I viceré
- Editore:
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
- Collana:
- Romanzi d'Italia
- Data di Pubblicazione:
- 19 gennaio 2011
- EAN:
9788817046725
- ISBN:
8817046728
- Pagine:
- 706
- Formato:
- rilegato
Trama I viceré
Nel momento in cui la storia siciliana si fa storia italiana, De Roberto affonda con gelido distacco il suo bisturi nel "decadimento fisico e morale di una stirpe esausta", e se ne serve per rappresentare la cancrena di un'intera nazione. Il racconto si svolge tutto fra un testamento e un comizio: il primo apre il romanzo, testimoniando l'antico familismo feudale, il secondo lo chiude, dando voce alla mistificazione risorgimentale, al trasformismo, alla demagogia della nuova politica. Saranno le parole dell'ultimo erede della famiglia a segnare la pace fatta tra vecchio e nuovo: "Ora che l'Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri". Prefazione di Giovanni Sabbatucci.
Recensioni degli utenti
Trasformismo-12 marzo 2019
Molto utile per conoscere la politica dal Risorgimento ad oggi. Purtroppo il trasformismo è il virus sempre attivo nella cultura politica e partitica in Italia. Un libro che tutti dovrebbero aver letto.
I vicerè-31 marzo 2011
Ci vuole un briciolo di attenzione in più per questo romanzo, ma ne vale la pena. Libro contraddittorio, come la storia che racconta: una sorta di epopea della nobile famiglia siciliana Uzeda, che attraversa quasi indenne, con poche ammaccature e cadendo sempre in piedi, il passaggio dal regno delle Due Sicilie all'Italia unita, dalla dominazione borbonica a quella di casa Savoia. Storia già sentita nel forse più famoso e acclamato Gattopardo, scritto però cinquant'anni dopo. Il romanzo è un efficace spaccato di quello che accadde poco prima e subito dopo l'unificazione italiana, e ha il pregio di raccontarlo senza buonismi o accondiscendenze, in maniera a volte decisamente spietata. Alcuni passi, poi, sono di un'attualità quasi sconvolgente, e potrebbero essere pubblicati su un qualsiasi quotidiano (beh, proprio qualsiasi no) ai nostri giorni. Il difetto dell'opera, a parer mio, è però la sua eccessiva lunghezza (700 pagine) e - a volte - ridondanza e in uno stile non proprio originale e a volte troppo ampolloso, a dimostrazione che, mentre nel 1800 in Europa si sfornavano capolavori senza soluzione di continuità, il romanzo italiano annaspava e si doveva aggrappare a opere non eccelse (su tutti i Promessi Sposi).