Il sarto della stradalunga di Giuseppe Bonaviri edito da Sellerio Editore Palermo

Il sarto della stradalunga

Collana:
La memoria
Data di Pubblicazione:
23 Novembre 2006
EAN:

9788838921506

ISBN:

8838921504

Pagine:
173
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Trama Il sarto della stradalunga

È la storia di una modesta famiglia artigiana di Mineo, in provincia di Catania, narrata da tre componenti, il padre Pietro, cioè il sarto della stradalunga, sua sorella Pina, il figlio undicenne Peppi. La narrazione si articola in tre parti distinte che si intersecano e si contraddicono, completandosi a vicenda. Il libro riflette la condizione sociale di miseria secolare della Sicilia negli anni Cinquanta, ma lo fa in modo originale, lontano dagli schemi narrativi allora consueti. Mentre la spinta del neorealismo si andava esaurendo si intensificavano i tentativi di percorrere nuove strade, e certamente "l'esperimento"di Bonaviri era tra i più originali.

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4 di 5 su 5 recensioni

Un autore siciliano paragonabile a Verga Di L. Anna-26 Maggio 2012

E' un bellissimo romanzo neorealista siculo, a tratti commovente ma non sempliciotto, a volte anche divertente ma non divertente. Ciò che lo rende veramente sorprendente è l'impianto narrativo mescolato con la lingua italo-siciliana e la forma dei discorsi diretti. Se non fosse che sono restio alle esagerazioni, direi che si tratta di uno dei più grandi autori contemporanei.

Il sarto della stradalungaDi L. Giuseppe-26 Settembre 2011

Bonaviri non si smentisce mai e ci offre anche stavolta un affresco storico degno di un picasso, Il sarto della stradalunga è un diario di famiglia, costruito intorno alle figure emblematiche di Pietro, il padre, di Pina, la zia, e di Peppi, Giuseppe, ognuna delle quali si fa parte narrante, a integrazione del racconto. La figura di Mastro Pietro, il sarto, uomo che, per l'ambiente, è un letterato, sapendo leggere e scrivere, è il ritratto di una speranza delusa, di quel tentativo di uscire dal cerchio della miseria, lasciando la campagna per l'artigianato; intorno a lui ruota un piccolo mondo di diseredati, che gli si rivolgono per chiedere di scrivere lettere d'amore, con esiti anche ameni, ma è solo un momento di elevazione, perché poi la realtà di quello stomaco da saziare riprende il sopravvento e l'impossibilità di farlo in modo adeguato segna indelebilmente l'animo, rende l'uomo taciturno, spento, perché la speranza di un cambiamento è definitivamente tramontata. Non meno importante è la figura della zia Pina, zitella non per vocazione, ma per necessità economica, una donna rassegnata che ritrova la sua femminilità e quasi un senso di maternità nell'amore per i nipoti. Quanto a Peppi il tutto viene visto con gli occhi di un ragazzo, a cui troppo presto si chiede di essere uomo per contribuire al magro bilancio familiare. Intorno a questi personaggi chiave gira una piccola umanità, in preda a superstizioni, a ignoranza e a un'atavica fame. Nessuno è più importante degli altri e nessuno è importante se non nella misura della sua presenza con cui fornisce il contributo a darci un'idea di un mondo crudele, con i più poveri, uniti non solo dalla loro condizione, ma anche dalla solidarietà, da quell'amore per il prossimo ormai così raro a trovarsi. E le parole fluiscono incessanti, con un ritmo blando, una cronaca che si anima ogni tanto dai voli di fantasia di Pietro che per lui costituiscono l'unica evasione dalla realtà. Il linguaggio utilizzato è veramente encomiabile, perché l'autore riesce sapientemente a innestare nel quadro di desolazione umana le splendide immagini della natura del suo luogo natio, con tramonti, albe, campi di grano che scorrono davanti agli occhi increduli, ma soprattutto con un estro poetico di rara efficacia e che mi porta a concludere che questo più che un romanzo, è un poema, è il canto di uno che c'era e che riuscì a venirne via, oltrepassando quel confine che, tuttavia, per certi aspetti, vorrebbe ora ripassare per ritrovare quell'umanità di cui serba solo il ricordo.

Il sarto della stradalungaDi S. Roberto-15 Luglio 2011

E' uno spaccato incredibile delle contrade massarie siciliane di inizio secolo. Poco conta parli don Pietro Scirè, sarto della stradalunga, sua sorella Pina o il figlio Peppi. Poco importa perché il fulcro dell'opera di Bonaviri è l'essere copula mundi di ficiniana memoria: in lui il verso animale e la parola suprema, il gesto istintivo ed il fremito utopico, il passato remoto ed il futuro lontano. Lo si legga questo romanzo. Lo si legga per cogliere le risonanze paesane gravate d'accento ed il santo silenzio che libera i morti; per toccare i tabbuti di legno dannato e le vesti fanciulle profumate di festa; per sentire su pelle, nel cuore, nell'anima la rabbia tremante e lo stupore bambino

Il sarto, la sposa mancata e l'ultimo figlioDi T. Alessandro-16 Settembre 2010

Il dolce di latte “con la mandorla nel mezzo”, la broda di fave, il torrone di ceci. E l’atavica fame di un’arida terra. L’estate scoppia, il sole arido, le case forni. E la polvere pesa, che cosparge teste basse, schiene curve, case tozze. Il caffè dei Benserviti, salita San Francesco, le rocce di Santo Pòlito, il palazzo dei cavallacci. E quest’immenso tappeto di nerobuio e di stelle che fa sentire, chi l’osserva, “piccolo come un pulcino appena scovato”. C’è lo sterco ingiallito e la luna ondeggiante, “grande quanto l’America del Nord”, nel romanzo di Bonaviri. Ed, al centro, un uomo che è una donna che è un bambino che sarà un uomo. L’immediato e l’immenso convivono stretti, caldi e abbracciati, dandosi reciproca dignità. E così la carne villana dell’ultimo, piagata dal lavoro che vale miseria, può farsi “immobile e via via disperdersi” libera in un sogno, un ricordo, un’attesa. Poco conta parli don Pietro Scirè, sarto della stradalunga, sua sorella Pina o il figlio Peppi. Poco importa perché il fulcro dell’opera di Bonaviri è l’essere copula mundi di ficiniana memoria: in lui il verso animale e la parola suprema, il gesto istintivo ed il fremito utopico, il passato remoto ed il futuro lontano. Lo si legga questo romanzo. Lo si legga per cogliere le risonanze paesane gravate d’accento ed il santo silenzio che libera i morti; per toccare i tabbuti di legno dannato e le vesti fanciulle profumate di festa; per sentire su pelle, nel cuore, nell’anima la rabbia tremante e lo stupore bambino

Il ritratto di una civiltàDi M. Renzo-29 Maggio 2009

Il sarto della stradalunga è un diario di famiglia, costruito intorno alle figure emblematiche di Pietro, il padre, di Pina, la zia, e di Peppi, Giuseppe, ognuna delle quali si fa parte narrante, a integrazione del racconto. La figura di Mastro Pietro, il sarto, uomo che, per l'ambiente, è un letterato, sapendo leggere e scrivere, è il ritratto di una speranza delusa, di quel tentativo di uscire dal cerchio della miseria, lasciando la campagna per l'artigianato; intorno a lui ruota un piccolo mondo di diseredati, che gli si rivolgono per chiedere di scrivere lettere d'amore, con esiti anche ameni, ma è solo un momento di elevazione, perché poi la realtà di quello stomaco da saziare riprende il sopravvento e l'impossibilità di farlo in modo adeguato segna indelebilmente l'animo, rende l'uomo taciturno, spento, perché la speranza di un cambiamento è definitivamente tramontata. Non meno importante è la figura della zia Pina, zitella non per vocazione, ma per necessità economica, una donna rassegnata che ritrova la sua femminilità e quasi un senso di maternità nell'amore per i nipoti. Quanto a Peppi il tutto viene visto con gli occhi di un ragazzo, a cui troppo presto si chiede di essere uomo per contribuire al magro bilancio familiare. Intorno a questi personaggi chiave gira una piccola umanità, in preda a superstizioni, a ignoranza e a un'atavica fame. Nessuno è più importante degli altri e nessuno è importante se non nella misura della sua presenza con cui fornisce il contributo a darci un'idea di un mondo crudele, con i più poveri, uniti non solo dalla loro condizione, ma anche dalla solidarietà, da quell'amore per il prossimo ormai così raro a trovarsi. E le parole fluiscono incessanti, con un ritmo blando, una cronaca che si anima ogni tanto dai voli di fantasia di Pietro che per lui costituiscono l'unica evasione dalla realtà. Il linguaggio utilizzato è veramente encomiabile, perché l'autore riesce sapientemente a innestare nel quadro di desolazione umana le splendide immagini della natura del suo luogo natio, con tramonti, albe, campi di grano che scorrono davanti agli occhi increduli, ma soprattutto con un estro poetico di rara efficacia e che mi porta a concludere che questo più che un romanzo, è un poema, è il canto di uno che c'era e che riuscì a venirne via, oltrepassando quel confine che, tuttavia, per certi aspetti, vorrebbe ora ripassare per ritrovare quell'umanità di cui serba solo il ricordo. Il sarto della stradalunga è un romanzo bellissimo, uno di quelli da leggere e rileggere per scoprire ogni volta qualche cosa di nuovo.