Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero di Giulio Ferroni edito da Laterza
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Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero

Editore:

Laterza

Collana:
Il nocciolo
Data di Pubblicazione:
15 aprile 2010
EAN:

9788842092650

ISBN:

8842092657

Pagine:
109
Formato:
brossura
Argomento:
Letteratura, storia e critica: studi generali
Disponibile anche in E-Book
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Descrizione Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero

Sottrarre anziché accumulare, ritrovare la passione e la bellezza dell'essenziale. Scrivere di meno, scrivere meglio. "Insieme ad una radicale ecologia dell'ambiente fisico abbiamo sempre più bisogno di un'ecologia della comunicazione, che agisca come ecologia della mente, che liberi le nostre menti dagli scarti infiniti che le tengono in ogni momento sotto assedio, con una variegata catena di manipolazioni a cui ben pochi arrivano a resistere. Ed è sempre più necessaria un'ecologia del libro e della letteratura, capace di operare distinzioni nell'immenso accumulo del materiale librario prodotto".

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2 di 5 su 2 recensioni

Scritture a perdereDi c. lello-26 settembre 2011

Non concordo fino in fondo col giudizio distruttivo del precedente recensore, anche se da Ferroni, storico della letteratura e critico letterario affermatosi negli anni Settanta, ci si aspetta che un suo saggio sulla letteratura "negli anni zero" sia una sorta dello stato delle cose sulle patrie lettere. In realtà, i primi due capitoli rientrano nell'ambito della lamentazione morale sui tempi presenti - genere che risale all'antica Roma e fiorì nel Medio Evo - focalizzata sulla tv spazzatura. Di qui la critica dell'età attuale si rivolge contro la maleducazione imperante, la sporcizia delle stazioni ferroviarie, le sparate integraliste sul caso Englaro, ecc. C'è aria di sermone, quando il critico si ricorda del suo campo e comincia a sparar bordate sui bestseller nostrani - il prodotto della dilatazione abnorme dell'industria editoriale. Ora può anche far piacere che qualcuno dica che Giordano e Mazzantini siano due bluff, Scarpa un corsaro e Baricco non meriti nemmeno di essere menzionato. Ma questo non è un approccio critico, bensì uno sfogo verbale. Come dimostra l'ingenerosa stroncatura di "Noi" per il quale si ripete il logoro stereotipo sul buonismo di Veltroni. Con queste premesse il canone proposto in alternativa può essere senz'altro una buona pista, ma resta a livello di una lista di buoni come contraltare a quella dei cattivi. Su alcuni nomi si può concordare, su altri meno: ma non è questo il punto. Ferroni non ha scritto una saggio critico, ma ha confessato il senso di disperazione di un critico nei confronti del tempo che abitiamo. Operazione legittima, ma che dovrebbe tradursi in qualcosa di più della "deprecatio". Qualche scampolo propositivo lo riceviamo alla fine: l'apologia dell'autofiction, la difesa del racconto contro la dittatura del romanzo, la teorizzazione dell'ibridazione dei generi, la rivendicazione della responsabilità come fine della letteratura futura. Su questo si può concordare. Ma Ferroni muove da premesse piuttosto sociologiche, anziché letterarie, del tipo "questa società fa schifo, dunque non può produrre che schifezze in tutti i campi". Ma la critica letteraria e la critica della società non sono due cose sovrapponibili. O comunque la metodologia dovrebbe essere un'altra. In fondo, basterebbe rileggersi "L'ideologia tedesca" di Marx per comprendere che la critica delle idee dominanti in una determinata società è più scientifica, meno moralistica e mai declamatoria.

Scritture a perdereDi B. ugo-8 ottobre 2010

In linea di principio, sono d'accordo con molte delle affermazioni che fa l'autore: ma dietro non vedo alcuna idea della letteratura. Non basta dire (a ragione) "Giorgio Falco sì e Tiziano Scarpa no" per impostare una teoria critica; ma è vero, come dice Ferroni la critica è evaporata. Il suo libello lo dimostra ad nauseam.