Le due guerre. Perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia di Gian Carlo Caselli edito da Melampo
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Le due guerre. Perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia

Editore:

Melampo

Collana:
I tascabili
Data di Pubblicazione:
31 maggio 2017
EAN:

9788898231720

ISBN:

8898231725

Pagine:
211
Formato:
brossura
Argomento:
Terrorismo, lotta armata
Acquistabile con la

Descrizione Le due guerre. Perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia

"Mi auguro che libro di Gian Carlo Caselli venga letto nelle scuole, non come testimonianza storica, ma come palpitante esempio d'alta educazione sociale e civile"
(Andrea Camilleri, l'Unità)
"Tremendamente amara la metafora calcistica adottata per spiegare il comportamento delle istituzioni nella lotta alla mafia: lo Stato si è fermato a 11 metri dalla fine, come se dovesse tirare un calcio di rigore, al novantesimo. Ma invece di tirare, è rientrato negli spogliatoi"
(Antonio Caroti, Corriere della Sera)
"È anche, per la prima volta un cedere del procuratore di Torino alla rievocazione più intima di quella 'vita blindata' che, proprio tra il Piemonte e la Sicilia, ha marchiato la sua esistenza negli ultimi 35 anni"
(Ettore Boffano, la Repubblica)
Due guerre e una sola trincea, la scrivania di un magistrato. Dalla Torino degli anni Settanta alla Palermo dei Novanta, trentacinque anni di storia italiana attraverso lo sguardo di un protagonista della lotta contro il terrorismo di sinistra e contro la mafia.
Due guerre in difesa della democrazia, una vinta (quella contro il terrorismo), una in sospeso (quella contro la mafia).
Dal processo ai capi storici delle Brigate rosse al pentimento di Patrizio Peci, dalle stragi di Capaci e via D'Amelio all'arresto di Totò Riina e di decine di altri latitanti, passando per il caso Cossiga/Donat-Cattin e il processo a Giulio Andreotti.
In mezzo, il ricordo di tanti, troppi amici che, in questa storia aspra di rischi e di eroismi, combattendo hanno perso la vita.
Memorie, interrogativi, domande e risposte. Gian Carlo Caselli racconta.

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4 di 5 su 3 recensioni

Le due guerreDi F. Benito Maria Emanuele-29 marzo 2011

Provo a scriverne la recensione dopo una prima e sommaria lettura. Un libro intelligente. Gian Carlo Caselli, che si è occupato prima di antiterrorismo e poi di lotta alla mafia, analizza momenti importanti del passato e ne sviscera ogni aspetto senza peli sulla lingua. Racconta la sua vita sul campo e quello che scrive non può in alcun modo lasciare indifferenti, descrive il comportamento dello Stato nella lotta al terrorismo e alla mafia e trae le dovute conclusioni. Un bel libro, che fa riflettere soprattutto sui rapporti tra mafia e politica. Significativo a questo proposito il richiamo alla Sentenza di Corte di Appello emessa nei confronti del Sen. Giulio Andreotti e confermata dalla Cassazione. Il Senatore non è proprio uscito pulito dall'accusa di collusione con la mafia, il reato era prescritto, ma la sua colpevolezza è stata accertata e confermata. Chissà perché, però, si è fatto in modo che la versione maggiormente diffusa fosse un'altra...

le due guerreDi g. stefano-25 agosto 2010

Caselli insieme a suo figlio scrive un libro in cui racchiude storicamente ciò che accadde sia nel periodo delle brigate rosse sia nel periodo in cui arriva a Palermo per combattere la mafia. Fa delle chiare contrapposizioni tra la lotta alle brigate rosse in cui lo stato ha dato il suo contributo e la lotta alla mafia in cui si dendeva ad abbandonare il giudice/magistrato/forza dell'ordine, in modo da non toccare il potere mafioso. Oltre ai fatti storici viene raccontata la vita sotto scorta del magistrato e di come la sua famiglia la vissuta

un magistrato libero e scomodo al potereDi m. Luca -17 luglio 2010

Da siciliano, ammiro tantissimo il procuratore Caselli... Era già stato in prima linea durante gli anni di piombo contro il terrorismo, ma sentendosi chiamato in causa da Paolo Borsellino, che pochi giorni prima di morire gli fece mandare a dire "non è ancora arrivato il momento di andare in pensione", nel '92 chiese il trasferimento al CSM da Torino a Palermo(ottenuto poi nei primi del '93), quando ancora la mafia ( solo lei?) i magistrati li faceva saltare in aria. Additato prima di destra durante il terrorismo, poi "toga rossa" da gente che evidentemente, avendo qualche scheletro nell'armadio, ne temeva, e ne teme, il suo essere soggetto solo alla legge. Gli è stato impedito nel 2005 di diventare Procuratore Nazionale Antimafia da una legge che, introducendo limiti di età, era fatta apposta per impedirgli di diventare Procuratore Nazionale Antimafia, posto che poi è stato occupato da Grasso( è come la vecchia storia della mancata nomina di Giovanni Falcone a capo dell'ufficio istruzione). Evidentemente avevano, ed hanno, paura di lui.