Un gioco d'azzardo di Corrado Guzzon edito da Ass. Culturale Il Foglio

Un gioco d'azzardo

Data di Pubblicazione:
2009
EAN:

9788876062131

ISBN:

8876062130

Pagine:
85
Formato:
brossura
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Descrizione Un gioco d'azzardo

"Un'amara presa di coscienza sugli sforzi dell'uomo per dominare il trascorrere del tempo: gli anni volano, quasi sbeffeggiandolo, e allora l'importante è non prendere mai troppo sul serio le cose e, soprattutto, se stessi." (Dalla prefazione di Renzo Montagnoli).

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Un gioco d'azzardoDi r. Travis-2 settembre 2011

Una moltitudine di temi vengono trattati in questa raccolta del Guzzon, principalmete ai temi del destino e all'amore sono dedicati molti versi, riproponendolo in occasioni diverse della giornata, sempre venato da una malinconica visione di un rapporto che sembra seguire il suo corso indipendentemente dalla volontà dei soggetti, semplici marionette che un burattinaio invisibile muove secondo un copione solo a lui noto. In questa raccolta è marcata una visione disincantata della vita, da non prendere mai sul serio; infatti è indispensabile ironizzare su noi stessi, unica possibilità perché il tempo passi senza che il nostro coinvolgimento sia di attivi partecipi a un progetto a cui non crediamo, e in questo senso la raccolta comprende una poesia il cui ultimo verso è costituito solo da un nome e cognome: Charles Bukowski. E' certamente un omaggio al maestro e finisce con il ribadire che, per quanto nulla sia da prendere sul serio, in noi resta sempre la traccia di quel Fanciullino che ci porta anche ad entusiasmarci, magari solo per i versi di un altro autore che più di noi ha saputo ascoltarlo e dargli voce. E non è un caso se la copertina è del tutto particolare. Dovete sapere che Guzzon, che fin da giovane ha collezionato tutte le edizioni di volumi di Bukowski, anche quelle americane, di cui alcune numerate e firmate dall'autore, riuscì a ottenere, grazie a Fernanda Pivano, l'indirizzo di casa del poeta, a cui scrisse una lettera includendo una delle sue cartoline che lo ritraevano alla macchina da scrivere, con la preghiera di ritornargliela autografata, il che avvenne. Questo accadeva nel gennaio del 1994, due mesi prima (9 marzo) che Bukowski morisse. Dopo quasi quindici anni il retro è la base della copertina di questa bella silloge di cui consiglio vivamente la lettura.

Gli anni se ne vanno prendendoti in giroDi M. Renzo-3 febbraio 2009

Anziché le classiche dediche all'inizio della silloge sono riportate tre riflessioni, o meglio tre aforismi. Uno è del poeta che sull'autore ha esercitato il maggiore influsso, cioè Charles Bukowski, un altro è di Andrea Pinketts, mentre il terzo è di Guzzon stesso, tratto dalla sua silloge Un Deca sul Bancone. Quest'ultimo è il più interessante per definire la filosofia del poeta e testualmente recita "Gli anni se ne vanno prendendoti in giro". La frase sembra un po' criptica, ma, se si esamina la produzione di Guzzon e in particolare quella della presente silloge, appare assai chiara, perché è il frutto di un'amara presa di coscienza sugli sforzi dell'uomo per dominare il trascorrere del tempo: gli anni volano, quasi sbeffeggiandolo, e allora l'importante è non prendere mai troppo sul serio le cose e, soprattutto, se stessi. Così, verso dopo verso, troviamo a volte il percorso della memoria che riporta all'epoca spensierata della fanciullezza, quando c'era il sottile incosciente piacere di rubare l'uva, per mangiarla poi in riva al fiume in attesa del tramonto e far corte alle ragazze, per ottenere un difficile bacio (Un'altra scuola). Ma c'è anche l'età della ragione, in cui i sogni sembrano svanire, salvo che un gesto del tutto inatteso risvegli Il fanciullino per farlo nuovamente volare (Con un salto). Questa riscoperta della parte più genuina e naturale che è in noi, spesso occultata, soffocata dalla quotidianità, se pur appena accennata, rientra in effetti nel mito platonico del Pascoli, quasi un'antitesi alla rassegnata consapevolezza che la vita è fatta solo di gesti ripetuti e meccanici che finiscono con l'isolare l'individuo in quella moltitudine di cui al tempo stesso desidera e teme di far parte. Il riaffiorare di ciò che ancora è incondizionato lo ritroviamo anche in Un minuto è già un romanzo, con il rinnovarsi dello stupore per le stelle cadenti. Tuttavia resta l'eterno contrasto fra la nostra spinta intima a volare e la realtà degradante, asfissiante, che tende progressivamente a inaridire, splendidamente espressa in Autunni diversi. Che il tempo e il destino si prendano gioco di noi, in pratica pedine di una commedia di cui non conosciamo il testo, è inevitabile anche nell'amore, dove tutto sembra o è frutto del caso, come nel gioco d'azzardo e Gioco d'azzardo è una poesia che dà il titolo all'intera silloge. E all'amore sono dedicati molti versi, riproponendolo in occasioni diverse della giornata, sempre venato da una malinconica visione di un rapporto che sembra seguire il suo corso indipendentemente dalla volontà dei soggetti, semplici marionette che un burattinaio invisibile muove secondo un copione solo a lui noto. In questa raccolta è marcata una visione disincantata della vita, da non prendere mai sul serio; infatti è indispensabile ironizzare su noi stessi, unica possibilità perché il tempo passi senza che il nostro coinvolgimento sia di attivi partecipi a un progetto a cui non crediamo, e in questo senso la raccolta comprende una poesia il cui ultimo verso è costituito solo da un nome e cognome: Charles Bukowski. E' certamente un omaggio al maestro e finisce con il ribadire che, per quanto nulla sia da prendere sul serio, in noi resta sempre la traccia di quel Fanciullino che ci porta anche ad entusiasmarci, magari solo per i versi di un altro autore che più di noi ha saputo ascoltarlo e dargli voce. E non è un caso se la copertina è del tutto particolare. Dovete sapere che Guzzon, che fin da giovane ha collezionato tutte le edizioni di volumi di Bukowski, anche quelle americane, di cui alcune numerate e firmate dall'autore, riuscì a ottenere, grazie a Fernanda Pivano, l'indirizzo di casa del poeta, a cui scrisse una lettera includendo una delle sue cartoline che lo ritraevano alla macchina da scrivere, con la preghiera di ritornargliela autografata, il che avvenne. Questo accadeva nel gennaio del 1994, due mesi prima (9 marzo) che Bukowski morisse. Dopo quasi quindici anni il retro è la base della copertina di questa bella silloge di cui consiglio vivamente la lettura.