Il silenzio di Lenth di Luca Centi edito da Piemme

Il silenzio di Lenth

Editore:

Piemme

Collana:
Freeway
Data di Pubblicazione:
28 Aprile 2009
EAN:

9788838474309

ISBN:

8838474303

Pagine:
430
Formato:
rilegato
Argomento:
Fantasy e realismo magico (bambini e ragazzi)
Età consigliata:
14 anni
18 app bonus cultura per i nati nel 2005libro acquistabile con carta del docente
Acquistabile con il Bonus 18app o la Carta del docente

Trama Il silenzio di Lenth

Sono passate ore da quando Hertha del clan Fyerno e Kaas, il Sommo Sacerdote di Lenth, hanno intrapreso quel sentiero scosceso. La fatica li ha quasi sopraffatti; non possono permettersi di restare in quel luogo, quello è l'Esterno, abitato da creature malefiche contro cui i loro incantesimi non possono nulla. Sulla via del ritorno, però, hanno sentito in lontananza il pianto di un neonato e sono accorsi a salvarlo. Per Hertha, che fin da giovane non ha dimostrato di possedere le doti per diventare mago, il segno sulla fronte del piccolo non è che una macchia scura, ma Kaas lo ha subito riconosciuto: quello è un frigie, un simbolo magico, e il neonato è l'Eletto, l'incarnazione di Kexan, il dio che lui e la sua gente hanno temuto e odiato, e che pensavano sconfitto per sempre. Dopo aver fatto ritorno al villaggio, il Sommo Sacerdote mostra il fanciullo ai dieci del Consiglio Dominante e tutti si mostrano sconcertati e impauriti. Il bambino-dio deve essere eliminato. Ma grazie a uno stratagemma Kaas riesce a mantenere in vita il piccolo, a cui ha dato il nome Windaw. Una visione notturna, infatti, gli ha mostrato l'imminente invasione delle loro terre per mano dei terribili stregoni di Tarass, che solo la forza divina dell'Eletto può fermare. Sarà lui a custodire la Pietra Alchemica che i malvagi stanno cercando e a riportare la pace e il silenzio nella verde Terra di Lenth.

Fuori catalogo - Non ordinabile
€ 20.00

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
2 di 5 su 2 recensioni

Forse mi sbaglio...Di S. Ely-12 Ottobre 2010

Purtroppo non posso dire di essere entusiasta di questo libro. Il punto di partenza era buono, le premesse ci potevano stare. Non sono riuscita a farmi coinvolgere dalla storia forse perché l'ambientazione é un pó piatta e in generale poco 'fantasy'(si, c'é magia eccetera ma non basta), forse perché le descrizioni scarseggiano o (a mio avviso) sono poco chiare e purtroppo neanche un poco di humour nei dialoghi e situazioni.

Davvero un buon inizio.Di S. Maria Vittoria-14 Agosto 2010

Partiamo con quello che, secondo me, è il principale punto di forza di questo romanzo: lo sforzarsi d’essere originale, e il riuscirci in maniera dignitosa. Intanto, il tema portante della storia (dichiarato dallo stesso autore): la fede. Devo ammettere che in un primo momento ho pensato che questo tema così ricco di potenzialità fosse stato trattato, dopo tutto, malamente: l’atmosfera piatta di cieca adorazione che domina nei villaggi delle tre principali divinità (Lethae Argenteo, Fenice Dorata e Nehnya Bronzeo) contribuiva a rendere piatta sia la storia che, di conseguenza, la lettura. In questa parte mi sono abbastanza annoiata. Tuttavia non ho voluto abbandonare la lettura: un autore giovane come Luca Centi merita delle chances. Per fortuna, il mio sforzo è stato ripagato poco dopo: quando, cioè, entra in scena la controparte dei “maghi”, ovvero la realtà controversa e affascinante degli “stregoni” (compresa la sottile distinzione tra quest’ultimi e i cosìddetti “strekoi”). E’ solo dal confronto-scontro con la controparte stregonesca che l’elemento dei maghi con tutto il suo corollario trova la sua ragion d’essere all’interno di questo romanzo. Ma veniamo all’ambientazione: il mondo di Lenth. La geografia socio-politica di Lenth, con le sue contrapposizioni tra forze distinte tra loro e ben caratterizzate. Bisogna anche sottolineare, però, che non è che di questo mondo ci venga mostrato molto… in generale le descrizioni (dei paesaggi così come dell’aspetto dei personaggi) rimangono vaghe. Intreccio narrativo: anche questo è un punto di grande forza del romanzo. Dalla strutturazione dei capitoli e dei paragrafi emerge che l’autore ha fatto propri molti “strumenti del mestiere” ed ha saputo usarli, e soprattutto dosarli, con grande intelligenza. Beh, forse ad abbondare sono le chiusure “ad effetto” dei paragrafi, ma sinceramente non ho avuto mai l’impressione che stridessero col resto. Altro punto di forza è lo stile. Ma anche qui bisogna andare coi piedi di piombo: un conto è apprezzare uno stile scorrevole e “leggero”, quale è quello piacevolissimo di Luca; altro paio di maniche è il dover constatare che questa “leggerezza” finisce per rimbalzare dalla forma ai contenuti. La più grande pecca di questo romanzo, a parer mio, è proprio il suo mantenersi sempre in superficie: vaghe le descrizioni paesaggistiche (o comunque caratterizzate solo da quei dettagli proprio indispensabili), vaga (e in certi casi vaghissima) l’introspezione psicologica dei personaggi. Infatti, il protagonista, Windaw, risulta un protagonista “debole”, cioè meno ben caratterizzato rispetto, ad esempio, a quel personaggio davvero ben riuscito che è Crysta. Con questo non voglio dire che il protagonista sia totalmente mal riuscito: a suo modo riesce a risultare coerente e si finisce per affezionarsi a lui: il suo mantenersi spesso sul registro serio-turbato… i suoi disagi, le sue perplessità… sotto questo punto di vista il personaggio di Windaw non è malaccio e ha perfino il suo fascino. Ma cosa dire di Lea? Molto più riuscita Keira rispetto a lei, secondo me, che più avanti trova una sua ragion d'essere nel romanzo. Lea, invece, dà l’impressione d’essere il classico personaggio della ragazzina-romantica-e-problematica piazzato lì giusto per buttarlo tra le braccia di Windaw. Neanche Julah mi convince tanto: il suo ritratto di “cattiva” è troppo “netto”. Ma se la consideriamo anch’essa come semplice personaggio-pedina collocato in funzione della storia allora le troviamo una buona giustificazione d’esistenza. E i cattivi maschili? Diciamo che anch’essi sono senza lode nè infamia, eccezion fatta, se vogliamo, per Lord Diacon, che come cattivo sembra abbastanza credibile. Ben riuscite, tutto sommato, le due figure simmetriche di maestro: Kaas e il Guardiano. Nel loro piccolo si distinguono tra loro (si vede che l’autore ha pensato anche a questo ed è un bene: il rischio di farli scadere nel personaggio-tipo del maestro era forte) e svolgono bene il loro ruolo nella storia. E come dimenticare Scalth, il folletto? Devo ammettere che mi ha fatto storcere il naso da subito, ma poi anche questa mia impressione negativa, per fortuna, è stata smentita e perfino il folletto ha trovato la sua buona motivazione per esserci in questa storia. Posso concludere che, considerato anche e soprattutto il target dei lettori (Piemme Freeway è una collana tutta nuova indirizzata volutamente alla fascia young-adult), “Il silenzio di Lenth” esce con dignità dalla prova-lettura: è un romanzo consapevole dei propri limiti e per questo non alza troppo il tiro, correggendosi se abbisogna, e non ponendosi mete irraggiungibili.