Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana
- Editore:
SugarCo
- Data di Pubblicazione:
- 10 maggio 2006
- EAN:
9788871985121
- ISBN:
8871985125
- Pagine:
- 688
- Formato:
- brossura
Descrizione Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana
"Pensare la storia" (1992), "La sfida della fede" (1993), "Le cose della vita" (1995): sono i titoli dei tre volumi che hanno raccolto quanto Vittorio Messori pubblicò in "Vivaio". Questa rubrica, ospitata dal quotidiano Avvenire e divenuta presto popolare, ha destato entusiasmo tra i cattolici e indignazione in certo mondo sia laico che, talvolta, clericale. In effetti, Messori era "politicamente scorretto" riflettendo sulla realtà di ieri e di oggi alla ricerca della verità, al di là dei miti, e riproponendo una prospettiva cattolica fedele all'ortodossia. Una prospettiva distante da quella della cultura egemone, con le sue ipocrisie, manipolazioni, superficialità; ma lontana pure da quella di un cattolicesimo "modernista".
Recensioni degli utenti
Profondamente innovativo-26 dicembre 2010
La storia viene scritta da vincitori, ciò comporta una visione parziale, unilaterale e spesso deformata degli eventi storici; quale colonizzazione è stata più distruttiva, quella inglese o quella spagnola, il comunismo è stato davvero ben poca cosa di fronte alla tirannia nazista? Luoghi comuni, stereotipi e acquisizioni psicologiche si sono cristallizzate nel tempo lasciando spesso una visione distorta della storia. Ma la realtà è ben diversa dal senso comune molto più in profondità e l'autore in questo libro riesce con successo e con maestria a sfatare molti miti della storiografia e della cultura dominante; Un libro da leggere assolutamente per avere una visione alternativa più chiara e completa che tutti coloro che non sono affetti da pregiudizi contro determinate correnti di pensiero in quanto tali, troveranno sicuramente interessantissimo e illuminante, un libro utile anche per chi è allineato col pensiero dominante per confrontarsi e arricchirsi culturalmente, un contributo fondamentale al pluralismo culturale in una scena dominata dalla monotonia di visioni consolidate
Pensare la storia-5 ottobre 2010
Pur tenendo conto che si tratta di pezzi giornalistici e non di articoli scientifici, debbo dire che la lettura di questa silloge, che mi ha tolto per un pezzo ogni desiderio di leggere altri libri di Messori, m'induce a credere che le qualità di apologeta per cui egli è diventato celebre e osannato si basino più su buone capacità di usare gli strumenti retorici, che sull'abilità nel confutare con metodo e serietà documentaria le tesi che di volta in volta contrasta. L'intento di Messori non è né peregrino né fuori luogo: egli vuole sfatare pregiudizi e leggende nere anticattolici; beninteso, questo è un lavoro da storico: ma lo storico, al contrario dell'apologeta, si ferma quando non trova più evidenze a favore della propria contro-tesi, o ne trova a favore della tesi che vorrebbe confutare. A volte, poi, il giuoco gli prende la mano: ecco allora che passa comodamente come uno schiacciasassi su acquisizioni antropologiche, psicologiche o sociologiche solo perché fanno ombra alle sue idee religiose; d'altronde, ha facile presa sul lettore ed è anche difficile controargomentare puntualmente ai suoi ragionamenti in quanto, scrivendo appunto da corsivista e non da storico, attribuisce genericamente le posizioni contrarie alle sue ad anticlericali, scienziati o studiosi non meglio precisati, costringendo così il "laicista cattivo" a sudare sette camicie se gli vuole rispondere. Segnalo infine un altro vezzo di Messori: quello di portare a conforto dei propri assunti citazioni - stavolta sì esplicite - di studiosi di area non cattolica, per esempio di Popper contro Marx e Freud; ovviamente, nel far ciò si guarda bene non solo dal contestualizzare la citazione (e così magari, come fa un altro corsivista cattolico, Rino Cammilleri, uno fa diventare filoinquisitoriale perfino Adriano Prosperi), ma anche, spesso, dall'usare un'auctoritas che sia valida allo scopo: in questa maniera, Messori potrebbe dimostrare altrettanto bene che Proust è una specie di Liala francese, semplicemente citando il famigerato parere di Gide a Gallimard, secondo cui nella Recherche c'erano "troppe duchesse".