Il mio cane del Klondike di Romana Petri edito da Neri Pozza
Alta reperibilità

Il mio cane del Klondike

Editore:

Neri Pozza

Data di Pubblicazione:
7 Novembre 2017
EAN:

9788854515611

ISBN:

8854515612

Pagine:
192
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Trama Il mio cane del Klondike

Lei è una giovane insegnante alle prese con un lavoro precario, lui uno di quei cani portati a casa per compiacere un bambino subito dopo il rientro dalle vacanze e poi, l'anno successivo, buttato in strada con un collare d'acciaio che nel frattempo si è fatto un po' stretto. In una afosa giornata di settembre, una di quelle che aspettano una pioggia già in ritardo, i due si incontrano. Osac, il cane, è riverso a terra contro il marciapiede, più morto che vivo. Lei, la donna, sta per salire in macchina, ma quando lo nota, si ferma e decide di prenderlo con sé. Il loro incontro sembra scritto nel destino, ma Osac non è un cane come gli altri. Ingombrante, indisciplinato, scontroso e selvatico, è senza mezze misure e sembra arrivare direttamente dal selvaggio Klondike. Non è, tuttavia, un cane da slitta. È uno di quei cani indomabili che vivono sempre fuggiaschi, che sentono il «richiamo della foresta» e faticano a lasciarsi addomesticare. Il terrore dell'abbandono si è riversato nei suoi occhi, dandogli un'aria forsennata, infernale. Un animale primitivo che non riesce ad accettare interferenze nel rapporto esclusivo e assoluto che instaura con la sua salvatrice, amata in modo morboso, senza riserve. Fino a quando la notizia di una gravidanza inaspettata stravolgerà, nuovamente, la sua vita. Dopo aver dato voce alla figura del padre ne "Le serenate del Ciclone", Romana Petri torna a raccontarsi attraverso gli occhi di un altro «gigante» buono: il selvaggio Osac, un cane che, con la sua furia ribelle, sembra uscito da un libro di Jack London.

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4 di 5 su 1 recensione

Un cane miticoDi r. paola-9 Novembre 2017

La capacità di piegare la lingua italiana alle esigenze del racconto, la ricchezza e la raffinatezza del lessico della scrittura di Romana Petri, la sua abilità nella costruzione di un pathos leggero ma costante che obbliga il lettore ad essere parte della storia, sono note e comprovate. La descrizione di Osac, la costruzione di questo personaggio che appartiene alla sfera mitica e arriva dalle profondità della Terra, sono davvero un grande successo. Lo stesso vale per le immagini che hanno a che fare con la maternità, a cominciare da quel parto così selvaggio, e l'idea della maternità in divenire, per cui la madre si modella sui cambiamenti del figlio da quando partorisce in avanti, come gli argini di un fiume, è commovente anche per chi di maternità ed istinti materni non sa nulla. Non è necessario essere amanti dei cani o essere madri per poter apprezzare questo romanzo che somiglia tanto ad un memoir nella forma. A volte sembra la voce del narratore di Pinocchio, d'altra parte questa è una storia di un cane che è quasi un archetipo; a volte coinvolge il lettore in riflessioni personali; a volte sembra proprio quasi una confessione senza filtri. Romana Petri sposta il personaggio (perché Osac tale è da considerare) su un livello molto elevato, introducendo il tema del legame esclusivo tra un essere che si affida e l'essere che promette di essere affidabile, in fondo una delle cifre della maternità, l'altro grande ambito del romanzo. Giustificatissimo il riferimento a Il richiamo della foresta (il Klondike), ma c'è pure la maternità, che sembra arrivare improvvisa. Eppure c'è un filo roso che cuce insieme la selvaticità, la forza della natura che pervadono Osac e la modalità con cui la sua padrona affronta la gravidanza, il parto, la maternità: entrambi, in un certo senso, pertengono al mito. E il finale è una vera sorpresa, c'è la forza di Osac in quelle parole dure e masticate, ma solo quando ci arriverete ne comprenderete la potenza. Letta copia staffetta