Linea gotica di Cristoforo Moscioni Negri edito da Il Mulino
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Linea gotica

Editore:

Il Mulino

Collana:
Intersezioni
Data di Pubblicazione:
26 ottobre 2006
EAN:

9788815113719

ISBN:

8815113711

Pagine:
123
Formato:
brossura
Argomenti:
Gruppi e movimenti rivoluzionari, Storia del 20. Secolo dal 1900 al 2000
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Descrizione Linea gotica

Nella campagna di Russia aveva vissuto lo sfascio dell'Armata italiana. Due volte ferito, era tornato in Italia carico di umiliazione e rabbia solo per assistere a un'altra e più grave rotta, quella dell'esercito e del paese dopo l'8 settembre 1943: "un inferno di abiezione, di caos, di miseria". Il tenente Moscioni, straniero in una patria che, soprattutto nella sua classe dirigente, pare aver perduto il senso stesso della dignità individuale e collettiva, compie allora la sua scelta entrando nella Resistenza. "Linea Gotica" racconta, per brevi quadri incisivi, l'esperienza partigiana del tenente divenuto, entro il paesaggio domestico e amico della campagna marchigiana, il "comandante Vittorio". È una guerra nuova, volontaria e spontanea, quella cui Moscioni si unisce, ma questo "slancio di amore" è destinato a infrangersi contro l'inadeguatezza dei comandi italiani e alleati, e dopo la liberazione contro lo stesso antifascismo storico che si dispone a occupare i posti di comando, contro il vecchio ordine che ripiglia il sopravvento. Promessa illusoria di una vita diversa, nel resoconto amarissimo di Moscioni la Resistenza si spegne senza speranze nel pantano del dopoguerra.

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4 di 5 su 3 recensioni

Linea goticaDi L. Giuseppe-26 settembre 2011

Se avete voglia di leggere un romanzo anticonformista sulla lotta partigiana in Italia questo titolo fa per voi, dico subito che Linea Gotica è un libro di estremo interesse, perché sono le memorie di Moscioni Negri del periodo intercorrente fra i giorni immediatamente successivi all'8 settembre 1943 e l'avvenuta liberazione delle Marche e di Pesaro, lasso di tempo durante il quale operò nelle formazioni partigiane. Non starò a raccontare i numerosi episodi di questa guerra per bande, in cui la figura dell'autore è di primo piano, essendo stato comandante di una brigata Garibaldi, ma preferisco soffermarmi sulla valenza storico-politica del testo, peraltro caratterizzato da una scrittura asciutta, raramente incline a ceselli letterari - ma quando ci sono risultano opportuni e pregevoli -, e che mi ricorda un po' il Cesare Pavese de La luna e i falò. L'importanza del libro sta in ben altro, cioè è costituita dall'analisi dell'autore dei motivi che l'hanno spinto ad aderire alla Resistenza, compendiati sinteticamente nella completa sfiducia nei confronti del regime fascista e dei nostri comandi militari per la disfatta subita in Russia, nonché nell'amara constatazione dell'incapacità del Re e dei suoi generali di organizzare almeno l'armistizio, con tutte le conseguenze che si ebbero. C'è da dire anche che l'uomo Moscioni ha un alto senso dell'onore e non può quindi che criticare il disinteresse degli anglo-americani per le formazioni partigiane, mal viste, anche se le stesse dimostravano valore e ampia disponibilità di collaborazione. Inoltre, e questo è tanto più importante nell'imminenza della ricorrenza del XXV aprile, l'autore marchigiano dimostra lungimiranza nel prendere atto che, a liberazione avvenuta, ritornarono in auge e al posto di comando i vecchi antifascisti che, con il loro comportamento passivo, molto avevano contribuito all'ascesa di Mussolini; a questi si unirono ben presto i soliti profittatori, che avevano fatto lauti affari durante il fascismo e sotto l'occupazione tedesca, nonché figure notoriamente di spicco nel ventennio, insomma si era combattuto e sofferto solo per sollevare un vero e proprio polverone senza che nulla cambiasse. E così lo spirito della Resistenza, le sue speranze, i suoi ideali cominciarono subito a disperdersi, affondando nella palude putrida del dopoguerra grazie al vecchio ordine che riprendeva i posti di comando. Ai giovani che avevano combattuto, che sognavano un'Italia nuova e diversa, non rimase altro che constatare con amarezza che l'avevano fatto invano. E il senso dell'onore di Moscioni non è quello retorico che si richiama in tante cerimonie, ma è la dignità offesa di ogni essere umano che si sente considerato una semplice pedina di un gioco, per lo più sporco, realizzato da pochi altri.

Linea goticaDi f. lucio-8 agosto 2011

Narra delle esperienze di guerra del giovane Moscioni, mandato al fronte appena all'età di vent'anni, si alternano momenti di descrizioni semplici e incisive ad altri di resoconti distaccati e meno comunicativi. Quasi non fossero della stessa persona, o palesando forse due aspetti della stessa personalità: un uomo capace di controllare la propria sensibilità attraverso una freddezza militare a volte irritante. Tutta la tristezza dell'Autore traspare poi nelle ultime pagine: "L'ultimo giorno" è infatti un'amara conclusione di quel periodo convulso dopo l'8 settembre '43, di confusione tra alleati e nemici, tra vinti e vincitori, che gli permette di fare il bilancio della sua' guerra: dalla campagna di Russia ("I lunghi fucili") al ritorno a casa, dopo i combattimenti sulla Gotica. La disillusione e la rabbia del dopo. Si tratta comunque di un documento inestimabile per dare un significato obiettivo a quei momenti, all'importante contributo anche della gente semplice, dei contadini del posto che con le loro preziose informazioni hanno permesso alle truppe alleate' di sfondare la barriera tedesca. Casualmente mi è capitato, poco dopo la lettura, di andare a visitare il "Museo storico della Linea Gotica" di Casinina: una vera ricchezza di documenti e reperti, che permette a tutti di mantenere accesa la memoria e soprattutto ai giovani di vedere', anche attraverso la voce partecipata del prof. Tiberi, questa parte di Storia da cui discendono così da vicino.

La dignità offesaDi M. Renzo-20 aprile 2009

Ai più il nome Cristoforo Moscioni Negri dirà poco, ma quando un amico mi ha consigliato di leggere un libro originale e senza retorica sulla guerra partigiana, citandomi il titolo e l'autore, ho pensato subito che questo doppio cognome non mi era nuovo e che l'avevo già letto da qualche parte. Ho riflettuto un po' e poi è sbucato dalla memoria il capolavoro di Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve; infatti, il sottotenente Cristoforo Moscioni Negri era un compagno d'armi, durante la campagna di Russia, del grande scrittore di Asiago. Del resto, la pubblicazione del suo primo libro, I lunghi fucili, dove si parla appunto della tragica sorte dell'Armir, fu propiziata da Rigoni Stern, che presentò l'opera all'editore Einaudi, opera si cui conto di tornare in argomento non appena letta. Fatta questa opportuna premessa, dico subito che Linea Gotica è un libro di estremo interesse, perché sono le memorie di Moscioni Negri del periodo intercorrente fra i giorni immediatamente successivi all'8 settembre 1943 e l'avvenuta liberazione delle Marche e di Pesaro, lasso di tempo durante il quale operò nelle formazioni partigiane. Non starò a raccontare i numerosi episodi di questa guerra per bande, in cui la figura dell'autore è di primo piano, essendo stato comandante di una brigata Garibaldi, ma preferisco soffermarmi sulla valenza storico-politica del testo, peraltro caratterizzato da una scrittura asciutta, raramente incline a ceselli letterari - ma quando ci sono risultano opportuni e pregevoli -, e che mi ricorda un po' il Cesare Pavese de La luna e i falò. L'importanza del libro sta in ben altro, cioè è costituita dall'analisi dell'autore dei motivi che l'hanno spinto ad aderire alla Resistenza, compendiati sinteticamente nella completa sfiducia nei confronti del regime fascista e dei nostri comandi militari per la disfatta subita in Russia, nonché nell'amara constatazione dell'incapacità del Re e dei suoi generali di organizzare almeno l'armistizio, con tutte le conseguenze che si ebbero. C'è da dire anche che l'uomo Moscioni ha un alto senso dell'onore e non può quindi che criticare il disinteresse degli anglo-americani per le formazioni partigiane, mal viste, anche se le stesse dimostravano valore e ampia disponibilità di collaborazione. Inoltre, e questo è tanto più importante nell'imminenza della ricorrenza del XXV aprile, l'autore marchigiano dimostra lungimiranza nel prendere atto che, a liberazione avvenuta, ritornarono in auge e al posto di comando i vecchi antifascisti che, con il loro comportamento passivo, molto avevano contribuito all'ascesa di Mussolini; a questi si unirono ben presto i soliti profittatori, che avevano fatto lauti affari durante il fascismo e sotto l'occupazione tedesca, nonché figure notoriamente di spicco nel ventennio, insomma si era combattuto e sofferto solo per sollevare un vero e proprio polverone senza che nulla cambiasse. E così lo spirito della Resistenza, le sue speranze, i suoi ideali cominciarono subito a disperdersi, affondando nella palude putrida del dopoguerra grazie al vecchio ordine che riprendeva i posti di comando. Ai giovani che avevano combattuto, che sognavano un'Italia nuova e diversa, non rimase altro che constatare con amarezza che l'avevano fatto invano. E il senso dell'onore di Moscioni non è quello retorico che si richiama in tante cerimonie, ma è la dignità offesa di ogni essere umano che si sente considerato una semplice pedina di un gioco, per lo più sporco, realizzato da pochi altri. Linea Gotica è un libro assolutamente da leggere.