La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt edito da Feltrinelli

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

Editore:

Feltrinelli

Edizione:
5
Traduttore:
Bernardini P.
Data di Pubblicazione:
16 marzo 2009
EAN:

9788807816406

ISBN:

8807816407

Pagine:
320
Argomenti:
Etica e filosofia morale, Storia d'Europa
Acquistabile con la

Descrizione La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.

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Recensioni degli utenti

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4 di 5 su 13 recensioni

Una analisi storico-filosofica sul Male Di B. Davide-12 luglio 2012

Mai nessuno come Hannah Arendt ha avuto la capacità di descrivere il nazismo e i nazisti con lo stesso disincanto lucido della filosofa. Il libro è filosofico solo in maniera molto intrinseca, bisogna leggere tra le righe dei fatti narrati per comprendere ciò che Arendt vuole comunicare: il male, un elemento che l'uomo ha sempre attribuito esclusivamente a esseri demoniaci, psicopatici e deviati, in realtà viene smascherato, messo a nudo; esso si nasconde infatti dietro a persone che per dirla con la filosofa sono 'terribilmente normali', banali appunto. Un libro che ci mette di fronte alla responsabilità di ciò che facciamo, di ciò che pensiamo, poichè dobbiamo ricordarci un monito la cui eco rintoccherà sempre nelle nostre coscienze: i nazisti non sono mostri, ma carnefici che SI assomigliano e CI assomigliano.

Interessante, ma non sempliceDi L. Mara-26 marzo 2012

E' un libro non di facile accesso: una persona approcciandosi alla Arendt ha 2 alternative, o terminarne le opere faticosamente oppure lasciarle interrotte. Se quest'opera viene letta come scritta dalla corrispondente del The New Yorker inviata a Gerusalemme in qualità di giornalista, ecco l'opera stessa va fuori tema. In realtà, si colloca come ceppo finale di una serie di testi della filosofa stessa, massima esperta dell'età dei totalitarismi. Non aspettatevi un testo facile, dunque.

La banalità del maleDi C. Adele Maria Rosa-23 marzo 2012

Una cronaca senza fronzoli di un processo ad un gerarca nazista, analizzata con capacità straordinaria dalla scrittrice-giornalista, che ci narra di un male terribile nato da una burocrazia malata, composta da uomini stupidi e pure ignoranti. La riflessione più importante e sconvolgente è la banalità con cui l'orrore è stato studiato e la drammatica sottomissione degli ebrei. Una tragedia umana che per mancanza di senso non lascia nessun appiglio al lettore.

Il processo ad un gerarca nazistaDi S. LUIGI-12 marzo 2012

Si fa fatica ad attraversare le dense pagine di questo libro, a mezza strada tra reportage giornalistico, testo storico e riflessione filosofica sui principi giuridici. Dirò solo che ho personalmente apprezzato moltissimo in quest'opera, più ancora del reportage da cui emerge la 'banalità maligna' del ridicolo e perfetto burocrate dello sterminio, le pungenti, intelligenti, giuste, stimolanti osservazioni dell'autrice sull'essenza della giustizia. Per questo forse mi sono goduta tantissimo, dopo la lettura del libro vero e proprio, la stupenda appendice, vera chiusura in gloria di uno dei libri che chiunque dovrebbe leggere prima di morire Certo la Arendt ne ha per tutti (ma proprio per tutti, forse persino per noi che non c'eravamo! ) , ma sempre con estrema intelligenza, freddezza e ciglio asciutto.

La banalità del maleDi P. Matteo-15 febbraio 2012

Eccellente libro della filosofa tedesca Hannah Arendt, che scrive di argomenti che conosce personalmente: emigrata dalla Germania a ventisette anni a causa delle leggi razziali, si ritrova inviata dal New Yorker, quasi trent'anni dopo, a Gerusalemme per assistere al processo del nazista Adolf Eichmann. Il titolo è un ottimo riassunto di ciò che emerge nel processo: "la banalità del male", Eichmann è desolantemente banale.

Per riflettereDi Z. Chiara-23 agosto 2011

La Arendt ci narra con una lucidità ineguagliabile questo processo e tutte le atroci verità che questi aveva sollevato e reso pubbliche. Mi ha colpito come, a differenza di tanti altri libri sulla deportazione e il genocidio degli ebrei in cui vi sono racconti accorati e pieni di dolore, lei riesca a raccontare un evento che tanto l'ha toccata (essendo ebrea) con gli occhi di un bambino, mai vendicativa e risentita, ma solo inerme dinanzi al Male, il male quello vero. Un libro per riflettere, su ciò che è stato, su cosa trarre come lezione e su come imparare ad affrontare le situazioni.