Il filo di Auschwitz

“Il filo di Auschwitz” di Véronique Mougin è il racconto accorato di una delle pagine più buie della storia del Novecento, ma è anche un romanzo di formazione che si apre alla speranza.
Tomas Kiss è un quattordicenne ungherese come tanti altri, che riceve ogni sera le strigliate del padre: il ragazzo è un po’ troppo indisciplinato e non ne vuole sapere di studiare, né tanto meno di imparare il mestiere paterno di sarto.
L’importanza di tutto ciò diventa improvvisamente secondaria quando iniziano in città i rastrellamenti dei nazisti. Un brutto giorno, Tomas e tutta la sua famiglia ebraica sono condotti forzatamente nel campo di concentramento di Auschwitz. Nella dura lotta di sopravvivenza alla barbarie fisica e psicologica a cui sono sottoposti, Tomas e il padre, separati dalle donne di famiglia, cominceranno a riavvicinarsi. E sarà proprio la sartoria a farli ritrovare: una via per la loro salvezza, infatti, si rivela essere la possibilità di cucire e rammendare le divise per ufficiali e prigionieri.
Quando entrambi saranno riusciti a sopravvivere all’orrore e la guerra sarà finalmente finita, Tomas sarà ormai diventato un altro. Troverà la sua strada e la forza di ricominciare soltanto approdando nella comunità ebraica di Parigi.
Véronique Mougin racconta ne “Il filo di Auschwitz” cosa significa crescere nel mezzo dell'orrore e com'è possibile, un po' alla volta, ricominciare a sperare.