Grande sertao di João Guimarães Rosa edito da Feltrinelli

Grande sertao

Editore:

Feltrinelli

Edizione:
9
Traduttore:
Bizzarri E.
Data di Pubblicazione:
5 marzo 2007
EAN:

9788807810428

ISBN:

8807810425

Pagine:
499
Acquistabile con la
Fuori catalogo - Non ordinabile
€ 14.00

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
4 di 5 su 2 recensioni

Grande sertoDi D. Andrea-7 aprile 2011

Quel genere di libro che i lettori cercano sempre, ma che raramente riescono a trovare: avvincente, corposo, da prendere e non mollare fino alla fine. E chi l'avrebbe mai detto, beata ignoranza, che prima del realismo magico di Amado e compagnia (roba che, a dirne bene, non fa per me), in Brasile fosse vissuto un ispiratore sanguigno e massiccio come Joao Guimares Rosa? Un Omero sudamericano capace di scaricare per centinaia e centinaia di pagine un fiume in piena di memorie cruente ed eccelse, attinte dalla vecchiaia immaginaria di un immaginario bandito del Sertao, Riobaldo detto il Tatarana, nonché l'Urutù-Bianco. Memorie esposte dal sedato bandito all'attenzione di una non meglio identificata "Vossignoria", ospite di fortuna e di passaggio nelle remote contrade desertiche del grande Sertao. Le reminescenze e la storia del leggendario jagunco sono fatte di cacce e di fughe, d'amori lontani o troppo vicini per ammetterli, di fede cieca in Cristo e di patti col Diavolo, di lunghe battaglie e di brevi periodi di pace, di cavalcate estenuanti, di ferite, malattie, di azione e contemplazione e coraggio e paura. L'adorato Diadorim, l'inesauribile Zé Bebelo, il Fafafa, Gian Bovaro, Joca Ramiro, Medeiro Vaz, Alaripe, Lucianone, Squarcia-in-basso, Riccardone, Sor Candelario, Luccio-Dentuzzo, Giribibe, Baccellone, il Paspe, Gian Goagnà, Marcellino Pampa, il cieco Bartolomeo e l'odiatissimo Ermogene, sono solo alcuni dei compagni di ventura e di sventura che pulsano fra le pagine come una corte dei miracoli sanguinaria, insanguinata eppure non priva di una sua sensibilità, per non dire di una sua delicatezza. Più che un romanzo, un grandissimo poema in prosa da affrontare con impazienza, senza dargli il tempo di avviluppare la lettura in un inestricabile dedalo di luoghi e personaggi reiterati all'infinito. Va letto alla svelta o diventa difficile farcela, davvero. Ma basta andare al ritmo imposto dal traduttore - una ritmica travolgente anche nei dialoghi più artificiosi e negli arcaismi più desueti - e si è subito alla fine, con la bocca piena di polvere ma sazi.

Grande sertãoDi d. Silvio-7 novembre 2010

Il sertão è un luogo fisico reale: lo sconfinato territorio del Brasile centro-settenrionale; le veredas sono i sentieri che lo intersecano. La salienza geografica si fonde, però, con quella interiore, l'immensità - o vacuità - del nostro ego, le scelte che lo caratterizzano, ne mutano l'aspetto, vi creano circuiti e cortocircuiti nel corso dell'esistenza. In questo territorio si muovono sparute bande di jagunços perennemente in lotta fra loro in un agire che rappresenta e coglie tutte le sfumature dell'umano: perché tradiamo, cosa ci spinge a vivere esistenze dimezzate, in quale modo i sensi di colpa erodono la possibilità di essere un intero, quali i motivi per cui, sotto un palese narcisismo, non ci piaciamo o, nonostante i nostri sforzi, veniamo ostracizzati dal simile, e assieme e per contro, mediante personaggi minori, segnacoli impalpabili, percepiamo in maniera tangibile, quanto percorrere veredas di pulizia interiore (generosità e giustizia per usare termini desueti) ci renda sempre presenti a noi stessi, nella mutevolezza della fantasia e della trasformazione. Questo profondo ed altissimo ricorso alla metafora esplode letteralmente nel linguaggio: Guimarães Rosa nell'oralità fra locale e virtuale amplia le possibilità del portoghese sino a concretizzare l'impossibile, elabora sintesi filosofiche epifaniche che traducono l'apprendistato esistenziale dei suoi personaggi, crea neologismi, conia alliterazioni, attua mistioni poetiche: un autentico carnevale del "verbo", tratto pertinente dell'uomo. Parola e persone si dispongono in righe di un pentagramma, la cui nota dominante è il sertão, assurto a mondo (esso sta dappertutto...) e dove la multiformità di azioni e pensieri, riflessioni e comportamenti si configura come terrena, immanente, umanissima bibbia.