Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo di Mario Calabresi edito da Mondadori

Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo

Editore:

Mondadori

Data di Pubblicazione:
5 maggio 2009
EAN:

9788804580447

ISBN:

8804580445

Pagine:
125
Formato:
brossura
Argomento:
Terrorismo, lotta armata
Disponibile anche in E-Book
Acquistabile con la

Descrizione Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo

È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". Quei due colpi di pistola però non cambiarono solo il corso degli eventi pubblici, ma sconvolsero radicalmente la vita di molti innocenti. La storia dell'omicidio Calabresi è anche la storia di chi è rimasto dopo la morte di un commissario che era anche un marito e un padre. E di tutti quelli che hanno continuato a vivere dopo aver perso la persona amata durante la violenta stagione del terrorismo. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. La storia della sua famiglia si intreccia così con quella di tanti altri (la figlia di Antonio Custra, di Luigi Marangoni o il figlio di Emilio Alessandrini) costretti all'improvviso ad affrontare, soli, una catastrofe privata, che deve appartenere a tutti noi.

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4 di 5 su 10 recensioni

Cos'è la dignità Di M. Maria Luisa-4 febbraio 2015

È sempre bello leggere libri in cui vengono raccontati fatti storici dell'Italia. Mario Calabresi fa proprio questo, raccontando la sua storia familiare che a sua volta gli è stata raccontata da sua madre, perché lui all'epoca dei fatti era troppo piccolo per poter ricordare tutti gli eventi. Con una scrittura molto semplice, asciutta e senza retorica l'autore ci fa rivivere tutto ciò che avvenne in Italia nei primi anni Settanta, cercando di non rimanerne coinvolto emotivamente ma riuscendo, allo stesso tempo, a farci sentire parte della storia. Fa da sfondo una voglia di vivere e di riscattarsi socialmente che spinge a continuare a cercare giustizia senza mai perdere la dignità.

Intenso intimo raccontoDi L. Michele-12 maggio 2012

Questa lettura porta a porci domande su se stessi e su cosa si era compreso degli anni di piombo. La sofferenza totale dei parenti delle vittime era un aspetto quasi dimenticato del terrorismo. Quasi scontato, relegato all'attimo delle cerimonie luttuose. Ma la loro sofferenza non si cancella, mentre la pena dei terroristi sembra cessare con la scadenza della condanna; Da leggere. E poi è scritto alla perfezione.

Bellisimo libro per un tema terribileDi l. stefania-22 aprile 2012

Certi libri vanno assolutamente letti. Questo di Mario Calabresi è uno di questi. Con uno stile semplice e asciutto (tipico da giornalista) ma sempre con le emozioni a venare di umanità il tutto, Calabresi ci fa ripercorrere un periodo tristissimo e buio della nostra storia contemporanea che non si può e non si deve dimenticare e si capisce che alla fine di tutta questa "guerra inutile" non c'è stato nessun miglioramento e chi ha perso veramente sono state quelle persone che sono rimaste sull'asfalto solo perché avevano il torto di "servire lo stato" e tutti i loro parenti che spesso sono riusciti a trascinare la propria esistenza senza troppo rancore.

Da leggereDi D. Benedetta-2 settembre 2011

Assolutamente un libro da leggere, molto commovente, che ci riporta indietro al passato quando il terrorismo era il rpblema principale e che ha causato la morte di moltissime persone. Soprattutto, secondo me, è un libro che dovrebbero leggere i giovani per capire veramente che momenti brutti si passavano a quei tempi quindi consiglio la lettura di questo libro.

Spingendo la notte più in làDi L. Maria-26 luglio 2011

Questo libro va letto, se non altro per non dimenticare anni tristissimi della storia italiana. Gli anni di piombo non sono stati anni attraversati da grandi ideali, ma solo da grandi imbecilli che hanno lottato per false cause. Imbecilli che hanno segnato in modo irreparabile la vita di tante persone, cercando di colpire falsi nemici. Niente di più vero delle parole di Augias ai 'parenti delle vittime' (espressione semplicistica di riduzione di un dolore irriducibile) di quegli anni che qui trascrivo: ''Le cose stanno proprio come questa lettera dice. Passati alcuni anni in carcere, i brigatisti coinvolti allora in fatti di sangue tornano in libertà. Sui cedolini di rilascio credo ci sia scritto 'fine pensa'. La pena di coloro a cui è stato ucciso un marito o un fratello credo che che non sia mai finita e in ogni caso la sua fine non è certificabile con un timbro su un pezzo di carta. La disparità di trattamento tra chi uccise e chi venne ucciso è irreparabile, continua negli anni aggravata dal fatto che, chi allora uccise scrive memorie, viene intervistato dalla tv, partecipa a qualche film, occupa posti di responsabilità, mentre alla vedova di un appuntato nessuno va a chiedere come vive da allora senza marito, se ci sono figli che hanno avuto un'infanzia da orfani, se il tempo ha chiuso le ferite, il rimpianto, il dolore. Uccisi perché? Per il sogno di un gruppo di esaltati che giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere spiriti eletti, anime belle votate ad una nobile utopia senza rendersi conto che 'i veri figli del popolo', come li chiamava Pasolini, stavano dall'altra parte, erano i bersagli della loro stupida follia.

Un libro. Una vita. E noi, che non li meritiamoDi C. Roberto-15 aprile 2011

La sofferenza, le delusioni, la solitudine. La solitudine delle vittime del terrorismo. La loro solitudine che grava come colpa sulla nostra convivenza, sul nostro ruolo di società civile. La loro solitudine che, spesso e fortunatamente, non si trasforma in rancore, ma in vite stimabili e in racconti encomiabili. Come questo di Calabresi.