Vipera. Nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni edito da Einaudi
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Vipera. Nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi

Editore:

Einaudi

Data di Pubblicazione:
27 novembre 2012
EAN:

9788806203436

ISBN:

8806203436

Pagine:
304
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione Vipera. Nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi

Una nuova primavera si affaccia, e tenta uomini e donne con i suoi profumi, ma anche il male è nell'aria. Manca una settimana a Pasqua nella Napoli del 1932. Al Paradiso, esclusiva casa di tolleranza nella centralissima via Chiaia, Vipera, la prostituta più famosa, è ritrovata morta, soffocata con un cuscino. L'ultimo cliente sostiene di averla lasciata ancora viva, il successivo di averla trovata già morta. Chi l'ha uccisa, e perché? Ricciardi deve districarsi in un groviglio di sentimenti e motivazioni. Avidità, frustrazione, invidia, bigottismo. Amore. La scoperta di passioni insospettabili si accompagna alla rivelazione di una città molto diversa da come appare. Sotto i nostri occhi prendono forma, vivissimi e veri, illuminati da dettagli sorprendenti, sorretti da una genuina vocazione narrativa, i mercati, i vicoli, le strade, i mestieri, la rete rigogliosa dei commerci vecchi e nuovi, accanto alla vigliaccheria e al coraggio, alle violenze arroganti di chi pensa già di essere impunito per sempre perché indossa una camicia nera. Tanto che uno dei compagni di Ricciardi, il dottor Modo, vecchio estimatore di Vipera, finisce per cacciarsi in un guaio molto serio... E il romanzo, come non mai, sembra costruirsi da solo, sotto le mani abili di chi sa dosare e mescolare gli ingredienti più diversi, come accade nelle vere ricette del periodo pasquale di cui è insaporita la storia.

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4 di 5 su 3 recensioni

Bel romanzo..Di P. Alfio-7 novembre 2017

Maurizio De Giovanni, in questo romanzo, ci fornisce una delle più appassionanti vicende del suo "commissario preferito", mescolandone sapientemente le caratteristiche peculiari di commissario, uomo eternamente combattuto e quasi colpevolizzato da un dualismo sentimentale che ne condiziona inevitabilmente le scelte. La vicenda poi, calata in una Napoli anteguerra, carica di tutte le sue bellezze e miserie umane, unite a tradizioni secolari descritte con estrema veridicità, ci "cala" letteralmente in un'epoca ormai lontana, per farci rivevere profumi, melodie, silenzi, passioni ormai perduti per sempre dalla nostra "supermoderna" società del benessere. Ancora una volta, con questo romanzo, Maurizio De Giovanni ha fatto centro!!

Un affresco di emozioni...Di C. Guido-4 marzo 2016

Premessa: De Giovanni l'ho seguito sin dal 2008, poco dopo il suo esordio, e i suoi libri sono sempre stati uno più bello dell'altro; sul suo stile si può discutere, sulla sua intensa abilità no, non ha rivali. Vogliamo trovargli un difetto? Forse eccede in retorica (per alcuni un pregio, per altri un qualcosa di insopportabile) e si lascia prendere la mano in parecchie pagine. E pure il mistero è facile da svelare: risulta un po' "telefonato" come in certe partite di calcio dove il portiere intuisce dove può finire il pallone da come viene preparato il tiro dall'attaccante. Strano che il protagonista, Ricciardi, dipinto come uomo intelligente ed acuto, non ci arrivi subito. Ma non è un maestro di noir, De Giovanni, non è proprio il massimo per gli intrecci gialli; lui affresca le persone ed i loro sentimenti. Dosa i colori della primavera, amalgama i profumi, crea atmosfere, mescola un pizzico di noir, un tantino di mistero, un po' di politica, qualche goccia d'amore, tanto struggimento, e dipinge su carta un nuovo romanzo. Lo sfondo è come sempre una Napoli dolente, degli anni '30, non ridanciana, povera ma dignitosa, non macchietta ma vera, reale quanto basta. Son sempre belli i romanzi "dipinti" da De Giovanni, resta sempre alta scuola la sua, vedi come descrive un personaggio in poche righe magistrali (vedi quinto pag 24) o come ti inquadra l'amore di una coppia: "Dammi la vita che voglio, dammi una casa nostra, che non assomigli alla mia o alla tua, che conosca gli spazi del nostro muoversi e del nostro stare". Delicato, femmineo, dolente, sentimentale, De Giovanni muove i suoi personaggi cartacei come un piccolo De Filippo. Un altro bel romanzo, discutibile nell'intensità del dolore, ma PIENO, nel vero senso della parola.

Affresca l'emozione.....Di C. Guido-16 gennaio 2013

Premessa: De Giovanni l'ho seguito sin dal 2008, poco dopo il suo esordio, e i suoi libri sono sempre stati uno piu' bello dell'altro; sul suo stile si puo' discutere, sulla sua intensa abilita' no, non ha rivali. Vogliamo trovargli un difetto? Forse eccede in retorica (per alcuni un pregio, per altri un qualcosa di insopportabile) e si lascia prendere la mano in parecchie pagine. E pure il mistero e' facile da svelare: risulta un po' "telefonato" come in certe partite di calcio dove il portiere intuisce dove puo' finire il pallone da come viene preparato il tiro dall'attaccante. Strano che il protagonista, Ricciardi, cosi' acuto, non ci arrivi sin da subito. Ma non e' un maestro di noir, De Giovanni, non e' il massimo per gli intrecci gialli; lui affresca le persone ed i loro sentimenti. Dosa i colori della primavera, amalgama i profumi, crea atmosfere, mescola un pizzico di noir, un tantino di mistero, un po' di politica, qualche goccia d'amore, tanto struggimento, e dipinge su carta un nuovo romanzo. Lo sfondo e' come sempre una Napoli dolente, degli anni 30, non ridanciana, povera ma dignitosa, non macchietta ma vera, reale quanto basta. Son sempre belli i romanzi "dipinti" da De Giovanni, resta sempre alta scuola la sua, vedi come ti descrive un personaggio in poche righe magistrali (vedi v cap. Pag 24) o come ti inquadra l'amore di una coppia: " Dammi la vita che voglio, dammi una casa nostra, che non assomigli alla mia o alla tua, che conosca gli spazi del nostro muoversi e del nostro stare". Delicato, femmineo, dolente, sentimentale, De Giovanni muove i suoi personaggi cartacei come un piccolo De Filippo. Un altro bel romanzo, discutibile nell'intensita' del dolore, ma PIENO, nel vero senso della parola.