Troppu trafficu ppi nenti di Andrea Camilleri, Giuseppe Dipasquale edito da Mondadori

Troppu trafficu ppi nenti

Editore:

Mondadori

Data di Pubblicazione:
18 gennaio 2011
EAN:

9788804606055

ISBN:

8804606053

Pagine:
218
Formato:
brossura
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Descrizione Troppu trafficu ppi nenti

Sono poi così lontane Messina e Stratford upon Avon? Per Andrea Camilleri no, visto che rivisita un grande classico shakespeariano come “Troppo rumore per nulla” in pura venatura sicula. In fondo, sostiene Camilleri in “Troppu trafficu ppi nenti”, non sappiamo poi molto del più grande scrittore mai esistito e potrebbe essere stato chiunque, persino un esiliato quacquero fuggito dalla sacra terra siciliana per rifugiarsi in Inghilterra all’inizio del quindicesimo secolo. Da questo incipit surreale e divertente ne esce una piece teatrale che ha la firma del noto inventore di Montalbano e del regista teatrale Giuseppe Dipasquale che trasformano il rigore inglese in una farsa isolana, mantenendo intatto il copione teatrale di “Troppo rumore per nulla” e trasformandolo in una ancora più godibile commedia. Nel libro da cui è tratta la rappresentazione teatrale si ride di gusto perché davvero non sembra poi così distante il mondo shakespeariano da quello colorato e macchiettistico di Camilleri. Il protagonista della storia è detto Scrollalanza e potrebbe essersi fatto chiamare, per le acute menti degli inventori, Shakespeare per assonanza siculo inglese e un po’ per far perdere le tracce di sé. Nel suo viaggio dalla Trinacria alla tanto sognata Inghilterra il protagonista si ferma a Venezia e lì sente narrare una storia misteriosa di un moro che commette un omicidio per gelosia. Da qui l’inizio di un presupposto e la trasformazione di “Tanto rumore per nulla” in “Troppo trafficu ppi nenti”. La similitudine ci sta tutta e seppur il paragone potrebbe sembrare azzardato, i personaggi si trasformano da fanciulle inglesi a splendide caruse nostrane e da arguti condottieri a spadaccini con la coppola. Si rimane increduli, prima ancora che divertiti, nello scorrere le pagine di questa affascinante piece perché il modo in cui i due scrittori compongono la parodia dello scritto del più celebre William è davvero affascinante. Il ponte tra la terra del sole e l’uggiosa zona di Dover si fa naturale e scorrevole e Shakespeare sembra davvero riconquistare una nuova e realistica identità sicula in “Troppu trafficu ppi nenti”.

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4 di 5 su 4 recensioni

Troppu traficu pi nentiDi c. uattorio-25 gennaio 2013

Michelangelo Florio Crollalanza alias William shakespeare. Messinese vero autore della commedia, di famiglia ebrea fuggito da Messina. Diverse testimonianze esistono del suo passaggio nei diversi stati italiani dove ambientò successivamente altri suoi scritti, questo ne spiega la minuziosa conoscenza dei luoghi, delle monete, del linguaggio e degli usi. Trovò una nuova vita con lo zio materno che abitava a Stratford da anni e che aveva da poco perso il figlio Guglielmo, così Michelangelo ne assunse l'identità compreso il cognome materno tradotto ("crollalanza", "scrolla la lancia ", "shake the spear"). Questo spiega perchè i critici dell'epoca dicevano che William parlava con un forte accento straniero, e spiega anche come mai nel circolo più rinomato di londra, dove si sa per certo che frequentasse assiduamente shakespeare, invece del suo nome nei registri dell'epoca appare quello di Michelangelo Florio.

Troppu trafficu ppi nentiDi b. stella-25 aprile 2012

Troppu traffico ppi nenti è la rivisitazione in dialetto siciliano dell'opera Shakespieriana Troppo rumore per nulla. La lettura è alquanto complicata per chi non mastica il dialetto, ma con l'aiuto della versione italiana dell'opera inglese si riesce ad apprezzare appieno questo esperimento scritto a quattro mani.

Bravo (ancora una volta) CamilleriDi R. Lorenza-9 settembre 2011

Un'idea originale di Camilleri, quella di inventare il manoscritto siciliano dal quale, secondo uno studio, Shakespeare avrebbe tratto la commedia "Molto rumore per nulla". Il testo, per un non siciliano, è un po' complicato, ma aiuta la versione italiana dell'opera inglese riportata alla fine del libro. La commedia è, come la conosciamo, ironica, spensierata e divertente. La teoria che Shakespeare fosse siciliano è, nella sua inverosimiglianza (o forse no), affascinante. E comunque non si tratta della solita strampalata trovata di Voyager, ma di una tesi formulata a partire dagli studi realizzati dal professor Martino Iuvara dell'Universita di Palermo. Quanto all'uso della variante messinese del siciliano, giusta o sbagliata che sia, sarebbe opportuno ricordare che, nel contesto della finzione del ritrovamento del manoscritto, la datazione dell'opera reinventata da Camilleri va collocata nel XVI secolo e che, pertanto, la commedia è scritta in una variante arcaica e letterario del siciliano. A riprova del fatto che la comparazione con il siciliano attuale non vale, si può citare Giuseppe Pitrè che, nell'introduzione alle sue "Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani" scrive: "Io nelle varie parlate passa in iu, eu, jeu, jè, jò, ju, i', ii', ia, jua. I letterati scrissero quasi tutti (e l'uso vige tuttavia) jeu, iu, ed eu". Insomma, un libro simpatico e una trovata divertente; e anche un modo per riproporre l'opera shakespeariana.

Troppu trafficu ppi nentiDi g. andrea-10 agosto 2011

Bizzarra l'idea camilleriana di riscrivere una commedia di Shakespeare in salsa sicula, detto questo, mi arrabbio un po' con l'introduzione che descrive la commedia come "scritta in messinese"... Assolutamente no, in siciliano forse, dato che nessuno dei due autori è messinese e che nessun messinese si sognerebbe di dire "jù" per "io". Questo un solo esempio di parole non peloritane, ma ce ne sarebbero centinaia e ai lettori indigeni lascio il gioco di trovare le altre. A proposito di dialetto e lingua letteraria, un'avvertenza ai non siciliani: questa non è la solita storia di Montalbano scritta in una lingua ibrida, quel fenomeno che ha portato gli italiani di Gorizia, Pavia, Merano e Chamonix a parlare di cabbasisi. Nonsi (visto che siamo tutti camilleriani esperti), questa commedia è in dialetto. Punto e basta. Può aiutare la versione italiana della commedia riportata a fine volume (tra l'altro nella bellissima e classica traduzione di Masolino D'Amico), ma fino a un certo punto. E anche lo spettacolo teatrale tratto da questo testo è totalmente recitato in dialetto siciliano. Per il resto, nulla da dire sull'arcifamosa commedia (resa ulteriormente popolare dal bel film di Kenneth Branagh del 1993), che merita 5 stelle; a questa versione una stella la levo perché mi sto iniziando a stufare dell'onnipresenza camilleriana in libreria pur con tutto l'affetto per lo scrittore e per Salvo Montalbano e perché l'idea di Crollallanza autore di Macbeth e King Lear la trovo come minimo dissacrante. La letteratura italiana ha già un'innumerevole quantità di mostri sacri senza doverci anche appropriare di quelli altrui, abbandoniamo il fantasioso Giacobbo ai suoi trastulli con gli UFO, i templari, la fine del mondo nel 2012, l'esoterismo, le piramidi, purché lasci in pace William, figlio del guantaio di Stratford-on-Avon.