Come non piangenti

Racconta ferite, errori e orrori della contemporaneità Cristina Alziati, poetessa milanese dalla straordinaria capacità lirica che in Come non piangenti ci accompagna in una guida al senso della vita. Giudicata dai critici italiani fuori dalle possibili categorie del visibile e del non visibile che accompagnano di solito la poesia, la Alziati descrive esperienze terribili, come le malattie o un tumore con estrema lucidità. E non è compito facile per un poeta o uno scrittore abbandonarsi a tali temi, senza cadere nella compassione o nel pietismo perché un tumore induce normalmente alla sofferenza e a reazioni strane in chi le vive da fuori, come semplice notizia appresa. Per la Alziati però la malattia va oltre questi meri confini e la affronta nei suoi versi con potenza, con coraggio e con voglia di vivere, raccontando la verità e a volta anche le brutture che essa comporta, svelandone però gli incredibili risvolti umani. I sofferenti, i negati dalla società e dagli altri, sono per la poetessa pane quotidiano, a cui si rapporta con coraggio politico. Per parlare dei romeni che vivono a Tor di Quinto si lascia accompagnare dalle parole di un comunicato nazista che preludeva il terribile evento delle fosse ardeatine. Alludendo così a un paragone tra le due condizioni e ghettizzazioni, la letterata parla di razzismo in modo estremamente preciso e netto. Il suo sguardo però è vasto e si spinge in tutta la nostra Italia, dalle Dolomiti alla Sicilia, attraversandola in modo acuto e implacabile, sebbene indotto da una strana dolcezza e malinconia. Il titolo di questa raccolta di poesia viene da delle bellissime parole di Paolo Tarso e ci lascia intravedere il senso di quello che è vita e arte per la Alziati perché tutto quello che ci resta da fare è superare il dolore, attraversarlo con fierezza e poi relativizzarlo. Dobbiamo credere che non ci sia nulla di invalicabile e Come non piangenti ce lo lascia sperare, con assoluto senso di necessità.