Il soccorso della vita umana in mare e il contrasto all'immigrazione clandestina di Roberta Brugaletta

Il soccorso della vita umana in mare e il contrasto all'immigrazione clandestina

Tipologia:

Tesi di Laurea di primo livello

Anno accademico:

2011/2012

Relatore:
Claudio Zanghì
Corso:

Scienze politiche e delle relazioni internazionali

Cattedra:

Diritto internazionale

Lingua:
Italiano
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
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Descrizione Il soccorso della vita umana in mare e il contrasto all'immigrazione clandestina

In questa sede si è cercato di delineare i tratti più salienti dell’evoluzione del diritto internazionale in tema di tutela della vita umana in mare e di immigrazione clandestina, e ciò che è emerso è la rilevante dicotomia di fronte alla quale gli Stati si trovano al giorno d’oggi. Chi scrive si pone una domanda, ossia quale possa essere il giusto compromesso tra l’ostacolare l’immigrazione, quale fenomeno legato principalmente all’aumento della delinquenza e della criminalità, e il soccorrere chi versa in stato di difficoltà in mare, tenendo conto che –come afferma il prof. Guido Camarda “nessuna interpretazione di alcuna parte della normativa può porsi in contrasto con la tutela dei diritti dei rifugiati e dei diritti umani in genere, nei limiti di quanto internazionalmente riconosciuto e di quanto fa parte dei principi dello stesso ordinamento comunitario”. Il seguente lavoro, quindi, si propone di chiarire gli aspetti di quella che appare essere una politica contrastante e allo stesso tempo contrastata dagli interessi che animano i singoli Stati, seguendo un excursus degli strumenti che a livello nazionale ed internazionale intervengono per regolare e disciplinare il tema dell’immigrazione e della tutela della vita umana in mare. Principalmente si è trattato dei vari strumenti internazionali, europei e nazionali: si è trattato, infatti, della Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (UNCLOS), definita quasi come una “carta costituzionale” per tutto il diritto del mare, “salvo gli altri accordi internazionali compatibili con la Convenzione stessa” (art. 311), la quale sancisce l’obbligo da parte degli Stati per i comandanti delle navi che battono la sua bandiera, di prestare assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare, nei limiti del possibile e senza che la nave, l’equipaggio ed i passeggeri corrano gravi rischi (art. 98). A sottolineare l’importanza della suddetta norma, intervengono altre Convenzioni sul piano internazionale, come la Salvage Convention del 1989, e la Convenzione SAR (Search and Rescue) del 1979, che si fonda sul principio della cooperazione internazionale e trova rispondenza negli articoli del codice della navigazione. Segue un ampio riferimento alla Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, che richiama i principi della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, ed indica gli obblighi e i doveri che ogni rifugiato ha nei confronti del Paese in cui si trova, e al contempo obbliga gli Stati a mettere in pratica quanto richiesto dalla Convenzione stessa, nei confronti di coloro che richiedono il riconoscimento dello status di rifugiati, senza discriminazione alcuna. Particolare interesse suscita l’art. 33 della Convenzione, il quale disciplina il principio del non-refoulement, disponendo il divieto per ogni Stato contraente di respingere un rifugiato verso le frontiere dei luoghi in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità o differenti opinioni politiche. Sono state analizzate le due principali leggi che hanno caratterizzato la normativa italiana sull'immigrazione nel corso degli anni novanta, la Legge Martelli e la Legge Turco-Napolitano che, regolando i flussi immigratori diretti nel nostro Paese ed introducendo i Centri di Permanenza Temporanea, sono confluite nel T. U. Delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, al fine di equilibrare le varie norme prodotte in materia e riorganizzare l’intera disciplina, successivamente modificato con l’introduzione della Legge Bossi-Fini, con il tentativo di definire la zona contigua al limite delle acque territoriali, nella quale le unità militari italiane potessero esercitare poteri di polizia, e garantire il riconoscimento dello status di rifugiato. è stato analizzato il rapporto speciale e al contempo complesso tra Italia e Libia, la cui cooperazione è stata resa possibile mediante la firma di protocolli d’intesa e del Trattato di Bengasi, relativamente alla chiusura dei contenziosi del passato, al partenariato e ad altri principi in tema di diritti umani. Tale rapporto rischia, però, di compromettere il nostro Paese sia nei confronti dell’Ue, che all’interno della stessa maggioranza sui cui si fonda il Governo, perché se la Libia persevera nella convinzione di non ratificare la Convenzione di Ginevra, l’Italia contravviene alla disciplina costituzionale che, all’art. 10, prevede espressamente di garantire il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche.

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