Gilles Villeneuve. La leggenda di un mito. Ediz. italiana e inglese

Sono sempre stato un grande fan del grande pilota canadese. Non c'è letteratura in questa biografia, ma c'è pulsione. Seppi, all'epoca, di tanti e tanti aneddoti su Gilles, perchè un ingegnere che lavorava con mio padre si era trasferito alla ferrari, proprio l'anno che Villeneuve arrivò in Italia. Non c'era niente di normale, nella guida di Gilles. Non c'era armonia, non c'era coscienziosità, non c'era neppure senso del pudore, quando entrava, volutamente, con un testa coda nella corsia dei box, e subiva i rimbrotti dei piloti esperti. Ma lui, disse Lauda, era l'unico pilota che durante un testa coda sapeva sempre esattamente dove puntasse il muso della macchina. Per lui la definizione Spericolato era un eufemismo. Era ancora un ragazzino, quando morì. Ragazzino che aveva passato i 30 anni. Un pò schiacciato dal business, dagli ordini di scuderia, dalla popolarità. Riuscì a farmi amare una cosa idiota come una gara di formula uno. Aspettavi la sua partenza, sapendo che avrebbe combinato qualcosa. Un "cattivo ragazzo". L'antitesi di uno Schumacher. Uno che non avrebbe mai tagliato la strada a qualcuno per buttarlo fuori, ma solo per stargli davanti. Stare davanti, nella vita, può bruciarti, se non sei stronzo dentro. Lui sembra proprio che non lo fosse.