L' isola dei naufraghi di Natsuo Kirino edito da Giano

L' isola dei naufraghi

Editore:

Giano

Collana:
Blugiano
Traduttore:
Coci G.
Data di Pubblicazione:
9 settembre 2010
EAN:

9788862510806

ISBN:

8862510802

Pagine:
330
Formato:
brossura
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Trama L' isola dei naufraghi

Kiyoko e il marito Takashi finiscono su un'isola disabitata al largo di Taiwan e delle Filippine in seguito a un naufragio. Dopo sei mesi di desolata sopravvivenza vengono raggiunti da ventitré giovani maschi giapponesi, anch'essi naufraghi, e poi da undici cinesi, abbandonati lungo la tratta dei clandestini verso il Giappone. L'isola in cui vivono, che hanno scelto di chiamare l'Isola di Tokyo, è un paradiso tropicale, ricco di cibo e vegetazione. Cinesi e giapponesi hanno occupato parti diverse dell'isola, e affrontano in modi differenti la propria condizione. Gli hongkong si sono subito ambientati. Apparentemente rozzi e selvaggi, girano nudi come animali selvatici, fanno i loro bisogni ovunque e gettano i rifiuti dappertutto, ma al tempo stesso essiccano il cibo, allevano ogni tipo di animale, producono sale di ottima qualità e sono capaci di cucinare pietanze dal profumo squisito. I giapponesi invece patiscono la noia e, nel tentativo di combatterla, cedono a ogni genere di mania: adorano tatuarsi le braccia o indossare le mutande alla rovescia. È in questa società che regna Kiyoko, l'unica Regina, l'unica donna da tutti desiderata. Una lotteria ogni due anni decide chi diventerà "il marito", regalando il titolo più conteso. Un romanzo che combina suspense ed erotismo alle atmosfere della serie Lost, creando un mondo in cui le ossessioni, i personaggi folli e crudeli, vengono illuminati dalla profondità psicologia e letteraria di una maestra del racconto conteporaneo.

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Recensioni degli utenti

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3 di 5 su 5 recensioni

L'isola dei naufraghiDi B. Salvo-10 agosto 2011

Prima di leggerlo avevo qualche dubbio per via di alcune recensioni che presentavano la storia come piatta e incocludente, e invece, a mio modestissimo avviso, il libro non è quella storia noiosa che temevo; certo, manca di quella verve di cui abbondava Le quattro casalinghe di Tokyo (e manca altresì dell'effetto novità) e non si può dire che il tema dei naufraghi sull'isola deserta sia di grande originalità. Però, come tutti gli "enigmi della camera chiusa" (classici come Gli assassini della Rue Morgue di Poe o Dieci piccoli indiani ed altri gialli della Christie come Sipario), ci vuole molta maestria per concepirli, gestirli e portarli a degna conclusione e questo mi pare che la Kirino lo abbia fatto accettabilmente - se non addirittura bene - anche se questo appartiene alla categoria per i meccanismi psicologici e non per la trama, non essendo un giallo in senso stretto. L'isola deserta su cui a ondate sbarcano per varie cause diversi gruppi di persone viene battezzata Tokyojima (l'"isola di Tokyo") in onore e memoria della città di provenienza dei primi due naufraghi e diventa il soggiorno obbligato, per così dire, di più di trenta individui tra cui una sola donna. La Kirino è brava a raccontare più che le vicende vere e proprie (c'è qualche colpo di scena, sebbene non eclatante) i cambiamenti e il perverso sistema di alleanze e antagonismi che si creano in un gruppo chiuso, costretto a vivere a contatto di gomito senza possibilità di fuga per anni e anni (senza andare a finire all'isola deserta, basterebbe osservare dei colleghi d'ufficio obbligati a lavorare in una stessa stanza e a scrivanie appiccicate per molto tempo... Antipatie e scontri sono quasi sempre inevitabili). L'isolamento, l'alienazione, le difficoltà, i disagi, le rivalità, l'invidia fanno sgorgare il peggio della natura umana; la Kirino mette a fuoco con spietatezza la disgregazione dell'animo, la pericolosa deriva della psiche verso la follia, la megalomania, la schizofrenia. Un paradiso terrestre può facilmente trasformarsi in un inferno se vi si è costretti senza appello; le amicizie si dissolvono, l'amore perde di significato, la forza, la sopraffazione, la bestialità e l'inganno trionfano sulla razionalità e sulla lealtà; la crudeltà e il tornaconto personale diventano l'unica legge, nessuno ne è immune ed escluso. Tutti sono in qualche modo colpevoli di qualcosa, non ci sono assoluzioni. L'unica cosa che avrei cambiato in questo romanzo è la lunghezza, che a volte ha generato dei momenti di stasi narrativa; una cinquantina di pagine in meno avrebbero snellito la trama e l'avrebbero alleggerita un po'. Il finale, poi, non è per nulla banale e scontato, anzi è piacevolmente originale. Tutto sommato, questo romanzo mi è parso una buona lettura, è ben scritto come è nelle capacità ragguardevoli della Kirino, ricco di spunti sull'ambiguità della natura umana e sulla sua mutevolezza, nonché sulla sua estrema fragilità e inaffidabilità. Di sicuro non la sua migliore prova, ma nemmeno disprezzabile.

Non il miglior romanzoDi A. Silvia-26 luglio 2011

Sicuramente non è uno dei migliori romanzi della Kirino, questo che narra la vita di un gruppo di uomini (e una donna) ridotti dalle avversità su un'isola disabitata, a soddisfare i primi bisogni per sopravvivere, e regredendo allo stato selvaggio di semi-animali. C'è chi, finalmente libero dagli schemi della società di oggi riesce finalmente a ritrovare se stesso e la felicità, e chi rischia la vita più volte per riuscire a tornare nella civiltà. Sullo sfondo della vicenda umana e dalla lotta per la sopravvivenza alla vita selvaggia dell'isola, compare anche il problema ambientale, oggi quanto mai attuale, dello smaltimento delle scorie nucleari. La paradisiaca isola è infatti luogo di deposito di rifiuti radioattivi.

L'isola dei naufraghiDi L. Carlo-22 luglio 2011

Come il precedente recensore, penso che questo libro non possa meritarsi più di tre. Non posso dire che il libro mi sia dispiaciuto. L'analisi psicologica dei personaggi è, come al solito, accuratissima e dietro ad una trama sullo stile LOST in Japan fa capolino (neanche troppo velatamente) una critica feroce alla societa giapponese individualista e frivola. Il libro si legge benissimo ma tutto sommato preferisco le storie passate... Bel libro con riserva.

L'isola dei naufraghiDi T. Elisa-25 febbraio 2011

Bisogna leggerlo da una certa prospettiva per apprezzarne il valore intrinseco. La Kirino è brava a raccontare più che le vicende vere e proprie (c'è qualche colpo di scena, sebbene non eclatante) i cambiamenti e il perverso sistema di alleanze e antagonismi che si creano in un gruppo chiuso, costretto a vivere a contatto di gomito senza possibilità di fuga per anni e anni (senza andare a finire all'isola deserta, basterebbe osservare dei colleghi d'ufficio obbligati a lavorare in una stessa stanza e a scrivanie appiccicate per molto tempo... Antipatie e scontri sono quasi sempre inevitabili). L'isolamento, l'alienazione, le difficoltà, i disagi, le rivalità, l'invidia fanno sgorgare il peggio della natura umana; la Kirino mette a fuoco con spietatezza la disgregazione dell'animo, la pericolosa deriva della psiche verso la follia, la megalomania, la schizofrenia. Un paradiso terrestre può facilmente trasformarsi in un inferno se vi si è costretti senza appello; le amicizie si dissolvono, l'amore perde di significato, la forza, la sopraffazione, la bestialità e l'inganno trionfano sulla razionalità e sulla lealtà; la crudeltà e il tornaconto personale diventano l'unica legge, nessuno ne è immune ed escluso. Tutti sono in qualche modo colpevoli di qualcosa, non ci sono assoluzioni. L'unica cosa che avrei cambiato in questo romanzo è la lunghezza, che a volte ha generato dei momenti di stasi narrativa; una cinquantina di pagine in meno avrebbero snellito la trama e l'avrebbero alleggerita un po'. Il finale, poi, non è per nulla banale e scontato, anzi è piacevolmente originale. Tutto sommato, questo romanzo mi è parso una buona lettura, è ben scritto come è nelle capacità ragguardevoli della Kirino, ricco di spunti sull'ambiguità della natura umana e sulla sua mutevolezza, nonché sulla sua estrema fragilità e inaffidabilità. Di sicuro non la sua migliore prova, ma nemmeno disprezzabile.

L'isola dei naufraghiDi V. Anna-13 febbraio 2011

Mi aspettvo di più e mi aspettavo altro. Quarta di copertina ingannevole: la stuazione che descrive sembra essere al centro dell'intero romanzo, mentre invece la troviamo riassunta da Sayoko nelle prime pagine. Ciò che smuove la narrazione è proprio il fatto che questa situazione viene spezzata. Il sorteggio del marito non è più un evento così fondamentale, Sayoko sembra non essere più al centro dei pensieri, delle brame, dei sogni degli uomini dell'isola. Giapponesi e cinesi. Capitoli che alternano personaggi e punti di vista, il tempo che torna indietro e offre diverse prospettive. La narrazione procede piatta, non c'è quella tensione, quel leggero terrore che ti aspetteresti. L'indagine psicologica è accurata; probabilmente la situazione estrema del naufragio è alla fine lo spunto per analizzare, banalizzare, criticare la società nipponica. Gli eventi finali, che dovrebbero ribaltare la situazione, riescono solo ad increspare la superficie dell'acqua e il finale è - per quello che mi riguarda - prevedibile e non del tutto soddisfacente. La scrittura è indibbiamente evocativa, giapponese - certamente - ma il tutto non decolla, preferendo un lento sciabordio.