Zavattini ha le antenne. Pensieri sulla televisione

Le antenne di Zavattini captano, già nei primi anni Cinquanta, il potenziale sociale e culturale della televisione. Il piccolo schermo gli appare come un''invenzione prodigiosa, uno strumento di comunicazione rivoluzionario, capace di entrare prorompente nelle case degli italiani e di parlare un linguaggio immediato, con un potere aggregante e formativo senza eguali. In virtù delle sue potenzialità mediologiche, la televisione rappresenta ai suoi occhi il luogo ideale per la costruzione di una cultura democratica, basata sulla dialettica delle opinioni, sul confronto delle diversità e sulla condivisione delle esperienze.
Lo «spirito d’inchiesta» e la presa diretta sui fatti, già auspicati per il cinema del dopoguerra, trovano nel nuovo medium la loro più conseguente realizzazione. Offrendosi come scialuppa di salvataggio del neorealismo, la televisione teorizzata da Zavattini vuole essere un formidabile strumento conoscitivo che mette in rapporto l’uomo con il proprio tempo, estendendo le dimensioni della percezione e del pensiero. Motore di un''inevitabile trasformazione antropologica, il piccolo schermo si apre, nelle sue intenzioni, alla commistione dei linguaggi, dei generi e delle tecniche, allargando vertiginosamente lo spazio della comunicazione sociale e artistica.