Descrizione C'erano bei cani ma molto seri. Storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo
"C'erano bei cani, ma molto seri. Un giorno legarono un cane in cortile, e stette lì forse per due giorni. Il cane ululava, si lamentava, era straziante. Ci dissero di non avvicinarci, aveva la rabbia. Poi lo abbatterono a fucilate..." Nel 1971 il giornalista Giovanni Spampinato rievocò quell'episodio della sua infanzia. Si trattò di un inconsapevole presagio: un anno dopo fu ucciso a colpi di pistola a Ragusa. Giovanni indagava su un delitto ma non solo: aveva scoperto che la "pista nera" di Piazza Fontana arrivava fin lì, nella città "babba" per antonomasia, senza mafia né criminalità. Sul quotidiano L'Ora aveva scritto: una traccia porta al Palazzo di Giustizia. Tutti sapevano, ma l'unico a rivelarlo era stato lui. Il fratello Alberto, anch'egli giornalista, a distanza di quarant'anni continua a cercare la verità sull'omicidio e sui mandanti e oggi dà voce ai tanti cronisti zittiti allo stesso modo. E nel raccontare la sua famiglia e una terra tormentata, la Sicilia, ricostruisce anche la recente storia sociale e culturale del nostro Paese, trasformando così un dramma privato in una metafora sull'informazione e sul significato della memoria. Una vicenda che appartiene a noi tutti.
Recensioni degli utenti
C'erano bei cani ma molto seri-6 aprile 2011
Saggio rigoroso su uno dei temi di più scottante attualità. Come già per il libro della Tobagi, anche in questo caso una delle cose che mi hanno colpito è la compostezza e la mancanza di acredine. Il desiderio di ricucire lo strappo e di capire cosa è accaduto per portare ad una morte, sono superiori al desiderio di vendetta che i protagonosti di storie di questo tipo potrebbero forse leggitimamente nutrire. Spampinato è molto bravo a ricostruire la storia della sua famiglia, senza mai perdere di vista se e suo fratello Giovanni, mettendo in luce in maniera direi obiettiva i punti di comunanza e di diversità che i fratelli avevano tra loro, ed anche cosa spinse ad una certa forma di lontananza da Giovanni, che non aiutò nè lui nè gli altri della famiglia a capire cosa stesse efefttivamente succedendo. Della morte di Giovanni Spampinato io ho ricordi vaghi. Ero piccola quando maturò. Ne avevo visto una ricostruzione di Lucarelli e già allora mi colpì la solitudine in cui Giovanni era stato lasciato, non solo dai suoi famigliari ma anche dai suoi compagni di lavoro, i giornalisti dell'Ora, e dalla gente stessa della sua città, Ragusa. Lui stesso forse si sentiva sicuro proprio perchè non c'era nessuno che lo stimolasse in un confronto e che gli cosentisse di fare un'analisi lucida dei fatti che stava vivendo e che gli accadevano intorno. Così, in questo clima, nasce un delitto talmente banale, con l'assassino che uccide davanti alla porta del carcere di Ragusa, prende un tranquillante e va a costituirsi, da apparire irreale. Impossibile. Inspiegabile. Ma di fatto nessuno si è occupato di guardare oltre la banalità del "quotidiano".
C'erano bei cani ma molto seri-21 maggio 2009
Ragusa 1972, Giovanni Spampinato, giornalista venticinquenne dell'Ora di Palermo, indaga su un delitto, in cui sembrano incrociarsi mafia, eversione nera e servizi segreti. Un'indagine ke gli costerà la vita. Trentacinque anni dopo il fratello ricostruisce qst dramma privato e civile, facendo rivivere le passioni e le tensioni di un'Italia scossa dal vento del Sessantotto e divisa dalla Guerra Fredda.