Il giorno dei morti. L'autunno del commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni edito da Einaudi

Il giorno dei morti. L'autunno del commissario Ricciardi

Editore:

Einaudi

Edizione:
1
Data di Pubblicazione:
28 Aprile 2013
EAN:

9788806213930

ISBN:

8806213938

Pagine:
312
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione Il giorno dei morti. L'autunno del commissario Ricciardi

Seduto con un cane a fargli compagnia, un bambino morto per caso. Un orfano, niente famiglia, niente amici. Una fossa comune. E invece qualcuno che si chiede perché, e come, e quando. Qualcuno che si mette a scavare in vite piccole, di cui non ci si cura, di cui non si sa niente. Qualcuno che non si rassegna all'urlo che non sente, al lamento che non riesce a trovare. Fino al giorno dei morti.

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4 di 5 su 5 recensioni

Il giorno dei mortiDi T. Paola-28 Luglio 2011

Questo romanzo porta a termine, e che termine, la saga noir dell'ispettore. Ormai il commissario Ricciardi lo conosciamo bene, è quello che vede i fantasmi dei morti ammazzati, e su questo dono condanna costruisce le sue indagini, per trovare riscontri, per risolvere il caso. E conosciamo gli altri pilastri di questa saga: il brigadiere Maione, corpulento ed umano verso i criminali per caso, la dolce Enrica Colombo, segretamente innamorata del Commissario, la settantenne tata Rosa, che il commissario cura ed accudisce, la bella Livia Lucani Vezzi, apertamente innamorata dello stesso commissario, il patologo ante-litteram dottor Modo. L'azione si svolge nel 1931 a Napoli, ed ormai con questo quarto libro siamo arrivati ad ottobre (anzi fine ottobre inizio novembre) , quando viene trovato, nel Tondo di Capodimonte, il corpo di un bambino di sette otto anni morto per avvelenamento. Si scopre presto che lo scugnizzo Matteo, detto Tettè perché cacaglia, è morto per aver mangiato qualcosa cosparsa di veleno per topi. Quindi niente lascia supporre assassini e morti. Ma Ricciardi, un po' sfasato sia dalla corte di Livia che dalla difficoltà sua di esternarsi ad Enrica, prende a spunto questa morte, perché ci vuole vedere chiaro, e perché (giustamente) non si può lasciare andare nella tomba un bambino senza aver cercato il perché di una morte assurda. Su questa base, il bravo autore (perché a me piace come scrive) ci porta per mano, per sette giorni a Napoli sotto la pioggia. E se da un lato sottolinea il mio lato "rimembranze di città" (il Vomero, Capodimonte, il San Carlo, Gambrinus, via Toledo, i Quartieri Spagnoli) , dall'altro sottolinea il lato umano: i gli scugnizzi senza casa accolti in parrocchia, le dame di carità, il rigattiere, il ricco spiantato in cerca di rifarsi, il femminiello. Ed è tutto questo affresco, che piace e seguiamo. Perché ognuno ha i suoi lati (buoni o cattivi, ma comunque interessanti) , anche il vice-questore Garzo che ha paura delle mosche che volano. E con quanta cura si ricostruisce l'atmosfera d'epoca, nei modi, nei vestiti, nell'andare sotto la pioggia con l'ombrello di tela, cerato la sera prima con le candele. E poi ci piace l'empatia del commissario. Verso i vivi e le loro fallacità, verso i morti e le loro dolenti frasi di addio. Forse dovrebbe avere un po' di empatia verso sé stesso. Ma intanto, pur con la febbre, continua ad indagare, fino a risolvere, con maestria e con un bel tocco di classe dello scrittore. Non ho voluto leggere le ultime pagine. Ormai il mistero è risolto. Forse il commissario deve scegliere la sua donna. O forse no. Ma le leggerò prima o poi. Intanto le lascio lì, sperando che non siano conclusive, che ci consentano di avere un altro episodio del commissario Luigi Alfredo Ricciardi quarto barone di Malomonte.

MalinconicoDi l. tonino-9 Maggio 2011

È assai triste e malinconico questo ultimo libro delle indagini del commissario Ricciardi dedicato all'autunno. È triste perché il defunto è un bambino, un orfano. È malinconico perché il "fatto" non viene avvertito subito, ma solo in un secondo momento. È triste come l'autunno, la stagione dei morti, che chiude il cerchio sulle indagini di un personaggio particolare.

Una confermaDi C. Guido-26 Dicembre 2010

Una conferma quest'autore, bel libro. E' il quarto libro della serie e ne consiglio altamente la lettura anche degli altri tre. Sempre affascinante e felice l'ambientazione in una Napoli degli anni 30, una Napoli non sconosciuta ma fuori dallo schema "sole pizza mare e camorra" dove emergono gli "italiani" e non le macchiette. Anche qui un bel romanzo intenso che scorre lento e calmo come un fiume, lievemente melanconico, a tratti ironico, mai volgare o fuori misura, struggente e denso di dolenti meditazioni sui comportamenti umani. Noir atipico, un pizzico di soprannaturale, un commissario alla Maigret, tormentato come un'ispettore della Vargas ma lontano anni luce non solo dalla frenesia dei gialli americani ma anche dai Carlotto e Lucarelli nostrani. I toni sono caldi, l'atmosfera soffice, palpabile, le parole sembrano pennellate e l'affresco risulta vivido, reale, coinvolgente. Dice bene il sig Montagnoli (altro recensionista acuto e sensibile) : "e' un confrontarsi continuamente"

Napoli e il commissarioDi F. Eliana-2 Dicembre 2010

Bellissima e dolente: poche città sono state raccontate con tanta empatia come la Napoli di De Giovanni, vera protagonista di un libro che è uno struggente racconto dell'anima, piuttosto che un noir. Originale scrittore, De Giovanni, che meriterebbe di essere più conosciuto.

noir e soprannaturale del commissario RicciardiDi c. enzo-19 Settembre 2010

E'straordinariamente incisiva la coniugazione di noir con il soprannaturale-fantastico di De Giovanni, che in ogni sua stagione,altro motivo di originalità, propone a noi lettori. In una irriconoscibile Napoli in bianco e nero,nella cupa atmosfera di un fascismo opprimente e onnipresente, si entra in una dimensione surreale che inevitabilmente affascina come solo un horror sa fare ma anche immette nel nostro animo incertezze e paure. Le trame sono solo un pretesto. Quasi sempre uguali e diverse,umane e surreali. Ma sempre permeate da una simpatia per i più deboli,da una tendenza al perdono,e talvoltoa da una tacita assoluzione. La figura centrale è un commissario anomalo,cupo,timido in amore così come acuto nelle indagini che,grazie al suo 'dono' (o maledizione?) vanno inevitabilmente verso la soluzione finale. Il commissario Ricciardi dunque è una sintesi di Maigret e di Montalbano. De primo la bonomia,dell'altro l'umanità e, perchè no, anche un accenno di depressione. Ma la sua figura, forse, può essere giustamente considerata originale nel panorama del poliziesco, anche se in realtà, di poliziesco, la natura dei racconti, non ha nulla a che vedere. Ma, da partenopeo DOC, mi piace questa Napoli-non Napoli, senza tarallucci e vino, senza pizza e birra, senza canzonette, insomma la Napoli reale raccontatami dai genitori senza orpelli nè... piedigrottate. Le stagioni sono 4 come 4 sono i libri di De Giovanni. Ma bisognerà mandare a dirgli che i mesi sono 12.... Enzo Cacciatore