Storia di Elisabetta

La voce di una giovane donna sindaco che racconta la propria vicenda privata e pubblica di determinazione di fronte a un nemico invisibile: la mafia. La sociologa Renate Siebert ha raccolto la testimonianza di Elisabetta Carullo, eletta sindaco nel 1994 a Stefanaconi, un piccolo comune dell'entroterra calabrese in provincia di Vibo Valentia, e del coraggio dei singoli e delle comunità nel far fronte alle minacce e ai tentativi di sopruso.Stefenaconi è un piccolo comune dell'entroterra calabrese, vicino a Vibo Valentia. All'inizio degli anni novanta il Consiglio viene sciolto per informazioni mafiose e la giunta successiva cade ancor prima di cominciare ad amministrare, causa l'""ineleggibilità"" del sindaco al cui attivo figura una condanna per truffa. Nel 1994, dopo una condanna elettorale segnata da attentati e intimidazioni, è eletta primo cittadino Elisabetta Carullo, una donna di ventisette anni a capo di una lista di giovani indipendenti di sinistra. Con un voto coraggioso e quasi plebiscitario, la popolazione volta pagina e dice no alla mafia, sì alla civile convivenza.È questa una storia grande che comincia per gioco e il cui segno profondo è proprio il continuo intrecciarsi del piccolo con il grande mondo: un gruppo di giovani vuole una vita nuova e dichiara guerra al potere delle antiche cosche; una donna denuncia le proprie fragilità ma, testarda e forte del suo desiderio, occupa lo spazio lasciato vacante dai partiti; quella politica attenta alla persona e all'esistenza quotidiana riesce a realizzare grandi progetti fino al quel momento utopici; sentimenti ed emozioni-esultanza e dolore, entusiasmo e delusione, audacia e paura, orgoglio e umiliazione-nel momento in cui vengono riconosciuti in una forma di vita completamente nuova, in cui la rete di relazione non è più mafiosa ma si articola in scambio vitale di esperienza,conoscenza, voglia di fare: un guadagno per tutti un modello per l'intera nazione. Così con le armi di cui chiunque dispone, una giovane del sud ha condotto la sua lotta di amministratrice cercando di creare le condizioni necessarie per dar vita alla ""coscienza civile che nasce dalla voglia di reagire"". Per questo l'appassionato monologo-che ha radici di un dialogo tra due donne animate della stessa passione politica-non rimane confinato in una storia di lotta alla malavita organizzata, ma si trasforma in uno specchio che riflette l'argine del mondo.