L' immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie di M. Rita Parsi, Tonino Cantelmi, Francesca Orlando edito da Mondadori

L' immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie

Editore:

Mondadori

Collana:
Oscar saggi
Data di Pubblicazione:
14 Aprile 2009
EAN:

9788804586968

ISBN:

8804586966

Pagine:
250
Argomento:
Studi sui mezzi di comunicazione di massa
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Descrizione L' immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie

Quante volte l'abbiamo pensato, guardando i nostri ragazzi, persino bambini, alle prese con telefonini, Playstation, lettori DVD o MP3, computer e altri apparecchi elettronici? Questa generazione è nata con la tecnologia digitale nel DNA. Ma siamo proprio sicuri? Cosa differenzia i giovani e giovanissimi degli anni Duemila dai loro genitori o anche solo dai fratelli maggiori? E quali effetti, positivi o negativi, può avere sulla psiche e sul suo sviluppo la stretta interazione con le tecnologie in giovane età? Rispondono tre psicologi esperti del problema in un saggio inedito e di estremo interesse per chiunque abbia a che fare con i "nativi digitali".

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2 di 5 su 1 recensione

L'immaginario prigionieroDi S. Matteo-6 Novembre 2010

Un libro fastidioso, ecco tutto. In copertina campeggia un sottotitolo dove sembra che il volume dia consigli su come far utilizzare in modo creativo le nuove tecnologie ai più piccoli e invece si rivela essere un libro che parla di casi al limite visti però come se rientrassero in una quotidianità. Ma non solo, si ha la netta impressione che gli autori abbiano parlato delle nuove tecnologie senza conoscerle, senza buttarcisi dentro e capire la loro fenomenologia (se no non si capirebbe il perchè si ostinano a parlare ancora di avatar in un mondo tecnologico dove oramai, grazie a Facebook, non esistono più pseudonimi). ed è anche fastidioso leggere quella specie di racconto usato per spiegare la loro tesi: ecco, quel racconto lì è degno della peggiore docu-fiction de "L'Italia sul 2".