Le intermittenze della morte di José Saramago edito da Einaudi

Le intermittenze della morte

Editore:

Einaudi

Collana:
Super ET
Traduttore:
Desti R.
Data di Pubblicazione:
31 ottobre 2006
EAN:

9788806184872

ISBN:

8806184873

Pagine:
205
Formato:
brossura
Acquistabile con la

Trama Le intermittenze della morte

In un non meglio identificato Paese, allo scoccare della mezzanotte di un 31 dicembre, s'instaura l'eternità, perché nessuno muore più. L'avvenimento suscita a tutta prima sentimenti di giubilo e felicità, ma crea anche scompiglio in ogni strato sociale: dal governo alle compagnie di assicurazione, dalle agenzie di pompe funebri alle case di riposo e, soprattutto, nella chiesa, la cui voce di protesta si leva alta e forte: senza morte non c'è più resurrezione, e senza resurrezione non c'è più chiesa... Dopo sette mesi di "tregua unilaterale", con una missiva indirizzata ai mezzi di comunicazione, la morte dichiara di interrompere quel suo "sciopero" e di riprendere il proprio impegno con l'umanità.

Fuori catalogo - Non ordinabile
€ 11.50

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
4 di 5 su 15 recensioni

Le intermittenze della morteDi C. Silvia-1 marzo 2012

Le intermittenze della morte è un romanzo "strano", con un tema che pochi scrittori hanno saputo affrontare con cognizione: la morte, il grande fantasma che da sempre terrorizza l'uomo. Saramago ha immaginato che un giorno la morte sia sparita nel nulla e che quindi gli uomini debbano far fronte al problema.

Della banalità della morteDi u. giovanni-23 gennaio 2012

Data la sua scomparsa, ho comprato tutti i libri di Saramago e li sto centellinando. Comunque, le intermittenze della morte. Pur non essendo il suo miglior romanzo (romanzo è un termine forse inappropriato per questo libro) è comunque straordinario per le riflessioni che impone su di un tema che, volente o nolente, ci appartiene come genere umano. Mai banale, anzi, sempre estremamente lucido e ironico.

Le intermittenze della morteDi B. Salvo-10 agosto 2011

Da qualche tempo centellino con molta parsimonia le opere di Saramago, opere che mi hanno in alcuni casi talmente tanto affascinata da scuotermi nel profondo, dandomi la sensazione che le sue parole possano cambiare il mondo, renderlo migliore, più vero, più attento, un posto più piacevole in cui vivere se solo anche noi usassimo la sua sensibilità, la sua arguzia, la sua pungente e sottile razionalità. Così è stato per Cecità, per il Vangelo secondo Gesù Cristo, per Caino. E così è stato per Le intermittenze della morte, un romanzo iniziato in sordina, appena appena sottotono, forse un po' troppo aereo e impalpabile, leggermente contorto nel dipanarsi delle riflessioni. Dura pochissimo però, questa lieve titubanza. Perché già dopo poche pagine c'è ancora lui, il sempre diretto e preciso José che colpisce il cuore e la mente con le sue frasi lineari, nette e pulite come colpi di fioretto, che con candore e quasi stupore di se stesse ci mettono davanti cose che solo all'apparenza sono ovvie, racchiudendo invece sotto una sottile pellicola esteriore un significato tanto profondo da lasciare sorpresi e senza fiato. Cosa succede se la morte smette di mietere le sue vittime all'improvviso? Una pacchia, esclamiamo tutti ad una sola voce. L'immortalità, la vita eterna, l'Eden in terra, il sogno dell'umanità! Eh no, col cavolo. Non s'è parlato mica di eterna giovinezza. Lo sciopero, per così dire, della morte lascia i malati sospesi nel limbo, una sorta di morti viventi cui Atropo s'è dimenticata di tagliare il filo della vita. Un incubo, altro che sogno. Immaginate se nessuno morisse più. Ricoveri per lungodegenti strapieni. Fabbricanti di casse da morto in fallimento. Pensioni da pagare all'infinito (e qui il cuore di Tremonti salta un paio di battiti), assicurazioni sulla vita che valgono meno di un soldo bucato. Com'è potuto succedere? Bisogna che l'ordine naturale delle cose riprenda il sopravvento. José ci fa conoscere la signora con la falce, compagna quotidiana del mondo e di ognuno di noi, volenti o nolenti. E' una "creatura" quasi affascinante, sicuramente spiazzante, a momenti tenera nel suo disappunto per gli inconvenienti e gli incidenti di percorso. Talmente tenera che... Saramago confeziona un finale memorabile, una melodia meravigliosa, un concerto irresistibile di sentimenti, un'armonia di frasi e parole che commuovono. I paragoni con la musica non sono né casuali né peregrini, lo scoprirà chi leggerà questo libro con pochi eguali nella letteratura mondiale; Saramago riesce a dire cose toccanti senza profondersi in romanticismi o melensaggini di facile confezione, non perdendo mai il suo stile asciutto e il suo sardonico sorriso. Le ultime 40 pagine sono un reale capolavoro di umanità, di dolcezza, di speranza; il mio motivo personale per amarle in modo sconfinato è stata la presenza del personaggio che di questo romanzo porterò sempre nel cuore e nella memoria. Ricordate il cane nelle pagine di Cecità? Bene, qui ne incontrerete un altro, un piccolo cagnolino senza nome, saggio, affezionato, sensibile, attento più di tanti esseri umani, che parla senza bisogno di parole. Pagine indimenticabili e preziose, non una celebrazione della morte ma un emozionante inno alla vita.

Le intermittenze della morteDi l. alice-26 luglio 2011

Mi domando, è mai stato scritto un romanzo del genere sul tema ineludibile della morte. Ogni singolo giorno, trascorso e irrimediabilmente andato, sognamo di vivere per sempre. Nessuno si è mai interrogato realisticamente sulle conseguenze di questo umanissimo desiderio. Saramago lo fa. Disseziona il reale con mani da notomista e dispone difetti e qualità umane su di un tavolo bianco. In bella mostra. La verità è che un mondo senza morte è un non-mondo. Governato, poi come ora, da aberranti interessi economici e dalla corruzione, e in cui gli uomini, stavolta per l'eternità, continuano a sprecare ciò che viene loro donato. La munifica donatrice è una morte con la emme minuscola. Perchè la morte degli esseri umani, è alla fine, una delle tante morti. Una delle servitrici della Suprema volontà. A chi essa appartenga e quale sia il fine dell'eccidio, poi, lo ignora persino la signora dalle vuote orbite. Fedele esecutrice in un universo fatto della stessa materia del silenzio. Finchè... Irrompe l'umanità, quella vera. Quella di sogni, di dolori, di umori odorosi di vita a cui ci ha abituati Saramago nei suoi libri. Un violoncellista, per qualche ignoto motivo, non viene raggiunto dalla missiva viola della morte. Una missiva in quanto mero strumento, sarebbe dalla ben sostituibile, ovvio; ma è anche tanto scenograficamente forte che la morte proprio non vuole rinunciarvi. Una morte, una delle tante, piena di fragilità e ossa sconnesse decide allora di iniziare un viaggio per comprendere le nascoste ragioni del fenomeno. Ma non tornerà mai più indietro. Un Saramago affascinato dal pulsare della vita e dalle sbavature dell'esistenza costruisce qui una storia d'amore. Non gotica, ma comune sin nelle più intime pieghe. Una storia che si conclude con un umanissimo sonno, strappato al freddo del sepolcro. Un sonno di carne. Quello che segue l'amore. Alla fine mi sono chiesta: chissà se la morte imparerà dagli uomini anche a sognare?

Le intermittenze della morteDi g. marco-5 luglio 2011

Bisogna come al solito essere stati educati dalle altre opere di Saramago per goderne a pieno la trama. La tematica del libro è molto originale, così come la capitolazione dello stesso, la scrittura di Saramago è forbita e dotta, non scorrevolissima, tuttavia seduttiva. La prima parte è spettacolare, come possa un sogno carezzato da molti, trasformarsi in un incubo collettivo, la seconda subisce in parte il fascino del riportare all'antropocentrico ciò che non gli appartiene, resta in ogni caso una bella prova letteraria.

Le intermittenze della morteDi m. silvio-30 marzo 2011

Romanzo che infonde nel lettore un senso d'ansia e d'attesa. Libro duplice: nella prima parte Saramago ricorre a un espediente già utilizzato in molte altre sue opere, quello di sovvertire un ordine precostituito e apparentemente intaccabile, con un evento paradossale. In questo caso la gente smette di morire, pretesto una satira che coinvolge società, politica, chiesa, comportamenti stereotipati. E, seppur con minor forza rispetto ad altri romanzi, il testo funziona. La seconda parte invece è estremamente debole: si abbandona in maniera brusca il generale per passare al particolare, con la morte che si umanizza all'eccesso.