Scala a San Potito di Luigi Incoronato edito da Tullio Pironti

Scala a San Potito

Collana:
Le finestre
Data di Pubblicazione:
10 Aprile 2008
EAN:

9788879371988

ISBN:

8879371983

Pagine:
96
Formato:
brossura
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Trama Scala a San Potito

Luigi Incoronato in questo libro descrive con inimitabile potenza quell'umanità terribile e dolente che, perduta la casa e il pane sotto i bombardamenti, trovò rifugio sui pianerottoli della grande "Scala a San Potito". Nel terribile dopoguerra di Napoli la battaglia quotidiana contro difficoltà che oggi non sono neanche immaginabili.

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3 di 5 su 1 recensione

Romanzo di uno scorcio grande come il mondoDi T. Alessandro-25 Settembre 2010

È ricordanza di un microcosmo “Scale a San Potito”: memoria netta, scritta e messa in pagina d’una storia già avvenuta, che chi racconta rende a precisione. Nella prima pagina già l’ultima: «Non intendevo venire qui. Vi mancavo da alcuni mesi. Da quando il mio amico Govanni aveva finito di vivere non m’ero mai più sentito l’animo di rivedere le scale». Referto d’un destino che merita il narrare, va dunque letto come analisi del fallimento d’un amicizia (in cui l’onesto e il giusto è debole da non salvare chi scivola a reato)? Anche, se si vuole. Ma forse la nota più interessante del primo romanzo di Luigi Incoronato è la connotazione ambientale, in definizione accennata: le scale a San Potito sono un piccolo scorcio, parte minima d’un minimo vicolo, eppure. Eppure in esse s’agita la vita come fosse mezza Pietroburgo, come fosse tutta Pietroburgo. Quale discrasia tra la determinazione fisica del luogo e la sua attività vitale: «quattro cinque rampe di gradini bassi di pietra scura e l’aria di giugno a mezzanotte che stagna negli angoli bui: sul terzo o quarto pianerottolo una gran porta confusa lascia intravedere un buio polveroso, e forse una stanzaccia abbandonata. Una grossa catena pende a difesa, chiusa da un lucchetto arrugginito». In queste “quattro, cinque rampe” di una Napoli umida, lercia, fradicia vivono anziani separati ad accoglienza e bambini morti a polmonite, fanciulle cresciute troppo in fretta e giocatori che scommettono con niente, guardiani che son ladri in fuga e silenti che cercano la morte. Storie che son vite, vite che son pagine scritte a fallimento personale e impossibile riscatto di tutti quelli che son ultimi. Merita lettura, “Scale a San Potito”. Merita lettura per quanto, chi scriva, preferisca il’ultimo dello stesso autore: “Le pareti bianche”. E merita lettura nonostante la sua lingua sia piana, levigata semplice, senza mai un intarsio colto o un inciampo dialettale: testo del cinquantadue, in anticipo di cinque anni sul Gadda del Pasticciaccio, che fa comprendere all’Italia che legge, all’Italia che scrive, quanto la parola lingua vada coniugata al plurale.