Trama Un uomo solo
Già negli anni Trenta, quando scrisse "Addio a Berlino", Christopher Isherwood sosteneva di voler trasformare il suo occhio di romanziere nell'obiettivo di una macchina fotografica. Ma per lungo tempo - attraverso libri molto diversi fra loro, e spesso segnati dai personaggi fittizi o reali che raccontavano l'intenzione rimase una di quelle fantasticherie stilistiche che spesso gli scrittori inseguono per tutta la vita senza realizzarle mai. E invece nel suo ultimo romanzo - questo - Isherwood trasforma una giornata nella vita di George, un professore inglese non più giovane che vive in California, in un'asciutta, e proprio per questo struggente, sequenza di scatti. Non è una giornata particolare per George: solo altre ventiquattr'ore senza Jim, il suo compagno morto in un incidente. Ventiquattr'ore fra il sospetto dei vicini, la consolante vicinanza di Charlotte, la rabbia contro i libri letti per una vita ma ormai inutili, e il desiderio di un corpo giovane appena intravisto ma che forse è già troppo tardi per toccare. Quanto basta per comporre un ritratto che non si può dimenticare, e che alla sua uscita sorprese tutti, suonando troppo vero per non essere scandaloso.
Recensioni degli utenti
Piacevole-7 maggio 2012
Un testo affascinante e molto immediato che gode di una scorrevolezza narrativa e di uan trama abbastanza originale e intrigante. Il ritmo è lento e conferisce solennità al testo mentre i personaggi sono descritti con minuzia. Sicuramente una valida alternativa ad altri testi. Affatto scontato o prolisso!
Piacevole-7 maggio 2012
Un lettura davvero incalzante e molto affascinante. Ha uno stile scorrevole e immediato questo libro, con un ritmo che si presenta lento ma che conferisce una piacevole solennità al testo. La trama è molto incalzante e non fatica affattoa decollare. Consiglio di leggerlo con mente sgombra e sveglia!
Una lettura affascinante-29 aprile 2012
Un romanzo che difficilmente dimenticherscorderò, ricco di introspezione, di minuziosa fotografia di quello che rimane in un uomo dopo una perdita. George, un uomo solitario che VUOLE essere solo, ritrattoin una sua giornata qualunque che racchiude in sè, però, le mille distrazioni di un lutto, la sensazione di essere altro da tutto ciò che lo circonda, la sensazione costante del suo essere diverso, perchè britannico, perchè intellettuale, perchè omosessuale, perchè SOLO. Per me, che adoro Carver e il suo raccontare l'America con metodi così scarni e apparentemente banale, è stata una vera scoperta
La solitudine-30 marzo 2012
Il romanzo è scritto divinamente; la solitudine che dà il titolo è qualcosa di talmente opprimente che neppure un motosega riuscirebbe a tagliare; il protagonista è uno di noi (umano, troppo umano) . Ma sono soddisfatto di averlo finito, perché è un libro senza ombra di redenzione, che - ammetto le mie debolezze - mi ha incupito l'umore dall'inizio alla fine... Osservare allo specchio con tanta sfacciata scabrosità l'universo interiore di un uomo finito, è un esperienza da compiere con circospetta moderazione.
Un uomo solo-20 marzo 2012
Un libro lento e colmo di silenzio. Un professore universitario inglese che vive ed in insegna in america, molto critico nei confronti della società, una critica che esprime con un cinismo malinconico. Il romanzo breve, è molto cinematografico, e per essere compreso necessità di attenzione e particolare interesse. Il protagonista alla lunga però diviene quasi inconsistente e perde smalto.
Un uomo solo-24 luglio 2011
Impossibile non cercare di compararlo alla sua versione cinematografica, è un libro acuminato perché, lungi dall'essere una riflessione solipsistica e ombelicale, è un vero e proprio romanzo sociale. George è vecchio, è straniero, è gay e l'alveo in cui è costretto a scorrere non gli appartiene: è un fiume estraneo a se stesso. L'America di Isherwood è quella degli anni '60, e quindi intere parti sono ormai coperte da polvere e ruggine, però -ché c'è un IMMENSO però- nonostante lo scorrere secco del tempo, la carica vitale di denuncia è ancora valida. Isherwood ci parla di minoranze e di guerra. Una guerra da perdere sin dall'inizio, e in cui la resistenza, al massimo, è organizzata a gruppi di due: tu e la persona che ami. Le famiglie sono destinate a fallire. E il resto del mondo ti spara contro. Essere omosessuali era un marchio d'infamia; appartenere a minoranze etniche significava diversità escludente; e comunque esclusi e sconfitti erano alla fine anche coloro che la lotta rimanevano a farla da soli, trascinandosi dolenti e piagati in un angolo. Un libro sul corpo, questo di Isherwood, e di un'anima fatta di muscoli e sangue. Dolentissimo e troppo umano.