La condotta antisindacale: le vertenze Fiom c. Fiat di Alessio Samele

La condotta antisindacale: le vertenze Fiom c. Fiat

Tipologia:

Diploma di laurea

Anno accademico:

2012/2013

Relatore:
Roberta Bortone
Corso:

Scienze dell’Amministrazione

Cattedra:

diritto del lavoro

Lingua:
Italiano
Pagine:
34
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
888.03 Kb

Descrizione La condotta antisindacale: le vertenze Fiom c. Fiat

L’art. 28 della legge 300 del 20 maggio 1970 ha rappresentato una grande novità nel sistema di relazioni industriali del nostro paese, disponendo che di fronte ad un comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o a limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale, nonché del diritto di sciopero, gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse possono proporre ricorso al giudice del lavoro del tribunale del luogo ove è stato posto in essere il comportamento, per chiedere che quest'ultimo cessi e che i suoi effetti vengano rimossi. La norma ha allargato l’area dell’intervento giurisdizionale includendovi relazioni prima lasciate al rapporto di forza e il conflitto industriale viene riconosciuto nella sua dimensione collettiva. Il disposto dell’art. 28 st. Lav. Tutela "la libertà e l’attività sindacale, nonché il diritto di sciopero". Una simile espressione, mirata a sostegno dell’attività sindacale, richiama le norme inserite in costituzione in tema di conflitto industriale (gli artt. 39 e 40 cost. ) e anche le norme poste nella stessa legge 300/1970, in particolare l’art. 14. L’interesse tutelato dalla norma non è solo della libertà sindacale, bensì quello alla libertà di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati. Si è parlato di plurioffensività del comportamento, nel senso che questo è idoneo ad incidere, nello stesso momento, sull'interesse individuale e sull’interesse collettivo, ambedue protetti, ancorché da norme differenti; nulla esclude, quindi, che il sindacato agisca autonomamente per la difesa di quest’ultimo (lanfranchi 1971; persiani 2005). Legittimato alla proposizione dell'azione è il sindacato. Il legislatore precisa che questa legittimazione è offerta agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali; ne sono esclusi, pertanto, da un lato i singoli lavoratori e, dall'altro, tutte quelle forme di organizzazione della tutela dei lavoratori che non abbiano una “rappresentatività” nazionale.   La corte costituzionale con la sentenza 6 marzo 1974, n. 54, ha affrontato il problema dell'esclusione dei singoli lavoratori dalla legittimazione attiva, apparsa in contrasto con l'art. 24 cost. Che garantisce a tutti cittadini di agire in giudizio a tutela delle proprie posizioni giuridiche attive. L'art. 28, ha ribadito la corte, non si sostituisce, ma si aggiunge agli ordinari strumenti processuali; ogni singolo lavoratore, se anche la sua posizione individuale sia lesa dal comportamento dell'imprenditore, può ricorrere ad essi. Per lo stesso motivo è apparsa infondata l'altra eccezione sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 39 della costituzione. Lo scopo di questo elaborato è descrivere il contenzioso giudiziario, in tema di condotta antisindacale, degli ultimi due anni, che ha visto contrapposti la Fiat alla Fiom. Si inizia analizzando le due azioni legali che la Fiom nazionale ha intentato nei confronti del gruppo Fiat. Nella prima i fatti vengono ricondotti al 6 luglio 2011, quando Fiat Group Automobiles spa (FGA) e Fim, Uilm, Fismic, Ugl hanno sottoscritto un accordo nel quale veniva stabilita la cigs per tutti i 4367 lavoratori di Pomigliano e la loro riallocazione presso Fabbrica Italia Pomigliano (FIP) non in base all’art. 2112 cod. Civ, bensì all’accordo del 29 dicembre 2010. Nella seconda, il sindacato chiede l’antisindacalità della condotta Fiat e di condannare l’esclusione di Fiom dai diritti sindacali presso lo stabilimento di Pomigliano. Il giudice di torino ha respinto la prima domanda ed accolto la seconda. Con appello del marzo 2012 presso il tribunale di Roma, la Fiom nazionale si domanda perché degli assunti fino a quel momento nessuno sia iscritto al suo sindacato. Con ordinanza la corte dichiara la natura discriminatoria collettiva e ordina a FIP di assumere i 145 lavoratori esclusi. Nell’anno 2010 vi sono stati licenziamenti per motivi disciplinari che hanno colpito i rappresentanti Fiom a distanza di un mese dal primo accordo di Pomigliano (15 giugno 2010 mentre mirafiori è del 23 dicembre 2010). L’uscita di Fiat da Federmeccanica (firmataria dell’accordo interconfederale che istituiva le Rsu), la disdetta di tutti gli accordi previgenti e il ritorno all’istituto delle Rsa (art. 19 st. Lav. ), hanno reso impossibile creare la rappresentanza di Fiom all’interno degli stabilimenti Fiat. Nei ricorsi ex art. 28 st. Lav, le Fiom dei diversi territori hanno sostenuto di essere firmatari di accordi applicati e dall’altro proposto una lettura “costituzionalmente orientata” della norma statutaria. infine, nell’ultima parte di questo lavoro, i ricorsi presentati da Fiom contro la decisione di Fiat di non ritenere possibile che i lavoratori finanzino il proprio sindacato attraverso lo strumento delle “deleghe sindacali”, confidando sul fatto che la Fiom non avesse firmato il contratto collettivo di settore del 13 dicembre 2011.

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