Ebook Uno zaino, un orso, e otto casse di vodka

«La parte migliore dell’emigrazione era la speranza. Era tutto temporaneo, non c’era niente di sicuro, anzi, c’era sempre quella benedetta possibilità di imbattersi in un posto, in una situazione, in una fatina, in un genio, in un puf! che mi avrebbe curato. Ma un paio di anni dopo esserci trasferiti a East Windsor, più o meno durante le medie, capii che l’emigrazione era finita e che quel puf! non era arrivato. Mi risvegliai una mattina che ero ancora uno žid, e non avevo più un posto dove scomparire. Non eravamo più prigionieri in Russia e non eravamo più rifugiati in Austria. Per la prima volta da moltissimo tempo non dovevamo più scappare, e io invece volevo soltanto continuare a farlo.»