Il serpente di bronzo. Scritti antesignani di critica sociale di Elémire Zolla edito da Marsilio
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Il serpente di bronzo. Scritti antesignani di critica sociale

Editore:

Marsilio

Collana:
Biblioteca
A cura di:
G. Marchianò
Data di Pubblicazione:
21 maggio 2015
EAN:

9788831721028

ISBN:

883172102X

Pagine:
541
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione Il serpente di bronzo. Scritti antesignani di critica sociale

"Eclissi dell'intellettuale", "Volgarità e dolore" e "Storia del fantasticare", i tre saggi di esacerbata critica sociale che negli anni Sessanta del Novecento fecero di Elémire Zolla l'autore più contestato dall'elite intellettuale progressista, mentre critici d'altra sponda riconoscevano nelle tesi al fiele esposte nella trilogia uno dei più saldi edifici morali eretti contro la dilagante massificazione, sono riuniti in un unico volume dal titolo biblicamente emblematico. Nel tratteggiare con argomenti stringenti e fittamente documentati l'eclissi del ruolo dell'intellettuale umanista con l'ascesa dell'industria culturale e dei media, e il conseguente abbassamento dei livelli di guardia sui guasti della massificazione, il non-senso programmatico, la volgarità dilagante e la resa alla fantasticheria nelle poetiche letterarie e artistiche degli ultimi tre secoli, l'atto di accusa zolliano, che suonò al tempo così intemperante, sembra oggi dar voce al bisogno di un pensiero forte, svincolato da strette ideologiche o estremismi di sorta, capace di indicare la via per convertire veleni ancestrali in farmaci che curano e arrecano salute.

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5 di 5 su 1 recensione

Un percorso epocale e non sopprimibile.Di c. matteo-18 giugno 2015

"Ci siamo allevati la serpe in seno", pare avesse esordito così il Kaiser, commentando le opere indecenti di Richard Strauss, già beniamino di corte. Di qui il nome in codice: Seine Majestt Hofbusenschlange. E chissà se a quella società civile italiana dell'engagement pre-ideologico dei tardi anni Cinquanta (e primi anni Sessanta), che gridò al tradimento all'apparire dell'introduzione di Zolla ai Mistici dell'Occidente per Garzanti, tornò alla mente il motto di spirito dell'imperatore. Chi "tra quei lettori attenti ma evidentemente vagamente miopi avrebbe potuto sospettare che il più brillante tra i giovani critici avrebbe di lì a poco voltato le spalle cedendo alle seduzioni dell'irrazionale" secondo le espressioni che si rincorsero nelle redazioni delle migliori riviste culturali del tempo? Sicuramente sarà riecheggiato il titolo emblematico del noto saggio di Julien Benda (La Trahison des Clercs, 1927), senza rendersi conto che i denunciatori stessi incarnavano l'essenza dell'accusa di Benda: la feroce condanna per il tradimento perpetrato dagli intellettuali di apparato inginocchiati alle dottrine funeste, o semplicemente compiacenti o inerti di fronte allo scorrazzare indisturbato delle camicie di volta in volta brune nere o rosse. Questo lo scenario incandescente in cui si situano gli scritti antesignani di critica sociale, oggi riuniti in questo testo a cura e con vibrante introduzione di Grazia Marchianò, cui si devono l'acribia e la passione di conoscenza di un'interpretazione finalmente smarcata dall'ovvio e dal preconcetto; cui si deve inoltre la cura dell'opera omnia di Zolla per i tipi della casa editrice Marsilio. Sono qui riuniti i primi saggi, apparsi allora ciascuno in un volume separato con i titoli "Eclissi dell'intellettuale", "Volgarità e Dolore", "Storia del fantasticare", che tanto clamore provocarono sulle terze pagine dei quotidiani e in libreria; ma anche critiche e polemiche e risposte piccate, senza dimenticare il moto di giubilo e di entusiastica adesione da parte dei più fini spiriti del tempo: Piovene e Montale. E appare entusiasmante e sbalorditivo seguire oggi il filo inflessibile di quella logica stingente e argomentativa che si disegna sulle pagine del giovane Zolla: quel "raccogliere i dati" e "disporli nell'ordine opportuno". Ancora più sbalorditivo è l'effetto alla luce della lettura che a noi è concessa dell'intera opera successiva di Zolla: una sequela di argomenti forti, scevri dall'asservimento alla parole d'ordine, apparentemente polemici o apocalittici, di fatto risolutori e ratificanti l'avvenuto fallimento delle riflessioni sociologiche francofortesi sull'uomo-massa, le derive dell'illuminismo nel Novecento colmo di sangue e rimozioni. Leggendo l'introduzione di Grazia Marchianò appare evidente e non controvertibile la comprensione della spinta che condusse sempre "oltre" il percorso di Zolla: da Francoforte alla Mistica; attraversando gli orienti del pensiero, sino alla filosofia perenne e alle uscite dal mondo. Ovvero: dove il sentiero appare interrotto perché gli strumenti critici non offrono più mezzi utili ad aprirsi una strada, il superamento avviene con una mossa del cavallo, uno scarto rispetto alla norma che evidentemente non poteva essere compreso dai contemporanei, dogmatici e integrati. Ed è evidente che non poteva essere compreso dallo stesso Adorno e dai suoi nipotini, contriti nella stretta osservanza al rito della dialettica negativa. Solo Horkheimer, dimenticandosi d'essere un ebreo assimilato e pertanto ricordandosi di essere ebreo, alla fine della sua vita aveva vagheggiato un totalmente altro, un ganz Andere, che però non prescindeva dalla visione dualistica da vecchio idealista marxiano e non marxista. In fondo Adorno ha compiuto, ovvero non ha compiuto, lo stesso percorso della dodecafonia: la fuga di Schoenberg nell'atonalità, con le sue Kompositionen mit 12 Tnen, è stata un alto grido di dolore e di protesta verso le accuse di degenerazione mosse dalle camicie brune, protesta che ha cessato di avere senso dopo il 1945, quando l'avversario capitolò nel suo bunker al suono delle dolcissime sinfonie di Bruckner. In fondo la dodecafonia del dopoguerra si è ridotta a mero esercizio seriale, settario e meccanico nonché autoreferenziale e pertanto antimusicale: un po' come le pagine e pagine e pagine sulla letteratura e ideologia dei nostri tardi anni Sessanta e Settanta redatte come musica a manovella dai nostri più impegnati nipotini di Benjamin e Marcuse; nonché da Marcuse stesso, cui non parve vero di trasformarsi da fanalino di coda della scuola di Francoforte a guru per masse con il semplice esercizio della Theorie und Praxis. E Adorno, sappiamo, ne morì di rabbia a Zermat nell'agosto del 1969. Ecco perché l'attraversamento di Francoforte verso la Mistica come norma dell'uomo resta epocale. E non sopprimibile.