Lo spettatore addormentato di Ennio Flaiano edito da Adelphi
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Lo spettatore addormentato

Editore:

Adelphi

A cura di:
A. Longoni
Data di Pubblicazione:
13 ottobre 2010
EAN:

9788845925252

ISBN:

8845925250

Pagine:
267
Formato:
brossura
Argomenti:
Letteratura, storia e critica: letteratura teatrale e drammaturghi, Letteratura, storia e critica: studi generali
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione Lo spettatore addormentato

Chiunque si sia appisolato a teatro o durante un concerto - sostiene Flaiano sa bene che è nel passaggio dalla veglia al sonno che "la rappresentazione o la melodia o il dialogo si liberano da ogni scoria, diventano liquidi, celestiali": in quei brevi istanti, insomma, si ha "lo spettatore perfetto". In realtà, nella sua lunga attività di critico teatrale, Flaiano è stato uno spettatore tutt'altro che "addormentato": appassionato, semmai, vigile e sferzante. Come quando irride il repertorio blandamente ameno ed 'evasionista' dei primi anni Quaranta, denso "di buoni sentimenti, di gioia di vivere e di grossi stipendi", e così rispondente ai desideri del pubblico che - profetizza - "non è lontano il giorno in cui le commedie, all'Eliseo, sarà lo stesso pubblico a scriverle e a rappresentarle". E nel 1943, rievocando l'esaltazione di una vita "scioccamente borghese", scriverà veemente: "Amo Shakespeare, Calderón, Molière che hanno lasciato centinaia di opere tuttora vive ma ammiro quei loro spettatori che pretesero opere tanto perfette con il loro enorme e sapiente appetito". Il fatto è che in un Paese dove è lecito essere anticonformisti solo "nel modo giusto, approvato", Flaiano è riuscito a esserlo sino in fondo, caparbiamente, che recensisse la "Salomè" di Carmelo Bene, il "Marat-Sade" messo in scena da Peter Brook o "Ciao Rudy" di Garinei e Giovannini.

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Lo spettatore addormentatoDi S. Roberto-15 luglio 2011

E' un flaiano di luce e di ombra, ai suoi massimi livelli da prosatore. Accade con "Lo spettatore addormentato", volume nel quale convivono strette, legate, abbracciate la presenza materica dell'assito calcato e l'insorgenza esegetica del teatro narrato. Sipari ed inchiostro, abiti e carta, praticabili e parola sono offerti da una messa-in-pagina che reca in dote il cromatismo broccato, la consistenza del legno, il soffio prodotto dal gesto d'attore. Due fasi, due stagioni, due momenti. Centoquarantaquattro articoli. Scritti a mente nel buio d'una poltrona di sala. Il pescarese, infatti, capovolge il binocolo madreperlaceo in dotazione al buon borghese in platea e, disubbidiente, coglie l'ombratile, il rimosso, il minuto per farne spettacolo. Mai interpreta il ruolo del saccente esegeta, infastidito e tediato per contratto dovuto: cronista per retina, mestierante egli stesso, impone per verbo un senso ulteriore a quel che è veduto. Pirandellianamente: un "critico fantastico". Il che non esclude pagine amare. Ammicchi furbeschi, cadenze manierate, movenze innaturali sono denunciate come emblemi drammatici d'una stagione da nera tragedia; figure fasulle e voci svampite, "assettatuzze e freddine", stridono alte in cacofonie mal sopportabili; impalcature rette a menzogna e gemme d'opaca natura sono elencate in riporto come trovarobato d'accatto. In tal caso la sua è critica scenica dal furore morale. Più frequente è, tuttavia, la fascinazione subita.

Memoria fantastica d'uno scrittore a teatroDi T. Alessandro-16 settembre 2010

Rendere luce a parole ingiallite, dimenticate o espulse dalle “raccolte complete” illumina ad un tempo ciò che è veduto ed il soggetto che vede. Potremmo dire: con una candela una doppia visione. Finalità è dunque recuperare la carta per ritornare al teatro, ivi sedersi, fare silenzio e prestare attenzione: testi d’autore e gigantismo di scena, interpretazioni registiche e voci attoriali possono essere scorte da questo posto diverso, liminare ed altro che è la cronaca scritta da un narratore in funzione di critico. Accade con Ennio Flaiano. Accade con "Lo spettatore addormentato", volume nel quale convivono strette, legate, abbracciate la presenza materica dell’assito calcato e l’insorgenza esegetica del teatro narrato. Sipari ed inchiostro, abiti e carta, praticabili e parola sono offerti da una messa-in-pagina che reca in dote il cromatismo broccato, la consistenza del legno, il soffio prodotto dal gesto d’attore. Due fasi, due stagioni, due momenti. Centoquarantaquattro articoli. Scritti a mente nel buio d’una poltrona di sala. Il pescarese, infatti, capovolge il binocolo madreperlaceo in dotazione al buon borghese in platea e, disubbidiente, coglie l’ombratile, il rimosso, il minuto per farne spettacolo. Mai interpreta il ruolo del saccente esegeta, infastidito e tediato per contratto dovuto: cronista per retina, mestierante egli stesso, impone per verbo un senso ulteriore a quel che è veduto. Pirandellianamente: un “critico fantastico”. Il che non esclude pagine amare. Ammicchi furbeschi, cadenze manierate, movenze innaturali sono denunciate come emblemi drammatici d’una stagione da nera tragedia; figure fasulle e voci svampite, “assettatuzze e freddine”, stridono alte in cacofonie mal sopportabili; impalcature rette a menzogna e gemme d’opaca natura sono elencate in riporto come trovarobato d’accatto. In tal caso la sua è critica scenica dal furore morale. Più frequente è, tuttavia, la fascinazione subita. Si leggano i titoli degli spettacoli incontrati, i nomi degli attori ammirati, i testi riscoperti ancor vivi. Si immagini. Cechov e Goldoni, Brecht e Pirandello, Sartre e Samuel Beckett. Ancora: Gassman e Squarzina, Visconti e Peter Weiss, Carmelo Bene e Jean Genet. Assiste Flaiano. Assiste alla vocazione esemplare ed al diritto all’errore, al vaccino de- miurgico ed al contagio di peste, alle luminarie di sala ed al fuoco in cantina. Assiste e comprende che la macchina che ripropone ciarpame può battezzare le ombre, incarnare le voci, evocare le assenze. Può tramutare un evento in avvento. Va dunque letto, fatto caro, serbato questo diario d’un “non addetto ai lavori”, straniero mal visto al “teatro teatrale” eppure cronista prezioso di “spettacoli inevitabilmente avvenuti”, neofita attento di un’iniziazione, ora grottesca ora epica e dolce, che tocca un uomo ma che riguarda un paese.