L' invenzione di Palermo di Giuseppe Rizzo edito da Perrone

L' invenzione di Palermo

Editore:

Perrone

Collana:
Hinc
Data di Pubblicazione:
29 gennaio 2010
EAN:

9788860041524

ISBN:

886004152X

Pagine:
192
Formato:
brossura
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3 di 5 su 1 recensione

E dopo il settimo giorno, arrivarono i palermitaniDi O. Roberto-8 luglio 2010

Me-me-mettiamola così: non tu-tu-tutti siamo uguuuuuuuual-men-TE fortunati e taluni nascono addirittura a Pa-pa-pa-palermo. I più malacarne, poi, trovano rifugio sicuro a Fondo Picone. Comunque. Ci stanno bene e ha-han-no pu-pur... anche le loro regole, tipo minchionare gli arrusi e i pervertiti di vario tipo e, i primi 'i tutti, quelli del linguaggio. Come il babbalbububuziente papà di Anna, la picciotta che racconta la storia e fondo Picone. Sennonchemente a un certo pu-pu-pun-THO anche Fondo Picone va giù tutto intero coi sottotitoli. Cioè. C'è un incendio, e chiudiamola qua. Ché sennò poi voi L'invenzione di Palermo, edito da Giulio Perrone, non lo leggete e io ci accucchio una malafiura orba con Giuseppe Rizzo, che mi ha invitato di persona personalmente tramite feizbucc, presso la libreria ModusVivendi di via Quintino Sella 79, a Palermo, dove pare sia intenzionato a spiegare come sono andate le cose. E tutto questo, udite udite, avverrà venerdì 26 febbraio, h. 18.30. Perciò. Il punto di partenza è chiaro: Dio dopo il settimo giorno si annoia, inventa Palermo e ci chiude dentro pure i palermitani. E poi si chiede pure cos'è ch'è andato storto. Bìh. Ma li ha guardati in faccia? Giuseppe Rizzo pare l'abbia fatto, e si è divertito un mondo a renderceli simpatici. Ogiùdilì. Certo simpaticunazzi sì, ma pure scalognatelli. O sfigati, se i polentoni preferiscono. Ma, porcamimchiabuttanazza, uno giusto non c'è. L'Ucciardone, un po' per scherzo e manco tanto, diventa un grande albergo, il parente di riferimento è solo uno, ma andato a male, e si chiama - ma tu dì ma tu dì ma tu dì - Guasta; le amicizie, tranne uno psicologo depresso e agorafobico, lasciamo perdere, che è meglio, tutto un mondo di 'nciurie sprezzanti. La vita non la si assapora e non la si morde, la si lecca soltanto, come un gelato, sì, ma insapore o sgradevole e pure sciolto. Meno male che c'è Mike Bongiorno che si chiama i Tirone in tivvù. Auhhhh, dico io. E in effetti, non è che ci si arriminchino. Sarà che uscire da fondo Picone non è facile, figuriamoci da Palermo. Ma insomma. Anna & gli altri si annacano e ravanano nella pattumiera di Palermo con la stessa speranza che nutrono nei confronti della loro stessa vita. Solo che la munnizza la vendi di nuovo, vah, la ricicli; la vita - per caso o con tutte le buone intenzioni - la perdi e basta. Oppure poi rubi, ma la roba, vecchia o no, puoi rubarla, e non ti resta altro nella saccoccia da rubare. Meglio un bicchiere d'acqua con lo zucchero o arrendersi, non ai sogni, quelli no, ma al riposo. O a immaginare un riposo. Gommoso. Tondo. Caldo. Impossibile. Ci vorrebbe una via di fuga. Fuori da quel poligono sgummato e malucumminato che è il mandamento a nord-est della città. E a quello il buon Dio, Grande Capo, ha pensato, oh, se ha pensato, quando consegna ad Anna un biglietto Palermo-Paradiso solo andata, oggetto di un'ovvia contesa e di qualche scambio. Io ci salirei, amunì. Ma c'ho la broccola sana, ancora, e aspetto che Giuseppe Rizzo mi dica prima cosa trovo e com'è il viaggio. Fin qui tutto bene. Ma tengo gli occhi aperti, c'è da divertirsi!