Lamento di Portnoy di Philip Roth edito da Einaudi

Lamento di Portnoy

Editore:

Einaudi

Collana:
Super ET
Traduttore:
Sonaglia R. C.
Data di Pubblicazione:
29 aprile 2014
EAN:

9788806220037

ISBN:

8806220039

Pagine:
220
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Trama Lamento di Portnoy

Alex Portnoy ha trentatrè anni ed è commissario aggiunto della Commissione per lo sviluppo delle risorse umane del Comune di New York. Nel lavoro è abile, intransigente, stimato. Il libro riporta il monologo di Alex che, dall'analista ripercorre la sua vita per capire perché è travolto dai desideri che ripugnano alla "mia coscienza e da una coscienza che ripugna ai miei desideri".

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Recensioni degli utenti

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3 di 5 su 14 recensioni

Una fatica erculeaDi m. giancarlo-31 agosto 2018

E' stata veramente dura finire il libro di Roth se non fosse per 3 o 4 esilaranti circostanze basate sulle prime esperienze sessuali del protagonista. L'alter ego dell'autore si lamenta della sua asfissiante educazione familiare dettata dai dogmi ebraici, ma allo stesso tempo è stato in grado di farne la sua fortuna. Perdono Roth in quanto grandissimo scrittore che mi ha sempre entusiasmato.

Sagace e sapidoDi C. Adriana-4 aprile 2018

Monologo ricco di autoironia e pungente sarcasmo. Ironico e vividamente brillante, sa coinvolgere e mai annoiare, servendosi di uno stile rapido ed efficace. Il finale sortisce facilmente l'effetto sorpresa, dunque evitate anticipazioni. Per chi ha voglia di divertirsi intelligentemente.

Un giovane ebreoDi B. Paolo-15 maggio 2012

Le lamentazioni di Albert Portnoy sul lettino dello psicanalista, il mondo sorprendente anche se parecchio malandato di un sessuomane ebreo che, parole sue, pensa di vivere in una barzelletta sugli ebrei, e in alcuni frangenti non mi sento di smentirlo. Un flusso di coscienza con la punteggiatura, che però a volte mi è sembrato monotono e a volte riduttivo. Non certo il miglior Roth.

Lamento di PortnoyDi V. Giacomo-25 settembre 2011

Mentirei se dicessi che mi ha convinto fino in fondo, questo Lamento di Portnoy. Portnoy è uno dei personaggi più odiosi da immaginare. Ma come narratore è perfino peggiore nel modo di dar conto della sua vita dalla nascita alla maturità. Uno sguardo impietoso, crudele, feroce sull'umanità che lo circonda. In tutta la prima parte campeggiano i ritratti dei genitori: un padre stakanovista agente delle assicurazioni, tormentato dalla stitichezza, in lotta con il figlio e una madre ossessiva, castrante, dominatrice. La rappresentazione della famiglia ebrea la conosciamo già, ma basta guardare la data di pubblicazione del romanzo, il 1967, per comprendere che ci troviamo di fronte una sorta di architesto dal quale discendono tutta una serie di derivazioni: Woody Allen e Larry David, Mordecai Richler, ecc. La lista potrebbe essere lunga tanto ci siamo abituati alla rappresentazione di questo spaccato sociale (ed etnico) nordamericano. Non a caso vi potrebbero comparire scrittori e cineasti che hanno fatto dello humour sulla condizione dell'ebreo americano. E Roth stesso ci lascia pagine di grande qualità comica, per esempio la scena nella quale la fidanzata WASP si piega alla fellatio tra le lacrime sacrificali o quella per contro nella quale Alex fa cilecca con l'ufficiale israeliana. Non si riesce a ridere però perché la rabbia del protagonista non è addomesticabile con una risata e mezzo secolo dopo esprime una forza destabilizzante e oltre tutto irritante che non rende piacevole la nostra lettura. Il sesso è lo strumento di esternazione di un complesso di inferiorità, di rivalsa e di profanazione, di cui fra l'altro il narratore è perfettamente cosciente, tanto da citare i testi in cui si spiega l'impossibilità di amare le donne che si desiderano e viceversa. Ma non è tanto questo a rendercelo odioso, né la contraddizione ammessa fin dalle prime righe tra l'affermazione di ideali umanitari nella vita pubblica e una condotta privata quanto meno discutibile. Alex non è un filisteo e le cose che fa sono meno esecrabili di quel che lui rappresenta a sé stesso. Ciò che non gli perdoniamo è il suo snobismo culturale, per cui ciò di cui si prende gioco nella ragazza chiamata "Scimmia" e che lo accompagna nei suoi viaggi e nelle sue avventure erotiche è la sua ignoranza e il suo analfabetismo. Che faccia tosta, la sua! La lunga confessione autobiografica resa a uno psicoanalista che alla fine rivelerà un accento tedesco sembra scritta oggi e si stacca ancora almeno di un palmo rispetto a tanti pseudo cantori maledetti dei dolori e dei turbamenti dei giovani più o meno erotomani, più o meno arrabbiati. Certi cannibali delle nostre parti in confronto farebbero la figura di damerini sussiegosi e impomatati. Un romanzo irritante, sgradevole e insopportabile, ma al tempo stesso l'opera di un grandissimo scrittore già allora grande.

Lamento di PortnoyDi V. FILIPPO-4 settembre 2011

Un monologo liberatorio caratterizza questo ottimo libro di Roth. Grido di accusa contro tutte quelle componenti retrive e maniacali di un vecchio ebraismo. La componente umoristica diventa un pregevole valore aggiunto che, unito ad una sfacciata spregiudicatezza, rende questo lavoro di Roth una sorta di libro culto.

Lamento di PortnoyDi L. Maria-26 luglio 2011

Un pochino pretenzioso, è la rievocazione del mito ebraico dello psargitore di seme onan. Dissacratore anch'egli, sottrattosi ante-tempus ai doveri della famiglia e della nobile prosecuzione della specie. Ma quale specie? Si domanda Roth. Appunto. E quale famiglia? E siamo arrivati al punto. Il punctum dolens; parecchio dolens. La famiglia ebraica svuotata e spogliata ad unghiate di ogni abbellimento affettivo o romantico. Roth distrugge tutto. Non c'è consolazione, nè finta, nè tantomeno vera. Ma che c'è dopo quelle macerie famigliari? Chi è questo individuo il sig. Port-noir?. E che cos'è un ebreo in America?. Domande aperte. Eterne come il Talmud. Un ossessivo rotolarsi nel nulla che nemmeno il viaggio in Israele riesce a riempire di humus vivo. I protagonisti di Roth sono uomini sradicati nella propria famiglia, e quindi nella società. Traditi dalla storia. Uomini ai margini di quel Popolo Eletto che dovrebbe essere il collante dei cuori. Risate amare, insomma. Amarissime.