La speranza mi ha tenuto in vita di Ruth Elias edito da Giunti Editore

La speranza mi ha tenuto in vita

Collana:
Astrea
Traduttore:
Margara M.
Data di Pubblicazione:
22 dicembre 1998
EAN:

9788809203433

ISBN:

8809203437

Pagine:
288
Argomenti:
Autobiografie generali, Olocausto
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Descrizione La speranza mi ha tenuto in vita

In Cecoslovacchia, nel 1939, inizia per una giovane ebrea la via del dolore e della paura: deportata prima nel ghetto di Theresienstadt e poi nei lager di Auschwitz e Taucha, Ruth subisce la persecuzione nazista fino al 1945, quando gli Alleati la liberano miracolosamente viva, insieme a pochi compagni di sventura. Emigrata in Israele, dopo molti anni trova la forza di testimoniare contro il genocidio: la sua memoria implacabile scava nei dettagli degradanti della vita quotidiana, ma riesce a illuminarli con l'ingegnosità e il coraggio, la solidarietà e la fantasia che i prigionieri dei campi conservano con ogni mezzo.

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3 di 5 su 1 recensione

TestimoniareDi t. raniero-28 luglio 2010

Anche Ruth Elias decide di dar forma ai suoi ricordi, affidandoli a un libro, molto tempo dopo le sue esperienze che la portarono, durante gli anni terribili della seconda guerra mondiale, prima a Theresienstadt, poi a Auschwitz, ed infine, sopravvissuta, in Israele. Prima di emigrare l'autrice fece ritorno a casa, in Cecoslovacchia, con la speranza di ritrovare vivi alcuni componenti della sua famiglia, ma, nonostante le sue ricerche, risultò chiaro ben presto che tutti i suoi familiari erano stati vittime della brutalità nazista. Per troppo tempo Elias Ruth è stata in silenzio, convinta che il proprio passato doloroso non dovesse assolutamente macchiare o contaminare la serenità della famiglia che si era costruita dopo la tragedia del genocidio; convinta che sarebbe stato difficile, se non impossibile comunicare ad altri le realtà spaventose che aveva vissuto prima a Theresienstadt e poi ad Auschwitz. Non che non ci avesse provato, ma la freddezza o indifferenza dei suoi interlocutori, per sua stessa ammissione, l'avevano ben presto dissuasa dal continuare le sue confessioni. C'erano anche le ferite dell'anima, ancora fresche, e ricordare portava alla luce sofferenze che avrebbe volentieri rimosse. Così, ha cercato di guardare sempre avanti, senza voltarsi indietro, perchè se lo faceva, immancabilmente ritornava nel LAGER, un incubo che periodicamente le stringeva l'anima; ma, a distanza di tanti anni, nasce l'esigenza di alleviare il peso del proprio passato e di ravvivare, attraverso la propria testimonianza scritta, il ricordo della persecuzione degli ebrei durante il nazismo, affinchè questa non resti solo una generica formula storica astratta, perchè sia tangibile, con la forza del racconto, l'orrore di tale persecuzione. Questo libro presenta le vicende di Elias Ruth in un quadro temporale ben conchiuso. V'è, dapprima, la descrizione della giovinezza dell'autrice in Moravia, regione della Cecoslovacchia, che riflette un periodo sostanzialmente felice. Poi, con l'avanzata del nazismo, sono descritte le peripezie della famiglia dell'autrice, che per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi, preferisce darsi alla clandestinità nel paesino di Posorchitz. Anche tale periodo risulta essere non particolarmente traumatico (ricordiamo che Ruth è un'adolescente, aperta alla speranza del futuro e soprattutto a sentimenti forti quali l'amore e l'amicizia). La tappa successiva è rappresentata dalla fine della clandestinità, con la Gestapo che obbliga Ruth e la sua famiglia ad essere tradotti a Theresienstadt (siamo nell'aprile del 1942). Dopo circa due anni, Ruth viene trasferita ad Auschwitz, dove per una serie di circostanze favorevoli, guidata dal suo istinto per la sopravvivenza, riuscirà a passare indenne fra gli orrori del Lager. Infine, il suo calvario, dopo essere stata inviata a Taucha, lager/campo di lavoro tedesco, avrà termine con la liberazione nel 1945, quando l'avanzata degli Alleati getta scompiglio nelle file delle SS, costringendole alla fuga precipitosa. Alla gioia della liberazione segue il ritorno in patria con la ricerca spasmodica dei propri cari sopravvissuti. Qui, Ruth, fortunatamente, conoscerà l'amore di Kurt, con cui si sposerà, ma drammaticamente verificherà quanto sia difficile per gli ebrei scampati reinserirsi in un mondo che ormai non esiste più, in un mondo ove scopre che quasi tutti i suoi familiari sono morti, probabilmente vittime delle camere a gas. I capitoli dedicati a Theresienstadt e ad Auschwitz, sono, a mio parere, evocati quasi con distacco, sebbene la narrazione sia colma di fatti raccapriccianti e "orribili a dirsi". La causa di ciò deve ricercarsi, forse, nell'eccessiva distanza temporale tra l'oggetto narrato e il presente dell'autrice (che ormai ha quasi privato i suoi ricordi del loro potere emozionale ed aggressivo), e in una narrazione uniforme e abbastanza noiosa che si stende monotona sull'intero libro. Con questo non voglio assolutamente mettere in discussione l'alto valore testimoniale che questi testi rappresentano per le generazioni che fortunatamente non hanno vissuto "Auschwitz". Infatti, la stessa Elias Ruth dice, nelle primissime pagine: "Cari nipoti, anche voi potrete comprendere quanto ho scritto soltanto quando sarete finalmente adulti. Conoscerete allora la nostra vicenda sentendone parlare a scuola, nei libri o nei film, e tutto ciò per voi sarà ormai parte della Storia. Quando sentirete parlare della "persecuzione degli ebrei durante il periodo nazista", pensate a nonno Kurt e alla nonna Ruth...che hanno vissuto quell'inferno, e a tutti coloro che, malgrado i nazisti, sono riusciti a sopravvivere per raccontare alle generazioni successive la verità sugli orrori sperimentati".