Il ruolo primario della "persona educatore” nei gruppi sociali, tra realtà e utopia di vincenzo longo

Il ruolo primario della "persona educatore” nei gruppi sociali, tra realtà e utopia

Tipologia:

Tesi di Laurea di primo livello

Anno accademico:

2005/2006

Relatore:
Silvio Soffritti
Correlatore:
Valdino Tombolato
Corso:

Scienze dell’Educazione

Cattedra:

Sociologia

Lingua:
Italiano
Pagine:
147
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.72 Mb

Descrizione Il ruolo primario della "persona educatore” nei gruppi sociali, tra realtà e utopia

Questa tesi è un tentativo di indagine sul campo, con un pluralismo di percorsi, per far emergere le caratteristiche di una complessa associazione del terzo settore quale l'Auser Polesine, in una fase storica che vede la crescita del fenomeno associazionistico per soddisfare nuovi bisogni, emersi con il venir meno dei legami della famiglia e dei parenti, con la globalizzazione. Consapevole che la comunità locale non sia salvifica, così come sia necessario evitare i localismi, è indispensabile saper dare una giusta ed equilibrata lettura alla diffusa perdita del senso di comunità, favorendo lo sviluppo del senso del noi e il ruolo delle associazioni nel dialogo con le istituzioni. Scopi: capire le caratteristiche sociali e le strutture interattive che caratterizzano la nascita, lo sviluppo e il funzionamento di alcune ULA (Unità Locali Associative) dell'Auser Polesine, non sulla base di categorie predefinite ma su elementi rilevanti e significativi sia per me che per coloro che partecipano all'interazione stessa, osservando e analizzando le azioni quotidiane, favorendo il coinvolgimento e la partecipazione, per rafforzare le capacità e le potenzialità degli individui, con forme di cittadinanza attiva per superare il senso di impotenza e agire sul senso del noi, il senso di responsabilità sociale, di comunità basato sul senso di appartenenza, sull'influenza e sul potere, sul rinforzo al senso stesso di comunità, sulla connessione emotiva. Metodologia: di fatto è stato un vero e proprio percorso educativo, con metodologie fondate su prospettive personalistica, dialogica e comunitaria. Una modalità di ricerca basata sull'adduzione, seguendo il ciclo metodologico dell'incremento conoscitivo. I principi guida sono stati quelli di intenzionalità, di responsabilità, di reciprocità, di possibilità, di temporalità, di socialità, di sistemicità, di testimonianza, in ottica di enpowerment, usando il neologismo "impoteramento”. La mia strategia pedagogica è stata del tipo indiretto, non rivolta personalmente a ogni soggetto – che comunque ne trae certamente vantaggio – ma mirante alla valorizzazione del gruppo, della rete, dell'associazionismo, del volontariato per esaltare l'esperienza di vita comunitaria. Ho promosso il modello della competenza utilizzando tre metodi attivi dall'animazione culturale e strumenti tipici della ricerca azione ma anche della ricerca sociologica, conciliando l'osservazione partecipante inferita funzionale alla ricerca partecipata. Gli anectotal records con la tecnica di registrazione inferita funzionale e il diario di bordo mi hanno aiutato sul campo, specialmente nell'uso delle interviste semistrutturate e nelle attività di osservazione. La volontà è stata quella di privilegiare gli aspetti qualitativi, lasciando solamente al questionario gli aspetti generalizzanti. Risultati: il primo risultato è l'aver preso coscienza e aver orientato il mio lavoro verso la realizzazione di un'idea positiva dell'invecchiamento, la promozione della partecipazione degli anziani attraverso il volontariato come momento di costruzione di una cittadinanza attiva e solidale, contribuendo a realizzare una solidarietà intergenerazionale e nello stesso tempo a formare gruppi solidali e coesi all'interno dei quali promuovere il benessere e i diritti delle persone anziane. Dall'analisi dei dati raccolti è emersa una realtà di circoli differenziata in relazione alle attività svolte ma unita in relazione al telos: la persona. C'è anche modo di constatare come sia data così concretezza a quella forma di sussidiarietà orizzontale che dal 2001 vede un diretto coinvolgimento del privato sociale nelle attività dello stato. Ho individuato in ogni ULA una comunità di pratiche, oltre all'idea della sufficienza di se stessi, dove ogni socio dell'Auser ha consapevolezza del proprio ruolo nel gruppo e tende a valorizzare la propria ULA di riferimento, confrontandosi con quelle del Polesine in momenti particolari, condividendo forme di identità comune che lo portano a differenziarsi da altri gruppi, dalle altre ULA. Ho evidenziato una corretta azione mediatrice dei delegati provinciali, particolarmente del presidente provinciale, che, distribuendo gli incarichi di coordinamento e direzione, ha favorito un'intersoggettività che corregge eventuali comportamenti o atteggiamenti, negativi. In tali prospettive, infine, ho potuto riflettere sulla differenza tra i concetti di volontariato come tempo messo a disposizione e come volontà di chi si mette a disposizione per gli altri nella relazione, dove l'affermazione del sé non entra nell'operatività di una competenza professionale acquisita nel tempo lavorativo ma è arricchimento del rapporto tra individui. Ritengo che tale esperienza abbia portato dei benefici: mi ha permesso di acquisire competenze metodologiche di ricerca e di valorizzare i saperi degli altri, di approcciarmi alla realtà con una visione olistica e non analitica.

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