Sempre meglio che lavorare. Il mestiere del giornalista di Michele Brambilla edito da Piemme
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Sempre meglio che lavorare. Il mestiere del giornalista

Editore:

Piemme

Data di Pubblicazione:
2008
EAN:

9788838488719

ISBN:

8838488711

Pagine:
218
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Descrizione Sempre meglio che lavorare. Il mestiere del giornalista

Alcuni dei peggiori lavativi del mondo sono giornalisti: dal genio incompreso allo specialista della pausa-caffè, dall'inviato specializzato nelle creste sulle note spese, al freelance sempre in viaggio verso mete esotiche per scoop immaginari, per non dire delle partite a poker in redazione e delle riunioni sindacali per decidere la partita di calcio fra scapoli e ammogliati. Attraverso aneddoti, episodi e curiosità, Brambilla guida il lettore nelle redazioni dei grandi quotidiani italiani per scoprire come si vive dietro le quinte del palcoscenico dell'informazione, fino a comporre un identikit divertente e irriverente del giornalista. Senza dimenticare, con un po' di nostalgia, i ritratti dei grandi personaggi del passato "visti da vicino", da Montanelli a Luca Goldoni, da Buzzati a Biagi, da Terzani alla Fallaci, e raccontando i vezzi dei protagonisti del presente, da Mieli a De Bortoli, da Belpietro a Feltri. Un racconto su come vive un giornalista e su come si vive nei giornali per sorridere di un mestieraccio, che però conserva un fascino ineguagliabile.

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2 di 5 su 2 recensioni

Sempre meglio che lavorareDi l. Maria-24 febbraio 2011

Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere qui un commento. Ho accolto questo libro, che mi è stato regalato, con divertimento ma anche con sufficienza. Invece si legge bene, mi è piaciuto, ma soprattutto mi ha confermato che tutte le cose (anche i libri) vanno affrontate con la giusta dose di umiltà e di buona predisposizione. Leggendolo ho trovato situazioni e personaggi che ben conosco, ma anche mi ha costretto a guardare dentro di me facendo riaffiorare alla memoria le mie esperienze e le mie scelte del passato - sbagliate o giuste - che mi hanno portato però a essere quello che sono oggi, non solo in campo professionale. Dimenticavo: è un libro sul giornalismo e il titolo è uno dei luoghi comuni che accompagnano questo mestiere.

Deludente e costosoDi L. Andrea-24 gennaio 2009

Un raccontino scialbo sulla vita redazionale, composto da capitoletti noiosi. Nel complesso mediocre: vuoto, piatto, stucchevole. Ingannano le prime pagine, in cui si ha veramente l'impressione che l'autore descriva il proprio mestiere. Ma subito ci si accorge che a Brambilla piace andare fuori tema in maniera esageratamente dispersiva. L'interesse del lettore si desta un attimo con le citazione di Montanelli e Biagi per poi ricadere in stato comatoso. Nulla di particolarmente interessante: agiografia barbosa dei vari direttori di giornale; lodi sperticate a chiunque si sia incontrato sul cammino; apologia della "mala" di un tempo (che riempiva la nera sì di ammazzamenti, ma fatti con classe e rispettando un "codice d'onore"). Patetico, poi, l'accostamento del giornalista ai redattori dei testi sacri, così come l'elogio di un bigottismo linguistico di altri tempi, confuso per rimpianta austerità morale. Ma due sono gli aspetti che mi hanno colpito negativamente: la concezione di fedeltà alla verità e l'imprescindibilità dal colore politico dell'editore. Riguardo la prima, l'autore espone la bizzarra idea che la verità non vada raccontata perché il fatto DEVE (se non altro per deontologia professionale) arrivare dritto e "sano" a chi legge, ma perché la pena, nel non farlo, è essere sbugiardati dai giornali "avversari . Ancor più sconcertante è l'idea di non poter godere di una piena indipendenza rispetto all'aderenza politica del "padrone". Che sia così nella realtà e che i giornali, in genere, si tengano fedeli al credo di chi caccia i soldi, è un conto; che DEBBA essere così, è un altro paio di maniche. Non per niente, Indro Montanelli (cui l'appellativo di "grande", che nel libro è regalato un po' a chiunque, va tutto), con la scesa in campo di Berlusconi - e alle prime avvisaglie di controllo dall'alto - lasciò Il Giornale. In sostanza, il libro è deludente e oltremodo costoso.