Io mi chiamo Yorsh

Si può essere fragili e indifesi anche se non si è bambini, ma piccoli elfi? Sembra di sì nel leggere Io mi chiamo Yorsh di Silvana De Mari, l’atteso prequel di L’ultimo elfo, il primo fiabesco volume di una saga tutta italiana sbarcata con grande successo anche in America. In una struggente narrazione, ambientata in un mondo medievaleggiante, le voci dei genitori di Yorsh raccontano la sua nascita e il loro incontro. Un uomo e una donna si conoscono e si innamorano, mentre sullo sfondo avviene il tragico genocidio degli elfi. Il lettore però non sente solo le loro voci, innamorate e straziate dal ricordo, ma anche quelle di chi quel genocidio l’ha ideato e pianificato. In questo doppio piano del racconto si dipana la storia, raccontata con drammatica precisione e rimandandoci ad altre e più veritiere storie con la S maiuscola. Buoni e cattivi si confrontano, si spiegano, si raccontano, dandoci due versioni della vita e della morte. La De Mari offre così ai suoi lettori, non solo giovanissimi, la possibilità di esplorare la malvagità e la dolcezza e, attraverso uno spaccato di storia fantasy, offrirci quella che la Arendt avrebbe chiamato la banalità del male. Nel precedente L’ultimo elfo avevamo conosciuto le toccanti vicende di Yorsh, elfo bambino, smarrito, solo e confuso, accolto da due esseri umani particolari e generosi. Diventato amico dell’ultimo drago esistente sulla terra in un pianeta in cui tutte le creature misteriose vengono brutalmente uccise dagli esseri umani, da adulto riesce a salvare una bella ragazza, figlia della coppia che l’ha ospitato e trattato come un figlio quando era solo un bambino. Yorsh, con questo gesto, riesce a salvare l’umanità da un’antica e inspiegabile profezia e diventa una sorta di eroe. Con Io mi chiamo Yorsh capiremo perché proprio lui è riuscito in questo difficile compito e quali sono le inquietanti fila che il destino ha deciso di tessere per lui e per il mondo. In un mondo di fiaba, illusione e fantasia Silvana De Mari ci suggerisce abilmente che senza capire il nostro passato non potremo affrontare il presente, sia che siamo elfi, sia che siamo esseri umani.