Dicotomie latenti di Matteo Sbrighi edito da Farnedi

Dicotomie latenti

Editore:

Farnedi

Data di Pubblicazione:
2010
EAN:

9788895817330

ISBN:

8895817338

Pagine:
64
Formato:
brossura
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Dicotomie latentiDi p. chiara-5 giugno 2011

Vegetando tra un sospiro e l'attimo in cui si percepisce. Il cuore batte, e scandisce i ritmi dei versi condannati ad un flusso costante, spietato e pesante. Le rime si alternano a freddissime e crudeli parole rigide "stomaco, macerare, sconfitto, vigliacco, mortale". Un viaggio tra la paura di vivere e la certezza di esistere. Un itinerario che porta ad un canale sommerso di ricordi. Tra storie da ricostruire e sensazioni da assaporare. La consapevolezza che queste poesie "guardino" dentro chi le incontra, colpisce perché ci si sente osservati. Come una sorta di ripescaggio si aggrappano. Ogni paura si riscopre vincente ed ogni conquista paurosa, perché la fine ( di ogni cosa) è certa e questo regala un inaspettato sollievo. Gli elementi sono semplici e tangibili: natura, legami, vita e morte. Essi sembrano il vero mezzo tramite il quale l'autore scopre e riscopre se stesso. I conflitti costanti si scontrano nei versi per donare sollievo apparente che sembra, a volte, aprire un baratro a cui l'autore concede sempre una fine, un esito, un arrivo. La fine dichiarata apertamente dona valore, e costringe al costante sforzo che tende sempre alla vita. Il divino appare attraverso i suoi frutti e invocato nelle sue manifestazioni: si attende un temporale che sconvolga il caldo, la pioggia che accompagni nella caduta, la neve unica compagna senza sole. Accettare la condanna di una fine annunciata assume il fascino dell'unica cosa che dona senso: l'attimo perfetto in cui vivere. Si ripresenta ogni volta tra mille volti, ricordi, immagini reali o fantastiche a cui si deve dare ascolto per poterle accogliere ma soprattutto per sostenerne il peso. Dialogo costante tra il discorde e la dicotomia ingombrante. In questa convivenza scomoda l'autore "costringe" alla realtà protetti dalle "fronde stanche" del suo salice piangente. "Vegeta con me, discorde allo spiraglio celeste"