Descrizione Vietato in nome di Allah. Libri e intellettuali messi al bando nel mondo islamico
I nomi di Salman Rushdie, Theo Van Gogh, Robert Redeker e Ayaan Hir-si Ali sono noti a tutti, ma quanti sono gli intellettuali musulmani vittime della censura islamica? Se nei primi secoli dell'islam, l'arte e la cultura godettero di grande libertà, nel XX secolo il vento è cambiato e oggi il numero di artisti uccisi, minacciati o privati della libertà è in continuo aumento. La ricostruzione storica effettuata da Valentina Colombo spazia dall'Arabia Saudita all'Egitto, dal Sudan al Kuwait, dall'Iran alla Turchia e si concentra in particolare sul periodo che va dalla prima guerra mondiale a oggi, ripercorrendo molte terribili vicende: per esempio quelle del grande romanziere Nagib Mahfuz, del teologo e uomo politico Muharrtmad Taha, della scrittrice Layla 'Uthman, dei poeti giordani Musa Hawamdeh e Islam Samhan, dello scrittore turco Nedim Gùrsel, del poeta siriano Adonis. Chiunque abbia a cuore i diritti e le libertà fondamentali non può rimanere indifferente di fronte a tutto questo. La censura religiosa che limita o cancella la libertà d'espressione nel mondo musulmano non è soltanto un problema culturale, è una questione politica che ci tocca da vicino.
Recensioni degli utenti
Incomprensione-16 settembre 2010
Testo scontato, ricco di luoghi comuni e di pregiudizi in cui si immettono nello stesso calderone autori e artisti dai destini diversi e dallo spessore diverso. Salman Rushdie e la Hyrsi -Aly devono la loro fortuna alle fatawa mentre Taha Husain, e Mahfuz alla loro bravura. I primi due hanno oltrepassato limiti religioni di cui erano perfettamente a conoscenza al solo scopo di ottenere pubblicità e successo gli altri si sono limitati a suscitare le ire dei fanatici. La mancanza di conoscenza e di approfondimento dei valori islamici rende questo testo squilibrato nella comparazione di periodi storici distanti non solo temporalmente ma ideologicamente. Non tengono conto dell'impatto del fenomeno del colonialismo e dell'imperialismo nei paesi islamici e dei mutamenti socio-politici. Nonché della globalizzazione portatrice inconsapevole di una ideologia del pensiero unico che fa del diverso un nemico incomprensibile da civilizzare e ricondurre ai canoni della normalità stabilita dalla cultura europea. Una concezione ipertrofica della normalità che non tiene conto del parere del diverso. Da questa prospettiva unica nascono testi come questo carichi di luoghi comuni dimentichi delle recenti ricerche di semiotica culturologica e di antropologia culturale, grazie alle quali il diverso è diverso e degno di rispetto nonostante le incomprensioni che il passaggio da un paradigma all'altro si porta dietro. La traduzione da una cultura all'altra in questo testo è monca, non completa, non profonda e in definitiva univoca.