Il peso dell'acqua

E' un libro che va scoperto e riscoperto: poco tempo fa l'ho riletto per la seconda volta e mi ha catturato con le sue atmosfere. L'ambientazione ti trascina in un luogo remoto e in un tempo lontano, isolati dal resto del mondo e pian, piano il germe della follia sembra crescere nell'ambito familiare, alimentato dalla crudeltà della natura selvaggia. In parallelo c'è la protagonista dei giorni nostri, che visita gli stessi luoghi e finirà anch'essa travolta dal peso... dell'acqua! Un libro che permette di riflettere sugli istinti degli esseri umani, quelli più cupi, ma anche quelli più belli, come l'istinto materno.

Attraverso la narrazione parallela di una storia contemporanea e una passata, Jane, protagonista che racconta in prima persona, crea un parallelo tra la sua vita e quella di Maren, una donna scandinava emigrata nel Maine alla fine del 1800. Le due storie si incrociano saltando dall’una all’altra anche nel giro di poche righe, facendo salire la tensione tra i rapporti sentimentali di Jane (che sospetta l’infedeltà del marito) e la narrazione della la tragedia di due donne massacrate da un assassino mai scoperto. Jane, inviata dal suo giornale a scattare le foto sul luogo del delitto, percorre la vita di Maren attraverso il suo diario e le sue confessioni, scoperte nella biblioteca locale, e gli atti del processo, che accusarono un innocente. I sentimenti delle protagoniste, tanto lontane nel tempo, sembrano correre in parallelo in un crescendo che porterà alla tragedia per entrambe. Il diario di Maren è piuttosto prolisso anche se rappresenta in tinte fosche la condizione della donna in quel periodo, il cui unico scopo è quello di diventare una brava moglie. Forse per colpa degli entusiastici commenti in copertina, ho trovato il romanzo poco appassionante, e scorrevole solo a partire dalla seconda metà del libro.