Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento di Luciano Bianciardi edito da Stampa Alternativa

Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento

Collana:
Eretica
Data di Pubblicazione:
16 giugno 2008
EAN:

9788862220545

ISBN:

8862220545

Pagine:
93
Formato:
brossura
Argomento:
Cultura e società
Acquistabile con la

Descrizione Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento

Ci sono due modi di leggere questo libro: considerarlo un vero e proprio manuale ad uso di chi voglia aggirarsi nel mondo della cultura e almeno salvaguardare la sua sicurezza personale, oppure leggerlo godendosi la prosa rotonda di Luciano Bianciardi, la sua cultura, il suo sarcasmo, la sua irriverenza, la sua tristezza travestita da ironia. Apparve nel 1967 in sei puntate su "ABC", il settimanale in bianco e nero che molti ancora ricordano come un giornale fiancheggiatore di tante campagne civili, e che ospitava grandi scrittori italiani, su temi di attualità, regolarmente disattesi, allora come oggi, dalle testate maggiori.

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3 di 5 su 1 recensione

Lezioni grottesce che spiegano serieDi T. Alessandro-23 settembre 2010

Manuale per giovani privi di talento, “Non leggete i libri, fateveli raccontare” è invero degna prosecuzione para saggistica della trilogia culturale di Luciano Bianciardi (“La vita agra”; “L’integrazione”; “Il lavoro culturale”). Stessa ironia amara e grottesca, stessa capacità di descrivere con precisione ma per tratti digrossati, come se a prendere in giro si dicesse il vero:«Sarà bene munirsi di pipa, e magari imparare a fumarla, perché è un ottimo riparo. Quando manca la battuta, o si vuole prendere tempo, ecco pronta la pipa, da mettere in bocca, da riempire, da accendere, da sfruculiare con gli appositi ferretti. In casi estremi si può produrre una nube di fumo e nascondercisi dentro». Rappresentazione immediata e realistica, par di vederlo, dell’intellettuale da salotto fumoso, sfuggente silente, in imbarazzo celato. Oppure: «Il discorso è vecchio, sostanzialmente falso, ma tutti lo ripetono e facciamo dunque finta di crederci anche noi: la vera cultura si fa in provincia. Lontani dalle distrazioni e dal tumulto della grande città, i giovani hanno tempo per pensare, discutere, dibattere. Si formano così cervelli, si arriva in città ed essa screma, per i formaggini culturali che produce. In provincia c’è ancora la possibilità di studiare, scrivere, leggere, anzi: c’è la pretesa di leggere tutto. Statistiche alla mano, impossibile: chi si butta nella lettura è destinato ad affogarvicisi; anche se opera una scelta severissima. Chi vuol darsi una formazione culturale ha dinanzi a sé questa prospettiva: morire prima. Il Nostro Giovane Lettore, futuro Intellettuale, eviterà di leggere libri, frequentando chi lo farà per lui. Li veda, li ascolti: avrà altrettanti segretari diligenti e gratuiti, saprà tutto quel che occorre sapere». Chiara determinazione dell’uomo di presunta cultura, sovente davvero arrivato: naturalmente senza leggere nulla. Ed ancora: «Le cronache letterarie italiane non importa leggerle: chi vive in provincia può limitarsi ad ascoltare i discorsi altrui, quelli dei colleghi diligenti, per intendersi. Li ascolti e lodi i più perspicaci e più chiari, rammenti le loro parole, non si periti a riferirle, in contraddittorio, contro il parere dei meno provveduti. Citare non è affatto un peccato, esistono libri fatti quasi esclusivamente così». Com’è fatta tanta critica di ieri, tanta critica d’oggi. Come è fatta, in fondo, questa nota di lettura trascritta…Aveva ragione Bianciardi, aveva davvero ragione.