L' umorismo di Luigi Pirandello edito da Garzanti
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L' umorismo

Editore:

Garzanti

Edizione:
9
A cura di:
P. Milone
Data di Pubblicazione:
6 maggio 2004
EAN:

9788811365754

ISBN:

8811365759

Formato:
brossura
Argomento:
Prosa letteraria
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Descrizione L' umorismo

Testo fondamentale per la poetica pirandelliana, questo saggio, pubblicato nel 1908, passa in rassegna le diverse concezioni dell'umorismo che hanno contraddistinto secoli e culture differenti alternando analisi psicologiche, riferimenti letterari, sferzate polemiche. Per Pirandello è il «sentimento del contrario», impulso umano sovvertitore, irriducibile, in quanto espressione di una «vita nuda», che permette all'artista di scomporre la realtà e smascherare, nelle sfasature dell'essere, il disordine e la sofferenza che vi si celano. Mentre la comicità si basa su opposizioni nette che muovono al riso, l'umorismo si distingue per la presenza di elementi ambigui e di contrasti sfumati che inducono alla riflessione. Vera e propria visione del mondo tipica di un'età segnata dalla crisi irreversibile dei valori, l'umorismo si rivela la miglior chiave di interpretazione per cogliere i nodi problematici dell'esistenza e svelare verità inquietanti e paradossali sotto le maschere irrigidite delle convenzioni sociali.

Recensioni degli utenti

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4 di 5 su 2 recensioni

L'umorismoDi M. Marta-13 settembre 2011

Nel 1908 Pirandello scrive "L'umorismo". A quei tempi, l'autore siciliano non aveva ancora letto il saggio di Freud "Motto di spirito", ma aveva sicuramente letto "Sur le rise" di Bertraund. Pirandello contesta la definizione di umorismo in senso ontologico e la posizione di Hegel. Per lo scrittore siciliano, infatti, l'umorismo è una rappresentazione che, mettendo in luce contrasti e contraddizioni, suscita il riso. Nessuna cosa, in sé, suscita il riso: è il modo in cui la si rappresenta che può scatenare la reazione di riso. Interessante!

L'umorismoDi c. Giovanni-11 ottobre 2010

Una bellissima lettura è stata questa del saggio pirandelliano sull'umorismo, il quale rivela che il Pirandello saggista era non meno dotato ed efficace del Pirandello autore di narrativa e di teatro: d'altronde, pare che fosse anche un ottimo professore, e sicuramente la chiarezza e la vivacità espositiva non mancano a quest'opera, nemmeno quando il Nostro si addentra in questioni esegetiche piuttosto complesse. Il concetto a cui giunge con un lungo processo di avvicinamento è quello dell'umorismo come sentimento del contrario che supera il mero effetto comico e satirico mercè la riflessione sulle condizioni della persona oggetto di riso: e ne riconosce esempi supremi in figure come don Abbondio e don Chisciotte, analizzate con vivace finezza. Le basi teoriche della riflessione pirandelliana, in realtà, venivano soprattutto dallo studioso tedesco Lipps: ma Pirandello ne cita e ne discute ampiamente le affermazioni, che per lui rappresentano dunque solo un punto di partenza per un'impostazione che è sostanzialmente originale. Nelle pagine finali del saggio, Pirandello presenta, in pratica, un riassunto della sua poetica, con particolare attenzione al concetto di maschera, che troviamo espresso in tutta la sua produzione letteraria, ma in modo particolarmente consonante a questo passo in molti brani di Uno, nessuno e centomila. Vi figurano per giunta schermaglie polemiche alquanto accese con Benedetto Croce; il lettore è portato a commentare "Però!, quant'era coraggioso Pirandello!", anche se va tenuto conto che il Croce con cui dibatteva il Nostro era il Croce del 1908, non il mostro sacro di venti o trent'anni dopo – e tuttavia era un Croce che aveva già alle spalle, tanto per dire, l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale e la Logica come scienza del concetto puro. I due, ad ogni modo, sembravano fatti per non capirsi: credo che, a parte i dettagli che emergono dalla lettura del saggio pirandelliano, alla radice del dissidio stesse la concezione dell'arte e della critica, che in Croce costituiva un elemento del suo complesso sistema idealistico, mentre in Pirandello era semmai la concezione del mondo a derivare da un'intuizione poetica. Croce era un filosofo, Pirandello no: e il metodo critico e argomentativo di entrambi non poteva che risentirne.