L' ultima notte da falena di Clelia Moscariello edito da La Riflessione

L' ultima notte da falena

Data di Pubblicazione:
2010
EAN:

9788862114547

ISBN:

8862114540

Pagine:
82
Acquistabile con o la

Descrizione L' ultima notte da falena

Così sono le poesie contenute in questo libro, ognuna rivela una sfaccettatura di chi l'ha scritta e ogni verso prende dentro: non si può rimanere impassibili. Alcune poesie, come "La sfinge", fanno emozionare e aprono scenari che pensavamo abbandonati, chiusi persino ai ricordi; altre fanno sorridere perché lei ha l'anima di una giovane donna, ma pur sempre partenopea e quindi sa essere ironica e autoironica.

Fuori catalogo - Non ordinabile
€ 10.00

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
5 di 5 su 2 recensioni

La poesia di Clelia MoscarielloDi P. Massimo-8 ottobre 2013

Ho rovistato tra i versi di Clelia Moscariello in "L'ultima notte da falena" e la poesia l'ho trovata; l'ho trovata nella suite delle piccole pene d'amore di gioventù, nelle recriminazioni sarcastiche di una vita che accompagna l'amore o viceversa, in un'opera omogenea che segue un filo unitario. Le poesie di Clelia sono quadri, pittura, dipinti scritturali. In questi schizzi c'è lei, la sua essenza, non gridata, di una semplicità spontanea di cui non ci si stupisce, perché è naturale. La sua tecnica è un flusso inarrestabile, in costante tensione e struggimento. A tratti sogna e ti ci porta dentro, con l'irrazionalità e la fantasia di cui solo il sogno è capace. Versi di vita, ricerca d'amore, amore anche precario cui abbandonarsi, con pacatezza anche la malinconia le è amica. A tratti emerge un tedio non dichiarato, uno spontaneo ennuì, che rivela la sofferenza poetica, l'essere unta. Versi di autocoscienza e consapevolezza di farsi male, perché non capace di farne agli altri. Recriminazioni costanti contro qualcuno che è il mondo stesso, ricerca di perché, biasimi e tirarsi fuori dalla negatività. Acquarelli tenui e trasparenti da ripassare a tempera, come Ti ho sognato questo dì. Riflessioni lucide di realtà prosaiche che attenuano la tensione, gli tolgono l'"allucinazione" iniziale. Ma a volte sono immagini efficaci, come ne Il girasole: la scuola colorata e il grigiore delle maestre. Filo conduttore è l'amore perduto, adulato, odiato, reclamato, invocato, licenziato, che culmina nella bella Il tuo angelo, ove questo amore è immanente e irrinunciabile, dove Clelia lo confessa, si fa geisha rinunciando a tutto e a niente. Pochi giochi coi versi, ma ci sono, come in Viaggi astrali: "Senza misticismo, senza esoterismo, senza paure, senza ragione e senza intuito Senza santità". Metafore e citazioni, "Una stanza che dimentica il suo cielo". Sprazzi di poesia maledetta ne Il grembo: "Non posso illuminarvi della mia aura, ma solo contaminarvi del male che covo dentro da secoli". Bambina che si vede donna e si stupisce in Luci ed ombre. Parla di sé in Caos "Non mi innamoro più delle idee e delle parole da un pezzo, la realtà senza ha più sapore, la sua luce bianca è la mia amaca Ero finita dietro suoni usurati dal tempo e dalle occasioni. La luce adesso è ancor più forte. Le filastrocche usurate che mi costringevo a sentire, simulacri alla ricerca della verità." Notevoli anche L'anima dei miei oggetti "Cocci, frammenti, pezzi di vetro, stampe. Si perdono e si ritrovano tra incensi, bricolage ed essenze, ogni oggetto segue l'onda del destino", Veramente "Il trucco stucchevole con cui addobbo il mio viso, lo metto solo per denigrarvi ed offendervi Je suis desolée", o La mia famiglia "un canovaccio riuscito, di recitazione sperimentale, dove qualsiasi performance è permessa e premiata E si dorme ciascuno sotto la maschera dell'altro, prima che ricominci un'altra scena". Lancia il suo j'accuse all'amore sordo in Le stagioni del cuore e ne I peluche "E tu, imperterrito e indifferente alla loro esistenza stupida e senza altra ragione che non sia quella di vedere un altro sorriso finto, una tenerezza cupa, uno sguardo tetro che ha soltanto chi ti guarda da uno sguardo di vetro e un'allegria di una vita in cui non si ha un cazzo da fare! " La ricerca di un giusto amore per se stessa si scontra con il Veleno preso, dato, presente, assente, quasi zucchero, miele per cui Je suis desolée ritorna protagonista, come un topoi, un'invettiva, un atto d'accusa: "Io non sono quella che credevi di ingabbiar nelle tue categorie mentali". "Atmosfere cupe" (Camere da letto) : la vita sono tante bed room, "Stazioni che si spostano in latitudine e longitudine, alla fine sempre un addio, un bacio, che pareva l'ultimo", "Personaggi che nel nostro film sono solo comparse. Un tempo beffardo, dilatato, che sembra divertirsi a girare su se stesso, indifferente a tutto e a tutti". Diversi gli approcci ai temi sociali, dall'emarginazione al riscatto di chi vi è coinvolto, come ne Le lucciole "Fantasticano su di noi aspettando invano l'aurora", che poi "Anche questo è un talento!" (Storia di una puttana), idealizzato in qualche modo in Passeggiate intorno al mondo "Calpestando i misteri mai svelati dai marciapiedi". Passi di sano e sarcastico narcisismo in La luce di Hollywood, del giovanilismo "compulsivo". Evocazioni di droghe che non rendono quanto la loro assenza, verità scritta in Sono Baudelaire. Mentre La storia di un fantasma evoca il femminicidio ante-litteram, sed semper existit, raccontato con il costante sarcasmo, alla maniera degli epitaffi di Lee Masters. Nel filo conduttore che è un amore travagliato scorgo tuttavia una donna reattiva, combattiva, che urla, invoca, ma decide, e il dolore non è di genere, ma di persona e l'ultima parola la dice Clelia: "Il girotondo è finito, la giostra si è fermata. Scendiamo".

l'anima dell'ultima notte della falenaDi G. Antonella-3 agosto 2010

Nel percorso lirico della raccolta ‘L’ultima notte della falena’, il linguaggio compositivo si distende dalle poesie ai racconti brevi senza seguire alcun criterio cronologico, se non quello della speranza indispensabile per sciogliere quel nodo avviluppante che non permetteva all’autrice Clelia Moscariello di sprizzare la necessaria energia. Verso dopo verso, parole cariche di forza significante hanno il potere di evocare e di ritagliare una sequenza di immagini – ritratti e scene – che, le une dopo le altre, compongono un gigantesco affresco esistenziale nel quale ogni lettore potrebbe ritrovarsi qua e là, oppure rispecchiarsi totalmente. Coraggiosamente e con grande lucidità, anche nei momenti più cupi, tristi e drammatici – l’addio del suo ‘Mon Amour’, l’eterno riposo dell’amica suicida – Clelia Moscariello avverte l’anelito della vita attraverso le corrispondenze con gli elementi naturali che ne sono l’espressione. Nell’intensità del dolore, nei momenti di rancore e di rabbia, nelle notti in compagnia dei pensieri, tra le lacrime che scendono come pioggia da una nuvola, prevalgono i ‘colori’ interiori, la capacità di aprire gli occhi e di intravvedere la bellezza del creato: tra ‘luci e ombre’, ecco il cielo stellato, l’arcobaleno, il sole, una libellula che si libra. Anche se la ragazza non vorrebbe crescere, non vuole più continuare a vivere come una ‘falena’ tenebrosa, a soffrire sentendosi distaccata dal mondo come un ‘fantasma impaurito’, uno ‘zombie’, un ‘alieno’, un ‘pettirosso spaesato infreddolito’. Intanto il tempo scorre ‘beffardo’, la malinconia diventa una dolce compagna per l’autrice, che è in attesa speranzosa di ricucirsi le ferite, correre via per superare una ‘staccionata’ dopo l’altra e, rinascendo, buttarsi di nuovo nel ‘caos’. In questo prendere coscienza di essersi ‘persa nello spazio e nel tempo’, la ragazza dai ‘grandi ideali’, truccata ‘per nascondersi’ come una ‘Matrioska’, riesce ad accettare le proprie fragilità: ‘Sono io il mio migliore sogno’. In questo universo, dove tutti siamo appesi ‘con un filo’ e come ‘burattini’ sembriamo recitare la nostra parte lungo le ‘stazioni della vita’, chi è più sensibile reclama affetto – da chi è ‘carne della sua carne’ – e amore, invece che ‘giocare’ con i sentimenti. Nel ribaltamento della prospettiva valoriale messo in atto, nell’equilibrio ritrovato risulta alquanto consolatoria la certezza che ‘niente passa, tutto resta dentro’, mentre i ‘ricordi diventano dolci come neve’: ‘in fondo ci siamo amati / e questo basta’. Ecco che allora, ‘il girotondo è finito, la giostra si è fermata’, la ‘cenere’ interiore dell’angoscia di vivere sparisce sotto il soffio del ‘vento nuovo’: ‘cuore, mente, anima’ si sono riappropriati dell’Io di Clelia. Le sue parole, ricolme di un concerto di vibranti emozioni e di sentimenti personali, hanno così messo finalmente a nudo quel frammentario spaccato di vissuto autobiografico che si distende nell’arco temporale del decennio post-adolescenziale, lacerato e tormentato, pronto a risucchiarla in profondi ‘buchi neri’ interiori. (Antonella Gilioli)