di promesse e l'amore sembrava ancora possibile. Ma ora per la madre sembra possibile solo un mondo di veline e tronisti. Amaro, cupo e senza consolazione. Poi ci vuole un bel po' di cioccolato per ristabilire un giusto tasso di dolcezza. Ritieni utile questa recensione? SI NO |
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