La milleduesima notte di Joseph Roth edito da Adelphi
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La milleduesima notte

Editore:

Adelphi

Edizione:
12
Traduttore:
Gimmelli U.
Data di Pubblicazione:
21 febbraio 1977
EAN:

9788845901034

ISBN:

8845901033

Pagine:
237
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3 di 5 su 3 recensioni

Il roth maturoDi M. Giovanni-29 marzo 2012

E' il Roth che mi attira di meno, quello che, alla fine della sua esistenza, guardava con rimpianto al mondo perduto, che tanto duramente aveva ritratto nei suoi primi romanzi. E' sempre, però, narrazione di alto livello: tono fiabesco, fantasie orientaleggianti, e la vecchia Vienna, trasfigurata attraverso la lente (stavolta un po' troppo offuscata, a mio parere) della nostalgia.

La milleduesima notteDi M. Luigi-9 agosto 2011

L'austria tardoottocentesca è il naturale riferimento di questo libro ambientato nell'oriente favoloso medievale, come in un gioco di specchi, Joseph Roth raffigura a dissoluzione dell'impero austroungarico riflettendola nel mondo orientale dello scià in visita nella capitale austriaca. Siamo alla fine del ramo discendente della parabola di Joseph Roth; l'Austria Felix è ormai un lontano ricordo, un concetto cui nessuno crede più. La finis Austriae che stiamo vivendo, quel cupo mondo gravido di avvisaglie nefaste che l'autore ben conosce: sgretolatosi l'impero dopo la prima guerra mondiale, completata l'Anschlu nazista, risuonano tremendi i tamburi che annunciano un nuovo conflitto. Raffigurando la Vienna di fine Ottocento, Roth espone alla vista dei lettori la decadenza e i suoi mefitici veleni, la corrosione di un mondo preda della tristezza e di un fatuo autocompiacimento. Sono dolentissime le note suonate da Roth, ammorbano riga dopo riga gli occhi e i sensi di chi legge attraverso le vicende del barone Taittinger e della sua ex amante nonché del loro figlio illegittimo. Questi tre personaggi e tutti gli altri che fanno loro da contorno precipiteranno in un gorgo che li trascinerà irrimediabilmente al fondo, alla perdizione, al pagamento delle loro colpe anche quando ciò significa la fine, la conclusione, l'estinzione dell'esistenza stessa e del suo senso intrinseco. Roth incarna qui la noia del mondo, quella Sehnsucht di enorme fama mitteleuropea pari solo allo spleen baudelairiano, la decadenza, il tedium, quel malessere esistenziale che tanta parte avrà nella narrativa e nell'arte moderna in generale, una Sehnsucht eppure deprivata di quella connotazione nostalgica che la renderebbe quasi romantica. Tristissimi quindi gli stessi fondamenti dell'opera, scritta quando Roth era al termine della sua vita, già immerso in uno spirito tenebroso e claustrofobico prodromo di morte. Il figlio di Taittinger paga colpe che non gli appartengono, vive una vita che non aveva né chiesto né desiderato; la donna non è che riflesso terreno e tangibile di un amore ideale, quell'amore che non poteva più esistere e che forse non era mai esistito, se non confinato all'interno dei muri invalicabili della mente e della fantasia; l'Austria stessa, come la Persia, è esaltata dalla gloria sbiadita dei suoi fasti, da un passato ormai mitico, remoto e favoleggiato, mentre tutto intorno la resa, la sconfitta, la decadenza, la morte conquistano metro dopo metro un panorama desolato e desolante di un mondo fantasma.

La milleduesima notteDi l. alice-26 luglio 2011

Ma che scrittura, signori! Opere così ormai non si scrivono più, e forse e un bene. Senza queste capacità Joseph Roth non sarebbe riuscito a scrivere un romanzo che è un capolavoro di luce autunnale. Leggere la milleduesima notte è come fissare gli occhi nella luce rossastra di un pomeriggio d'ottobre, in quel momento dove iniziano a profilarsi le prime ombre, che poi diventano subito notte. E le notti qui sono milledue. La milleduesima è quella che non conosciamo, quella che Sherazad non ha raccontato, e cioè la notte del disinganno, della disillusione. Se Sherazad raccontando di misteri, ricchezze e magiche apparizioni si salvava la vita, qui troverete solo persone incapaci di parlare persino a se stessi. Esseri che, per sopravvivere, si nutrono di crudeli e sterili inganni. Vite intrecciate alla maniera di una leggenda persiana ma senza la magia, senza il potere del sogno. La parola svuotata e deprivata della bellezza non è più in grado di salvare l'uomo. Dopo la milleduesima notte, è solo un'eterna notte.