Il relazionismo come paideia. L'orizzonte pedagogico del pensiero di Enzo Paci di Elena Madrussan edito da Centro Studi Erickson

Il relazionismo come paideia. L'orizzonte pedagogico del pensiero di Enzo Paci

Data di Pubblicazione:
8 giugno 2005
EAN:

9788879467742

ISBN:

8879467743

Pagine:
204
Formato:
brossura
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Descrizione Il relazionismo come paideia. L'orizzonte pedagogico del pensiero di Enzo Paci

Quando Enzo Paci, verso la metà del secolo scorso, elabora la propria prospettiva relazionistica, lo scopo del suo lavoro filosofico è sostanzialmente quello di rinnovare la tradizione fenomenologica nel quadro di una forte suggestione esistenzialista. Eppure, accompagnando questa fatica con una scrittura diaristica prevalentemente notturna e solo in minima parte restituita dal suo Diario fenomenologico, egli trova modo di svelare a se stesso l'orizzonte pedagogico del suo relazionismo. Così, a partire dal confronto tra opera pubblica e scrittura segreta, il volume tenta di ricostruire, con un forte ricorso agli inediti, le fonti relazionistiche della pedagogia fenomenologica.

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I preziosi diari fenomenologici di Enzo PaciDi l. graziella-6 luglio 2010

Ricercatrice e docente di Pedagogia generale all’Università di Torino, Elena Madrussan è anche autrice di un interessante libro su Enzo Paci, più interessante per la particolarità del genere di cui continua la rarefatta serie che per la qualità sua propria. Vi viene riletto, nelle sue implicazione pedagogiche, il “relazionismo” (prospettiva filosofica elaborata da Paci tra 1951 e 1957, ma che caratterizza tutta la successiva fase fenomenologica, dal 1958 all’anno di morte 1976). L’autrice dà sfoggio, sin dalle prime pagine, della sua frequentazione dell'ermetico Archivio Paci di Milano via Beato Angelico, e proprio in ciò sta la parte più interessante dello sforzo. Madrussan cita in abbondanza dai diari privati e inediti, la cui pubblica sponda è il Diario fenomenologico del 1961. Chi ha letto e conosciuto tale Diario in pubblico capirà la curiosità che può muovere un’operazione come quella della Madrussan, la quale ha se non altro il merito di garantire a nuovi lettori (che non possono conoscere l’opera di Paci se non facendo acquisti tra remainders e vecchie biblioteche, ché il catalogo è completamente fuor di stampa) la lettura di brani suggestivi e letterari – una bontà del discorso filosofico, quello di Paci, oggi neppure vagamente ricordato dalla cultura filosofica, accademica e non. La parte dolente del volume è costituita dall’imponente numero di imprecisioni, errori e ingenuità. Su tutte possiamo ricordarne qui qualcuna dal sapore più pungente. Prendiamo la citazione da Il nulla e il problema dell'uomo (1950, 19592, 19883) a pagina 75. Il lettore informato già lo saprà, ma per intenderci con tutti: Paci riscopre la fenomenologia e Husserl (l'Husserl riscoperto è quello per lo più inedito, letto a partire dalla Krisis der europaischen Wissenschaften) attorno alla metà degli anni 50. Nel 1959 viene pubblicata la ristampa de Il nulla e il problema dell'uomo; alcuni paragrafi sono rimossi perché "superati", mentre è aggiunto un capitolo finale intitolato "Tempo, esistenza e relazione", che segna non solo la preminenza, ancora nel 1959, del carattere relazionistico nella filosofia di Paci, ma anche conferma la vicinanza ai temi husserliani e fenomenologici in genere. Ma nel 1950, anno di prima stampa, la fenomenologia non era certo al centro dell’interesse di Paci. Husserl rimane, fino al 1955 almeno, uno tra i tanti personaggi della filosofia contemporanea, e per Paci non certo un protagonista. Così stupisce come Madrussan possa pensare che «Già nel 1950 Paci, alle prese con il problema dell'uomo, aveva le idee chiare: vedere, sentire e riflettere, intesi husserlianamente [sic!] quali modi di porsi del soggetto nei confronti dell'esistenza, attengono non già semplicemente all'atto percettivo, ma soprattutto alla tensione verso l'ulteriorità». Sarebbe banale pretendere dall'autrice la lettura dell'introduzione, se non quella lunga di A. Vigorelli alla tristampa del 1988 (che è poi quella presa dall’autrice come riferimento), almeno quella breve di Paci alla ristampa del 1959, poi fedelmente riportata in quella del 1988: lì si chiarisce che l'ultimo capitolo, dal quale Madrussan cita, è una aggiunta del 1959. Ma poniamo che la sbadata autrice possa anche saltarla, l'introduzione. Un titolo come "Tempo, esistenza e relazione" non le ha detto nulla? Questo pare il più grosso abbaglio nel marasma di informazioni contenute dal volume, sempre sorretto dal bel tono della Madrussan, orgoglioso e citazionistico. Un altro bell'inciampo, tanto per concludere, è quello riguardante la tesi di Paci, che è fatta discutere nel 1934 con Banfi relatore, ma a Pavia. Dati i pochi contributi allo studio di Paci mi sembrano, questi, particolari di non poco conto. Se consideriamo poi il privilegio (esclusivo?) concesso a Madrussan, quello di aver potuto lavorare nell'Archivio del filosofo, gli errori pesano ancor più. Insomma, così difficile verificare che Banfi insegnasse sin dal 1932 a Milano e non a Pavia? E che Paci passò da Pavia a Milano proprio nel 1932, abbandonando fisicamente - ma non intellettualmente - gli insegnamenti platonici di Adolfo Levi (che tornano tutti, per l'appunto, nella tesi Saggio sul significato filosofico del Parmenide nella filosofia di Platone) per abbracciare quelli banfiani (neo-kantiani, estetici, fenomenologici, etc)? In ogni caso, perdoneranno i lettori – che si sperano sempre molti – la superficialità di certi passaggi della ricerca, o almeno così ci auguriamo. Del resto, la manciata di frammenti dai Diari inediti sa ripagare di tutto, e di ciò ringraziamo.