Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout edito da Einaudi

Mi chiamo Lucy Barton

Editore:

Einaudi

Collana:
Supercoralli
Traduttore:
Basso S.
Data di Pubblicazione:
3 Maggio 2016
EAN:

9788806229689

ISBN:

8806229680

Pagine:
158
Formato:
rilegato
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Trama Mi chiamo Lucy Barton

Da tre settimane costretta in ospedale per le complicazioni post-operatorie di una banale appendicite, proprio quando il senso di solitudine e isolamento si fanno insostenibili, una donna vede comparire al suo capezzale il viso tanto noto quanto inaspettato della madre, che non incontra da anni. Per arrivare da lei è partita dalla minuscola cittadina rurale di Amgash, nell'Illinois, e con il primo aereo della sua vita ha attraversato le mille miglia che la separano da New York. Alla donna basta sentire quel vezzeggiativo antico, "ciao, Bestiolina", perché ogni tensione le si sciolga in petto. Non vuole altro che continuare ad ascoltare quella voce, timida ma inderogabile, e chiede alla madre di raccontare, una storia, qualunque storia. E lei, impettita sulla sedia rigida, senza mai dormire né allontanarsi, per cinque giorni racconta: della spocchiosa Kathie Nicely e della sfortunata cugina Harriet, della bella Mississippi Mary, povera come un sorcio in sagrestia. Un flusso di parole che placa e incanta, come una fiaba per bambini, come un pettegolezzo fra amiche. La donna è adulta ormai, ha un marito e due figlie sue. Ma fra quelle lenzuola, accudita da un medico dolente e gentile, accarezzata dalla voce della madre, può tornare a osservare il suo passato dalla prospettiva protetta di un letto d'ospedale. Lì la parola rassicura perché avvolge e nasconde. Ma è nel silenzio, nel fiume gelido del non detto, che scorre l'altra storia. Lucy guardò fuori dalla finestra e improvvisamente vide sua madre ai piedi del suo letto. L’autrice di Olive Kitteridge, Elisabeth Strout, scrive un altro romanzo sulle piccole cose della vita, sulla quotidianità rotta da un evento straordinario. Mi chiamo Lucy Barton racconta un incontro, quello tra la giovane Lucy e la madre che non vede ormai da molti anni. Una appendicite costringe la ragazza in un letto di ospedale per due mesi e allora ecco apparire dal nulla una mamma che ormai credeva persa e che pensava l’avesse dimenticata. Chiamandola “bestiolina” la donna si accosta alla figlia, la accarezza dopo tanto tempo e soprattutto le parla. Questo dialogo tra due donne è uno specchio verso un’assoluta verità ovvero quanto poco conosciamo chi ci sta vicino o chi almeno dovrebbe esserci a fianco anche se ci rifugge. Tra un sonno e l’altro, tra le lievi visite dei dottori e delle infermiere che sembrano entrare in punta di piedi in questo microcosmo che si è creato tra madre e figlia, ci sono i dialoghi, la scoperta l’uno dell’altra, le tante domande che devono o non vogliono porsi, l’una all’altra. Tra nostalgie e ricordi si avvicenda una galleria di personaggi evocati dalle parole della madre e dalla necessità della figlia di raccontarle come è cresciuta, anche senza di lei. Non c’è però astio, c’è solo sorpresa, necessità. La felicità è un passaggio solo eventuale su questa terra e se ci capita vicino sarà meglio riconoscerla. Questo ci dice Elisabeth Strout tramite il personaggio indimenticabile di Lucy Barton.

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