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Libri dell'autore Tiziano Terzani

Tiziano Terzani (Firenze, 1938 – Orsigna, 2004) è stato un viaggiatore e giornalista italiano. Figlio unico cresciuto in una famiglia proletaria accede per concorso al collegio-medico giuridico di Pisa dove si laurea con lode in giurisprudenza. Assunto dalla Olivetti nel 1962, viaggia in qualità di manager dapprima in Europa e poi in Asia (Giappone, Thailandia, Australia). Nel 1966 su invito di Ferruccio Parri inizia a collaborare con la rivista «l’astrolabio» esordendo con un reportage sulla segregazione razziale in Sudafrica. L’ottimo riscontro lo convince a tentare la via del giornalismo. Grazie a una borsa di studio soggiorna negli Stati Uniti dal 1967 al 1969: frequenta la Columbia University di New York e la Stanford University in California dove studia la lingua cinese con il sogno di raggiungere l’Oriente. Rientrato in Italia, lascia l’Olivetti e svolge il praticantato al quotidiano «Il Giorno» di Milano diretto da Italo Pietra che però, una volta superato l’esame di Stato, gli nega un incarico estero. Deluso e con il desiderio di vedere la Cina, Terzani si licenzia e dopo aver girato l’Europa accetta l’offerta del settimanale «Der Spiegel» diretto da Rudolf Augstein. Nel 1972 si stabilisce con la famiglia a Singapore, da qui raggiunge Vietnam, Laos, Cambogia e copre il conflitto indocinese. Pubblica grazie a Erich Linder e Inge Feltrinelli «Pelle di leopardo» (1973) e «Giai phong! La liberazione di Saigon» (1976). Firma ormai celebre dello «Spiegel» realizza nel 1980 il suo sogno: diventa corrispondente da Pechino. Ma la realtà si rivela un incubo. Racconta la povertà, la corruzione e le conseguenze sociali dell’autoritarismo maoista, articoli che nel 1984 gli costano l’arresto e l’espulsione dalla Cina. Salvato dal presidente Sandro Pertini, si difende e pubblica «La porta proibita» (1984). Da Hong Kong si trasferisce nel 1985 a Tokyo, che lascia nel 1990 per Bangkok. Nell’estate 1991 durante il golpe contro Gorbaciov è testimone del crollo dell’URSS narrato in «Buonanotte, signor Lenin» (1992). Affronta la depressione che da anni lo tormenta e viaggia per tutto il 1993 senza prendere aerei, avventura epica e magica che dà vita a «Un indovino mi disse» (1995), opera di successo nella quale prevede gli effetti rovinosi della globalizzazione. Nel 1994 si sposta a Nuova Delhi, ma stanco e turbato nel 1996 lascia la professione e l’anno seguente scopre di essere malato. Con l’antologia «in Asia» (1998) seleziona i reportage più vivaci quindi si ritira sull’Himalaya indiana alternando le cure oncologiche a New York. L’11 settembre 2001 lo sconvolge e ritorna in azione. Viaggia in Pakistan e Afghanistan, invia articoli al «Corriere della Sera» raccolti nell’instant book «Lettere contro la guerra» (2002), manifesto antimilitarista sulle responsabilità politiche e morali delle nazioni e dei cittadini, una voce fuori dal coro amatissima dal pubblico. Accettata la terribile diagnosi, si dedica al libro finale che pubblica nel marzo 2004, «Un altro giro di giostra». Con le ultime forze rilascia un’intervista al regista Mario Zanot, «Anam, il Senzanome» (2005) e affida al figlio Folco il dialogo-testamento «La fine è il mio inizio» (2006). Lascia il suo corpo il 28 luglio 2004 all’Orsigna sull’Appennino pistoiese, borgo a cui era legato fin dall’infanzia, e sulla pietra che lo ricorda chiede venga scolpita una sola parola: viaggiatore.

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