La certosa di Parma di Stendhal edito da Feltrinelli
Alta reperibilità

La certosa di Parma

Editore:

Feltrinelli

Edizione:
5
A cura di:
G. Celati
Data di Pubblicazione:
17 Gennaio 2018
EAN:

9788807902987

ISBN:

8807902982

Pagine:
512
Formato:
brossura
Argomento:
NARRATIVA DI AMBIENTAZIONE STORICA
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Trama La certosa di Parma

Si può dire che l'argomento centrale del capolavoro di Stendhal sia, come in altri suoi libri, l'Italia e l'idea di osservare un costume particolare degli italiani, cioè "l'arte di andare a caccia della felicità", attraverso le tre figure di Fabrizio del Dongo, della duchessa Sanseverina e del conte Mosca. L'Italia viene indicata come la terra di folli passioni amorose, che non esistono più altrove. Un territorio inenarrabile come quello di ogni vicenda epica, in un'epoca vaga come quella dei film western, con una Parma che non è mai esistita e una pianura lombardo-padana popolata solo da sbirri, canaglie e anime appassionate... Ambientate in un'Italia ottocentesca in parte fantastica, in parte reale, le avventure di Fabrizio del Dongo si snodano in una serie di incontri e peripezie al termine dei quali si trova il luogo del silenzio, lo spazio simbolico dell'isolamento e della rinuncia: la Certosa di Parma.

Recensioni degli utenti

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4 di 5 su 3 recensioni

Bello!Di S. Paola-9 Marzo 2012

Bel libro, anche se non è riuscito a convincermi del tutto. La zia di Fabrizio è forse il personaggio che mi è piaciuto più di tutti, proprio perchè sincera, spregiudicata, che per i suoi ideali e le sue idee ne pagava le conseguenze e non si lamentava. Insomma, una donna con la spina dorsale. Consigliato!

romanzo di cappa e spadaDi G. Diego-3 Novembre 2010

Un libro che mi ha interessato più nella sua parte "storica" che non nella sua parte "romantica". Ho apprezzato molto, per il fatto di potere respirare le diverse situazioni, le avventure del giovane Del Dongo tra Milano, il lago di Como, Waterloo e Parma. Così dalla chiuda e repressiva Milano, si passa alle speranze ma anche alla confusione della battaglia di Waterloo, per finire a Parma dove l'assolutismo si traveste da governo illuminato. Le avventure amorose le reputo a tratti un pò troppo pesanti, seppure facciano sorridere quando sconfinano nei racconti della vita di corte, dato che rappresentano i mille modi in cui un mondo frivolo si dà arie di grande importanza. Sono rimasto deluso dal finale, lo ritengo poco curato e un pò affrettato, e sì che la trama in sé proprio nel finale sembra accendersi. Un peccato, comunque rimane un romanzo da quattro stelle.

La condanna della politicaDi M. Renzo-18 Agosto 2010

Quando lessi per la prima volta questo romanzo è stato all’incirca una quarantina di anni fa; all’epoca ero uno studentello che si sentiva quasi importante per avere fra i suoi autori preferiti Henry Beyle e la Certosa di Parma aveva tutto quanto può rendere interessante la lettura a un giovane spensierato: passione, intrighi, duelli, insomma un cappa e spada in piena regola. A distanza di così tanto tempo la rilettura è andata quasi inconsciamente a cercare un’altra visione dell’opera, perché troppo semplicemente era facile attribuirle i connotati di un romanzo d’avventura, fuori dai canoni letterari propri di Stendhal . E allora mi sono soffermato su quelle pagine che da giovane mi avevano destato minor interesse e così ho scoperto l’autentica grandezza di quest’opera, scritta in poco più di un mese e mezzo quasi alla fine della vita del suo autore. Stendhal non aveva affatto l’intenzione di realizzare solo un romanzo d’avventure; il suo scopo è stato ben più elevato e non a caso l’ambientazione è in uno stato assolutista quale era il Ducato di Parma. La sua è una ferma condanna alla politica, che tutto piega alla ragion di stato, tanto che mi verrebbe spontaneo dire, rifacendomi a quanto osservò Balzac, entusiasta dell’opera, La Certosa è il romanzo che avrebbe scritto il Macchiavelli se fosse vissuto a quell’epoca e fosse stato messo al bando dai poteri imperanti. Insomma, secondo me, tutti i romanzi di Stendhal, ma soprattutto questo, sono delle vere e proprie dissertazioni di amoralismo politico. E ciò è tanto più vero se si osservano i tre personaggi principali: Fabrizio Del Dongo Vive come distaccato dalle azioni che compie, è un essere per certi versi più spregevole del Julien Sorel de Il rosso e il nero, perché, benché ne abbia tutte le opportunità, reputa di scarso peso occupare una nicchia ben precisa nell’umanità, al punto, anche, di essere incapace di amare. La Sanseverina E’ una romantica pura, passionale al massimo, nel suo amore per Fabrizio che si accresce tanto più quando deve essere protettiva e allora sboccia immediata l’arguta trama politica, intesa sì come una necessità per porre rimedio ai gesti inconsulti del giovane Del Dongo, ma anche come gioco necessario per poter a pieno titolo essere parte di un mondo di sottili intrighi, di rivalità, di capovolgimenti di fronte, di alleanze tradite e riprese. In poche parole per essere colei che conduce la politica. Il conte Mosca Il politico per eccellenza che si adopera per accontentare tutti senza scontentare nessuno. A suo modo è una figura simpatica e sembra di vederlo questo aristocratico cavalcare le varie fazioni con la dignità che gli è propria, ma la mancanza di rispetto per se stesso. Preciso che la personalità del Mosca è quella di una brava persona, ma che manca di ideali, tanto che, fedele servitore del Principe, finisce con il suggerire soluzioni inapplicabili, in modo che qualche cosa abbia momentaneamente a cambiare per riconfermare alla fine l’immobilismo più assoluto. Questi tre personaggi, apparentemente diversi nel comportamento, finiscono con l’essere accomunati dalla tragicità di non credere a nulla, di vivere il loro rapporto a tre come se al mondo esistessero solo loro, in una totale mancanza di ideali a cui cercano di supplire tramite i rapporti personali, alla ricerca di una felicità impossibile in chi può far progetti e invece vive, o meglio vegeta, alla giornata. C’è, inoltre, un quarto personaggio a cui Sthendhal guarda con la più viva simpatia, desiderando in cuor suo di potergli somigliare: Ferrante Palla, un liberale condannato a morte in contumacia, un po’ vanesio, se non pazzo, e che del politico è esattamente l’opposto, con una fede incrollabile nel suo ideale, tanto da esser disposto a tutto, anche a sacrificare la vita. E’ innamorato della Sanseverina, anche se sa che questo sentimento sarà senza speranze, ma è egualmente felice, perché, come crede nei suoi principi liberali, crede anche fermamente nel suo amore. Da notare che questa figura, simpatica nelle sue vesti di Robin Hood, assume toni ridicoli, quasi a diventare una parodia della libertà e della giustizia, a cui solo chi non è savio di mente può credere come realizzabili, sembra dirci Stendhal.